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Diritto di difesa DASPO: accesso agli atti negato

Un tifoso riceve un DASPO con obbligo di firma. Il suo avvocato tenta ripetutamente, ma senza successo, di accedere agli atti del procedimento entro le 48 ore previste per la difesa. Il G.i.p. convalida il provvedimento senza che la difesa abbia potuto visionare il fascicolo. La Cassazione, riconoscendo la violazione del diritto di difesa, annulla l’ordinanza di convalida, sottolineando che la possibilità di difendersi deve essere concreta e non solo teorica.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO e Diritto di Difesa: quando l’accesso negato agli atti rende nulla la convalida

Il diritto di difesa rappresenta un pilastro fondamentale del nostro ordinamento giuridico. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza questo principio, annullando la convalida di un DASPO (Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive) proprio perché al difensore era stato di fatto impedito di accedere agli atti del procedimento. Questo caso emblematico dimostra che i termini processuali non sono mere formalità, ma devono garantire una possibilità concreta ed effettiva di difesa.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un provvedimento del Questore che imponeva a un soggetto un DASPO per la durata di cinque anni, comprensivo dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria in concomitanza con le partite di calcio. Come previsto dalla legge, tale provvedimento doveva essere convalidato da un Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.).

Il difensore del destinatario del DASPO, non appena ricevuta la notifica, si attivava immediatamente per accedere al fascicolo processuale e preparare le proprie argomentazioni. Tuttavia, incontrava un muro di gomma:
– Una prima richiesta al Tribunale si rivelava infruttuosa.
– Una seconda istanza alla Questura veniva rigettata il giorno successivo per “mancanza di nulla osta”.
– Una terza richiesta alla Procura della Repubblica restava senza risposta e il fascicolo veniva trasmesso al G.i.p. in orario di chiusura al pubblico.

Il risultato è che il G.i.p. emetteva l’ordinanza di convalida la mattina del 14 novembre, mentre la difesa riusciva a visionare gli atti solo nel tardo pomeriggio dello stesso giorno, a decisione già presa.

La Violazione del Diritto di Difesa

Il cuore del ricorso in Cassazione è stata la palese lesione del diritto di difesa. La legge concede un termine di 48 ore dalla notifica del provvedimento del Questore per presentare memorie e deduzioni difensive. Tuttavia, questo termine si svuota di ogni significato se alla difesa non viene consentito di conoscere le prove e i documenti su cui si fonda l’accusa.

Difendersi “al buio” è impossibile. L’avvocato ha diligentemente documentato ogni singolo tentativo di accesso, dimostrando di aver fatto tutto il possibile per esercitare il proprio mandato, scontrandosi però con ostacoli procedurali che hanno reso la difesa un mero simulacro.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Ha stabilito che, sebbene spetti alla difesa dimostrare di essere stata impossibilitata ad accedere agli atti, in questo caso la prova era stata ampiamente fornita. I ripetuti tentativi, tutti documentati e tutti vani, provavano in modo inequivocabile che il diritto di difesa era stato violato nella sua essenza.

Di conseguenza, la Corte ha annullato senza rinvio l’ordinanza del G.i.p., limitatamente all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, dichiarando inefficace tale parte del provvedimento originario.

Le Motivazioni

Nelle motivazioni, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la garanzia del termine di 48 ore non è solo un dato cronologico, ma presuppone la concreta possibilità per l’interessato di consultare il fascicolo. La difesa deve essere messa nelle condizioni di conoscere gli elementi a carico per poterli contestare efficacemente.

La Corte ha sottolineato che l’onere della difesa di attivarsi tempestivamente era stato pienamente assolto. I tentativi di accesso erano stati reiterati presso tutti gli uffici competenti (Questura, Procura e cancelleria del G.i.p.). Il fatto che il fascicolo fosse stato reso disponibile solo diverse ore dopo l’emissione della convalida ha reso la violazione palese e insanabile. L’impossibilità di esercitare un contraddittorio effettivo prima della decisione del giudice ha determinato l’illegittimità della convalida stessa.

Conclusioni

Questa sentenza è un importante monito sull’effettività delle garanzie processuali. Ricorda a tutti gli operatori del diritto che i diritti non possono essere solo enunciati sulla carta, ma devono trovare concreta attuazione nella prassi quotidiana. Per i legali, emerge l’importanza cruciale di documentare meticolosamente ogni passo e ogni ostacolo incontrato nell’esercizio del mandato difensivo. Per l’autorità giudiziaria, rappresenta un richiamo a garantire che il contraddittorio sia sempre reale e mai solo apparente, specialmente in procedimenti che incidono sulla libertà personale.

È sufficiente che la legge preveda un termine per la difesa per considerare tale diritto garantito?
No, la Corte di Cassazione chiarisce che il termine deve essere effettivo. La difesa deve essere concretamente messa in condizione di accedere agli atti del procedimento per poter preparare le proprie argomentazioni.

Su chi ricade l’onere di provare la violazione del diritto di difesa?
L’onere ricade sul destinatario della misura. Nella fattispecie, il difensore del ricorrente ha dovuto documentare e dimostrare i ripetuti e vani tentativi di accesso al fascicolo presso Questura, Procura e Tribunale per provare la lesione.

Cosa succede se il G.i.p. convalida un DASPO senza che la difesa abbia potuto visionare gli atti?
L’ordinanza di convalida è illegittima per violazione del diritto di difesa. In questo caso, la Corte di Cassazione l’ha annullata senza rinvio, dichiarando inefficace l’obbligo di presentazione alla polizia che era stato imposto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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