Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 37712 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 37712 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a Trento il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/05/2025 del Tribunale di Trento visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIOCOGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il difensore, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento dell’impugnata ordinanza.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 27/05/2025 il Tribunale di Trento, in funzione di riesame, sostituiva la misura cautelare degli arresti domiciliari con divieto d comunicare con persone diverse dai familiari conviventi, applicata ad NOME COGNOME con l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale d Trento del 15/04/2025, con quella degli arresti domiciliari senza detti divieti.
L’indagato, a mezzo dei difensori, ha interposto ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen, in relazione agli artt. 268 e 178, comma 1, lett. c), cod. proc pen. Rileva che la difesa in data 14/05/2025 avanzava formale richiesta di rilascio di copia dei file audio delle intercettazioni, al fine di poter articola difesa innanzi al Tribunale del riesame; che all’udienza del 27/05/2025, non
essendo stata evasa la richiesta difensiva, veniva eccepita la nullità dell’ordinanza cautelare per violazione del diritto di difesa; che in quell occasione il Pubblico Ministero depositava il provvedimento di autorizzazione del 19/05/2025 e la comunicazione inoltrata al RAGIONE_SOCIALE datata 26/05/2025; che solo in data 29/05/2025, dunque, due giorni dopo l’udienza di riesame, la difesa riceveva comunicazione dell’intervenuta autorizzazione; che, a fronte di tale scansione temporale, erra il Tribunale del riesame laddove ritiene, stante la mole di intercettazioni di cui era stata richiesta la copia dei file audio, i) che la difesa aveva agevolmente accesso all’ascolto di dette tracce audio, il) che, in ogni caso, il Pubblico Ministero ha tempestivamente autorizzato il rilascio delle copie richieste, iii) che la difesa non si è fatta parte diligente nel seguire l’iter autorizzativo; che, invero, con riferimento alla prim questione, è intervenuta la Corte costituzionale (sentenza n. 336 del 2008), stabilendo l’illegittimità costituzionale dell’art. 268 cod. proc. pen., nella parte cui non prevedeva che, dopo la notificazione o l’esecuzione dell’ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate, con ciò cristallizzando il diritto della difesa ad ottenere il rilascio di copia dei file audio delle intercettazioni; che, riferimento alla seconda questione, risulta dagli atti che il Pubblico Ministero non ha autorizzato tempestivamente il rilascio delle richieste copie, atteso che -a fronte della richiesta del 14/05/2025 e del provvedimento autorizzativo del 19/05/2025 – l’autorizzazione al C.I.T. è stata trasmessa solo nel tardo pomeriggio del giorno prima dell’udienza del riesame (segnatamente alle ore 18.21 del 26/05/2025), senza neppure avvisare la difesa; che, con riferimento alla terza questione, non può esser posto a carico della difesa l’onere di informarsi sugli esiti della richiesta, né può pretendersi che la stessa metta a diposizione i supporti informatici su cui effettuare la trasposizione dei dat richiesti, in assenza di qualsivoglia riscontro, specie se si considera che nel caso di specie la comunicazione dell’esito della richiesta è avvenuta solo il 29/05/2025, fuori tempo utile rispetto all’udienza di riesame del 27/05/2025; che, infine, nemmeno può pretendersi una richiesta di rinvio dell’udienza ai sensi dell’art. 309, comma 9-bis, cod. proc. pen., da parte del difensore, atteso che siffatta richiesta si fonda su ragioni squisitamente difensive e non su omissioni o manchevolezze, sia pure incolpevoli, dell’Ufficio del pubblico ministero. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Evidenzia che, all’esito della prova di resistenza, una volta escluse le risultanze del compendio intercettivo, non residuano elementi probatori che consentano di ritenere integrato a carico dell’odierno ricorrente un quadro
indiziario grave in ordine ai reati ascrittigli; che, dunque, va annullata l’ordinan impugnata, nonché quella genetica.
2.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 274, comma 1, lett. a), cod. pr pen. Osserva che il pericolo di inquinamento delle prove è stato fondato su elementi evanescenti e congetturali, quali l’elevato numero degli indagati, gli stretti contatti tra gli stessi ed il ruolo istituzionale ricoperto dal COGNOME; riferimento a tale ultimo dato, il Tribunale del riesame ha affermato che, pur se è cessata la carica istituzionale ricoperta dall’indagato, ciò non esclude che lo stesso possa aver accesso agli uffici, atti e documenti della società; che, dunque, trattasi di motivazione apodittica ed assertiva, fondata su mere congetture che non trovano agganci in elementi concreti, indicativi del pericolo di inquinamento probatorio; che, in ogni caso, detto pericolo non può essere desunto dal ruolo rivestito dall’indagato nell’organizzazione pubblica; che, in conclusione, vi è difetto assoluto di motivazione sul punto; che, sotto altro profilo, risulta viola anche il disposto dell’art. 292, comma 2, lett. d), cod. proc. pen., atteso che non risulta fissato il termine di scadenza della misura
2.3. Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in relazione all’art. 291, comma 1-quater, cod. proc. pen. Rappresenta che, in assenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., il Giudice per le indagini preliminari avrebbe dovut espletare l’interrogatorio preventivo; che detta omissione determina la nullità dell’ordinanza genetica.
2.4. Con il quarto motivo si duole della violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. pr pen. Rileva che anche il pericolo di reiterazione di analoghe condotte criminose si fonda su una motivazione evanescente, che non tiene conto della contestuale applicazione della misura interdittiva della sospensione dall’esercizio dei pubblici uffici per la durata di dodici mesi e della cessazione da qualsivoglia incarico pubblico a far data dal 22/07/2024, con definitiva fuoriuscita dall’organigramma della Pubblica Amministrazione; che, dunque, il giudizio di pericolosità non è né concreto, né attuale; che, in conclusione, anche sul punto vi è difetto assoluto di motivazione.
2.5. In data 12/09/2025 è pervenuta articolata memoria difensiva, con cui si insiste per l’accoglimento del ricorso e si sviluppa ulteriormente il profilo nullità dell’ordinanza cautelare, in relazione al mancato espletamento dell’interrogatorio preventivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è destituito di fondamento per le ragioni che seguono.
1.1. Il primo motivo è infondato.
Va, innanzitutto, premesso che, in tema di diritto della difesa all’accesso e all’acquisizione degli esiti captativi nel giudizio di riesame, il difensore ha l’one di presentare a tal fine una richiesta tempestiva – ovvero in tempo utile per consentire al pubblico ministero di provvedere – e specifica, ossia formulata in termini tali da evidenziare le ragioni di urgenza dell’istanza stessa, con precisa indicazione dei “file” delle captazioni di cui chiede l’autorizzazione all’ascolto e rilascio di copia, sicché, in mancanza di tali indicazioni, il ritardo dell’orga inquirente a provvedere non può ritenersi ingiustificato e l’eventuale mancato accesso della difesa agli atti non determina alcuna nullità del procedimento (Sez. 2, n. 46027 del 22/10/2024, COGNOME, Rv. 287381 – 02; Sez. 3, n. 37136 del 10/06/2021, COGNOME, Rv. 282370 – 01).
Ciò posto, si osserva che l’intervento della Consulta (sent. n. 336 del 10/10/2008) sull’art. 268 cod. proc. pen. – cui è seguita la dichiarazione di illegittimità costituzionale nella parte in cui non prevede che, dopo la notificazione o l’esecuzione dell’ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fin dell’adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate – ha introdotto un vero e proprio diritto del difensore di conoscere compiutamente il contenuto delle intercettazioni, anche in fase cautelare e di ottenere la trasposizione delle stesse su nastro magnetico, al fine di espletare al meglio la difesa. Si tratta di un caso di disponibilità obbligatoria, condizionata unicamente al provvedimento autorizzativo del pubblico ministero, anche esso obbligatorio. Ed invero, la previsione di tale provvedimento è funzionale alla verifica della legittimazione del richiedente e della inerenza della richiesta alla vicenda giudiziaria in itinere, senza che il pubblico ministero possa sindacare in alcuna maniera le ragioni della richiesta e decidere, eventualmente, di non autorizzare il rilascio delle copie richieste (Sez. 5, n. 33874 del 05/07/2021, COGNOME, in motivazione).
La violazione di tale diritto è sanzionata a pena di nullità. Trattasi di nulli di ordine AVV_NOTAIO e a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178, lett. c), cod proc. pen., soggetta al regime, alla deducibilità ed alle saNOMErie di cui agli art 180, 182 e 183 cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 25964 del 18/06/2021, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 281974 – 01; Sez. 6, n. 26447 del 14/04/2021, Puglia, Rv. 281689 – 02; Sez. 3, n. 10951 del 17/01/2019, COGNOME, Rv. 275868 – 02;
Sez. 4, n. 57195 del 15/11/2017, COGNOME, Rv. 271701 – 01), che, secondo l’orientamento più restrittivo, per essere fatta valere, comporta per la difesa i duplice onere di provare sia la tempestiva richiesta rivolta al pubblico ministero, esplicitamente finalizzata all’utilizzo dei supporti in vista del giudizio di riesam sia l’omesso o il ritardato rilascio della documentazione richiesta (Sez. 2, n. 51935 del 28/09/2018, COGNOME, Rv. 275065 – 01; nel senso, invece, che l’istanza non debba necessariamente contenere l’esposizione delle ragioni di urgenza che la connotano, dovendosi ritenere “in re ipsa” l’esigenza della difesa di avere tempestiva contezza degli atti in funzione della proposizione dell’impugnativa cautelare, si veda Sez. 2, n. 46027/2024, COGNOME, cit. e Sez. 6, n. 32391 del 22/05/2019, Rugnetta, Rv. 276476 – 01). La sanzione di nullità colpisce, quindi, l’omesso o il ritardato rilascio della documentazione richiesta ed i suoi effetti sono limitati alla sola fase dell’impugnazione cautelare (Sez. 6, n 26447/2021, cit.). In altri termini, con riguardo alle conseguenze invalidanti che ne derivano, esclusa l’inutilizzabilità dibattimentale delle intercettazioni, laddov esse siano state correttamente acquisite, gli effetti dell’accertata nullità pe violazione del diritto di difesa sono destinati ad operare limitatamente all’ambito del subprocedimento cautelare, con la conseguenza che le suddette intercettazioni non possono essere utilizzate come prova in tale giudizio, attesa la denegata possibilità di riscontrarne la effettiva conformità alla traccia fonic (Sez. 6, n. 3371 del 22/12/2023, dep. 2024, Policaro, Rv. 286079 – 01; Sez. 3, n. 10951/2019, cit.).
Peraltro, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare che la nullità AVV_NOTAIO a regime intermedio conseguente alla mancata disponibilità, in capo alla difesa, dei supporti, tempestivamente richiesti, delle conversazioni telefoniche intercettate e utilizzate ai fini dell’adozione di ordinanza di custodi cautelare, sussiste anche laddove detta indisponibilità consegua ad inerzia o ritardo non già del pubblico ministero, bensì degli uffici deputati a dare esecuzione al provvedimento di questi (Sez. 2, n. 22197 del 20/04/2022, COGNOME, n.m.; Sez. 4, n. 57195 del 15/11/2017, COGNOME, in motivazione; Sez. 5, n. 22270 del 12/04/2011, Lin, Rv. 250006 – 01).
Tanto premesso in diritto, osserva il Collegio che, nel caso di specie, il difensore aveva presentato in data 14/05/2025, con largo anticipo rispetto all’udienza del riesame (tenutasi in data 27/05/2025), istanza di rilascio di copia dei file audio, relativi alle intercettazioni su cui si fonda la misura cautela specificando che la richiesta era finalizzata ad apprestare la difesa in vista dell’udienza di riesame, indicando, altresì, puntualmente i numeri di R.I.T. di interesse. Tuttavia, si è poi del tutto disinteressato degli sviluppi conseguenti a detta richiesta, rimanendo inerte ed aspettando che fosse la segreteria del
Pubblico Ministero procedente ad avvisarlo del rilascio dell’autorizzazione prevista. Orbene, non esiste nessuna disposizione che imponga la comunicazione al difensore del rilascio dell’autorizzazione per ottenere la copia dei file audio d cui si discute, per cui quello ricevuto in data 29/05/2025 è un avviso di mera cortesia. In altri termini, come ha correttamente evidenziato il Tribunale del riesame, era il difensore che avrebbe dovuto attivarsi per avere notizie relative all’esito della richiesta, anche solo recandosi nella segreteria del Pubblico Ministero per ottenere il rilascio delle copie. In tal modo, avrebbe appreso che l’autorizzazione era stata rilasciata in data 19/05/2025, dunque, in tempo utile per l’udienza del riesame, fissata per il 27/05/2025 ed avrebbe potuto ritirare le copie dei file audio. In conclusione, nel caso che si sta scrutinando non si è verificata nessuna lesione del diritto di difesa, quanto piuttosto un mancato esercizio dello stesso.
1.2. Il secondo motivo non è consentito, in quanto aspecifico. Ed invero, non si misura con la motivazione del provvedimento impugNOME, che ha valorizzato, ai fini del pericolo di inquinamento delle prove, “la fitta trama di contatti tra indagati”, le collusioni intercorse e gli stretti rapporti esistenti tra i corre rendono concreto ed attuale il pericolo che il ricorrente, anche attraverso l’azione di soggetti terzi, possa inquinare le prove raccolte e quelle in via di formazione, specie tenuto conto del potere acquisito in ragione del ruolo rivestito nell’ente pubblico, nonostante sia cessata la carica.
Ebbene, rispetto alla trama motivazionale del provvedimento impugNOME, che si sviluppa in maniera piana, esaustiva e convincente, il motivo reitera pedissequamente le stesse doglianze già avanzate in sede di riesame, senza argomentare criticamente in ordine ad eventuali illogicità del percorso argomentativo seguito nel provvedimento impugNOME, per cui – come si accennava – sotto questo profilo è aspecifico.
Analoghe considerazioni vanno svolte in relazione alla doglianza relativa alla mancata apposizione del termine. Sul punto, peraltro, è sufficiente rilevare come il motivo sia anche manifestamente infondato, atteso che la giurisprudenza di legittimità la giurisprudenza di legittimità è consolidata nel ritenere che, in tem di misure cautelari personali, l’indicazione del termine di scadenza, prescritta dall’art. 292, comma 2, lett. d), cod. proc. pen., per il caso in cui le esigenz cautelari attengano al pericolo di inquinamento probatorio, non è necessaria quando concorrono alche esigenze diverse (Sez. 1, n. 9902 del 28/01/2021, COGNOME, Rv. 280678 – 01; Sez. 6, n. 1094 del 18/12/2015, COGNOME, Rv. 265892 – 01), come appunto nel caso che si sta scrutinando, ove sono state ritenute anche quelle specialpreventive, per cui l’apposizione del termine di scadenza sarebbe del tutto ultronea.
1.3. La decisività del secondo motivo rende assorbito il terzo. Invero, in presenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. non era dovuto l’interrogatorio preventivo.
1.4. Anche il quarto motivo è aspecifico, in quanto non si confronta con la motivazione dell’ordinanza impugnata, che, in relazione alle esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., ha evidenziato l perseveranza e la spregiudicatezza dimostrata dal COGNOME nel porre in essere le condotte criminose ascrittegli, sulla base delle quali ha formulato un più che negativo giudizio sulla personalità del ricorrente e, conseguentemente, la prognosi sfavorevole in ordine al suo futuro comportamento. Ebbene, a fronte di tale percorso argomentativo, la difesa si è limitata a riproporre il tema della misura interdittiva in atto e della cessazione da ogni incarico pubblico, tralasciando di considerare quanto implicitamente affermato dai giudici del riesame con riferimento al pericolo di reiterazione di analoghe condotte delittuose attraverso terzi soggetti intranei alla pubblica amministrazione, in ragione della posizione di potere acquisita dal COGNOME.
Come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 6, n. 23014 del 29/4/2021, B., Rv. 281521 – 01; Sez. 3, n. 50750 del 15/6/2016, COGNOME, Rv. 268385 01; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849 – 01; Sez. 4, n. 34270 del 3/7/2007, COGNOME, Rv. 236945 – 01).
Al rigetto del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., l condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il giorno 30 settembre 2025.