Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 33723 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 33723 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ANCONA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/07/2023 del TRIBUNALE di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico RAGIONE_SOCIALE, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto rigettarsi il ricorso; lette le conclusioni depositate dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, nell’interesse della parte civile, che ha chiesto rigettarsi il ricorso e la vittoria quanto alle spese lette le conclusioni rassegnate dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente, che ha illustrato i motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
GLYPH Il Tribunale di Ancona, in composizione monocratica, quale giudice d’appello, in data 11 luglio 2023 confermava la sentenza emessa dal Giudice di pace che aveva condanNOME agli effetti penali e civili NOME COGNOME per il solo delitto di diffamazione commesso in data 4 dicembre 2020, mandandolo assolto perché il fatto non costituisce reato dalla condotta commessa il 19 novembre 2020.
In particolare COGNOME è stato ritenuto responsabile «perché comunicando con più persone tramite EMAIL, offendeva l’onore e il decoro personale e professionale di
COGNOME NOME, accusandolo, contrariamente al vero, di aver commesso nel suo incarico di dirigente Scolastico dell’RAGIONE_SOCIALE Ancona irregolarità e carenze, qualificandolo come persona ‘totalmente incapace di predisporre un contratto collettivo nonché di aver svolto le attività inerenti la contrattazione i momenti di sonnolenza’».
Ai fini della migliore comprensione del ricorso, vai bene richiamare la circostanza, emergente dalle sentenze di merito, che COGNOME era il dirigente scolastico dell’RAGIONE_SOCIALE di Ancona, al cui ufficio erano pervenute le note del COGNOME.
COGNOME chiedeva documentazione che attestasse, ai fini della propria valutazione professionale, che aveva svolto gli incarichi di coordinamento formazione per la sicurezza e di orientamento in uscita, risultanti dal contratto collettivo integrativo d’istituto in all. 7 al ricorso.
Per ottenere tale documentazione COGNOME, hanno accertato i Giudici del merito, inviò all’indirizzo di posta elettronica certificata dell’RAGIONE_SOCIALE una pr missiva, con richiesta di rilascio di documentazione datata 26 luglio 2018 e, con successive richieste, sollecitando un riscontro e chiedendo altra documentazione – richieste del 21 luglio, 31 agosto, 20 settembre del 2020.
Con l’ultima missiva COGNOME chiedeva che, in caso di ritardo, gli venissero esposte le ragioni dello stesso.
COGNOME, inoltre, dopo aver ricevuto in data 12 novembre 2020 una risposta dall’RAGIONE_SOCIALE, in data 18 novembre inviava una ulteriore missiva, argomentando in vari punti.
Al punto 4) della nota – osserva la sentenza di primo grado –COGNOME diffidava l’RAGIONE_SOCIALE a rilasciargli entro 30 giorni «un’attestazione riportante che il “Pr COGNOME ha avuto nell’a.s. 19/20 l’incarico di coordinamento formazione per la sicurezza…”» e precisava che «l’attività è stata effettuata e ben riportata nel RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE citato del 10/3/2020 alla pag. 9….e alla pag. 17»
Osservava il Giudice di pace che già in questa lettera, nell’ultimo capoverso, COGNOME scriveva di “irregolarità e carenze” che «aveva visto nel suo ruolo di membro della RSU e figura sensibile obbligatoria RLS», precisando, nel corpo della lettera, che non riteneva normale che per delle semplici richieste di documentazione, peraltro dovute a un docente, «debba promuovere tutta una serie di procedure a difesa con condotte ostruzionistiche e risposte inesatte”, costretto anche a depositare “una denuncia alla Procura della Repubblica per il reato di cui all’art. 328 c.p.”».
In data 19 novembre 2020 COGNOME inviava una ulteriore missiva, sia all’indirizzo pec dell’RAGIONE_SOCIALE, sia alla posta istituzionale del RAGIONE_SOCIALE, con la quale contestava ancora all’RAGIONE_SOCIALE le mancate
risposte e, non avendo ottenuto alcuna giustificazione circa la mancata valutazi del servizio prestato nell’ultimo triennio, chiudeva la lettera riproponendo le stesse frasi della lettera del giorno precedente, 18 novembre 2020, quindi parlando di irregolarità e carenze, oltre a ribadire la richiesta di rilascio di documentazione riportata al punto 4) delle lettera del giorno prima.
In relazione a tali condotte, il Giudice di pace rilevava come – per tale ultima missiva del 19 novembre 2020 – fosse configurabile la scriminante del diritto di critica stante la verità dei fatti, avendo già inviato l’attuale imputato moltepli missive, invano, per ottenere l’attestazione degli incarichi e la valutazione del triennio, tanto che lo stesso funzionario addetto all’ufficio contenzioso della RAGIONE_SOCIALE regionale sollecitava COGNOME a rispondere: in sostanza, il Giudice di pace rileva sussistenti le «irregolarità e carenze» risultando le espressioni rispondenti al criterio della continenza.
Diversamente, il Giudice di pace e, poi, il Tribunale di Ancona hanno ritenuto che analoghe considerazioni non valessero per la missiva del 4 dicembre 2020, che seguiva a una risposta del dirigente COGNOME del giorno precedente, che ancora non conteneva l’attestazione richiesta, cosicché, nella valutazione dei Giudici di merito, COGNOME avrebbe accusato COGNOME di non aver saputo redigere il contratto collettivo o di averlo sottoscritto in ‘momenti di sonnolenza’: il Tribunale ha ritenuto tali espressioni non continenti, confermando la valutazione del Giudice di primo grado, in quanto sussisterebbe nella condotta del COGNOME un intento offensivo e di scherno.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di tre motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 595, 596 e 51 cod. pen. nonché 21 Cost.
Il motivo sollecita la Corte di cassazione alla valutazione della offensività della frase, lamentandone l’estrapolazione dal contesto e l’estrazione parziale dalla missiva, rivendicando il rispetto dei limiti della continenza, riscontrando una diversità fra il fatto contestato e quello emergente dalla lettura della missiva del 4 dicembre 2020, dal quale risulta l’incoerenza, denunciata dall’imputato, del dirigente che aveva sottoscritto il contratto collettivo e negava di avere assegNOME l’incarico al profAVV_NOTAIO COGNOME risultante dal medesimo contratto collettivo.
Da qui la natura anche ironica delle affermazioni, espressione del diritto di critica già riconosciuto per la precedente condotta del 19 novembre 2020.
Inoltre, il motivo lamenta che i Giudici di merito abbiano trascurato le emergenze probatorie quanto all’assenza di comunicazione a più persone, l’insussistenza dell’elemento soggettivo, anche avvalorata dalle condizioni psichiche peggiorate quanto all’imputato per lo stress prodotto dall’inerzia dell’amministrazione.
Il secondo motivo deduce violazione di legge, nei termini già espressi, con riferimento alla causa di non punibilità dell’art. 598, comma 1, cod. pen., risultando l’imputato parte nel procedimento e portatore di un interesse legittimo.
Il terzo motivo lamenta violazione di legge, in ordine alle citate norme, in relazione alla causa di non punibilità prevista dall’art. 599 cod. pen. in quanto il ritardo nella risposta e la negazione dell’affidamento dell’incarico all’imputato da parte del dirigente scolastico rendevano sussistente la provocazione.
Il ricorso è stato trattato, senza intervento delle parti, ai sensi dell’art. 2 comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’art. 9 del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 5-duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199, nonché entro il 30 giugno 2024 ai sensi dell’art. 11, comma 7, del dl. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito in legge 23 febbraio 2024, n. 18.
Il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO ha chiesto rigettarsi il ricorso.
AVV_NOTAIO per la parte civile, rappresentando come il ricorso chieda alla Corte di cassazione una non consentita valutazione di merito, risultando la sentenza impugnata adeguata a dare risposta alle censure mosse con il ricorso, chiedeva rigettarsi il ricorso e depositava la nota spese in data 20 giugno 2024.
AVV_NOTAIO, per l’imputato, concludeva evidenziando come lo stesso abbia agito non per offendere il dirigente ma per palesarne le contraddizioni, illustrando poi ulteriormente i motivi di ricorso e chiedendone l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato quanto al primo assorbente motivo.
Va premesso che ormai principio consolidato è quello per cui in materia di diffamazione la Corte di cassazione può conoscere e valutare l’offensività della frase che si assume lesiva della altrui reputazione, perché è compito del giudice di legittimità procedere in primo luogo a considerare la sussistenza o meno della materialità della condotta contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie, dovendo, in caso di esclusione di questa, pronunciare sentenza di assoluzione dell’imputato (Sez. 5, n. 19889 del 17/02/2021, Parrino, Rv. 281264 – 01; Sez. 5, n. 2473 del 10/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278145 01, in una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che la frase incriminata potesse essere scriminata in base al diritto di “critica sindacale” ed ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna pronunciata ai soli effetti civili; Sez. 5, n. 48698 del 19/09/2014, COGNOME, Rv. 261284 – 01; Sez. 5, n. 41869 del 14/02/2013, NOME e altro, Rv. 256706; Sez. 5, n. 832 del 21/06/2005, Travaglio, Rv. 233749).
Tale delibazione il giudice di legittimità può e deve compiere anche quanto al profilo del dolo e della sussistenza della scriminante del diritto di cronaca o di critica, allorquando gli stessi elementi evidenziati nella sentenza impugnata depongano per il difetto della componente soggettiva del reato (Sez. 5, COGNOME, cit.).
Nel caso in esame, rileva il Collegio come dalla lettura dello scritto oggetto della contestazione, allegato dalla difesa del ricorrente al n. 4, emerga la necessità di una lettura congiunta di tutti gli scritti.
In particolare, prima di giungere alle espressioni ritenute diffamatorie, va evidenziato come COGNOME chiedesse di avere l’attestazione e la valutazione dell’incarico di cd. funzione strumentale ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘, che COGNOME indicava essere frutto di un errore materiale nella redazione del contratto collettivo.
COGNOME rivendicava invece di avere svolto quel ruolo, di esser pronto a citare quali testimoni del suo operato altri docenti, di aver redatto la relazione finale per lo svolgimento di quell’incarico e anche di essere stato pagato per lo stesso.
A ben vedere in tale contesto il punto 5) reca tali espressioni: «La pochezza della giustificazione circa presunti errori materiali nell’assegnazione nel C.C.I. della FRAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” per la Sede di Ancona allo scrivente e l’illazione circa il ruolo di membro RSU del sottoscritto, sono superate dal dover credere nel caso che siamo di fronte a un Dirigente Scolastico totalmente incapace di predisporre
un RAGIONE_SOCIALE, al suo esame, corretta imputazione degli incarichi, trasmissione ai revisori ed al suo esatto pagamento finale e si resta in attesa di ricevere un atto di richiesta di restituzione dell’importo al fine di pote attivare un’idonea difesa anche in sede giuslavorstica dei propri diritti».
E bene, la lettura congiunta degli scritti palesa la fondatezza della attuale censura del ricorrente, allorchè lamenta la decisiva parzialità nella lettura della espressione: con la stessa COGNOME esprimeva e contestava la palese contraddizione del dirigente, che, al di là della fondatezza o meno della doglianza del professore richiedente, è accertata dalla circostanza che il contratto collettivo – allegato al ricorso – effettivamente recava l’attribuzione dell’incarico e il relativo compenso.
Al punto 6), invece, COGNOME lamenta che rispetto alla richiesta di attestazione relativa al secondo incarico anche ricoperto, RAGIONE_SOCIALE, sempre risultante dal contratto collettivo, il dirigente non aveva proprio dato risposta, benché anche quell’incarico fosse contenuto nel RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 10.03.20 – che viene indicato anche con indicazione della pagina e del compenso – cosicché, scriveva COGNOME «il Dirigente Scolastico COGNOME NOME quando lo ha proposto, negoziato, firmato, inviato ai revisori ed infine regolarmente pagato ha fatto tutto, probabilmente, sempre in momenti di sonnolenza».
Risulta evidente che le espressioni utilizzate sia fondate sulla verità della situazione fattuale, mai contestata dalle sentenze di merito, che si limitano a una valutazione di incontinenza dell’espressione: mentre, quanto a quest’ultimo profilo, l’esercizio di un acceso diritto di critica non esorbita dalla continenza, i quanto non si tratta di attacchi personali, ma di critiche aspre collocate nel descritto contesto e dunque, al lettore terzo, chiaramente riconducibili alla critica decisa ma corretta, che prendendo atto della contraddizione nella risposta di COGNOME (assenza di incarico in presenza del contratto collettivo sottoscritto da COGNOME che attestava il contrario) replica utilizzando una espressione che enfatizza il paradosso – quale è il riferimento all’aver dormito mentre si sottoscriveva il contratto – che in vero non travalica il limite della continenza.
A tal riguardo deve evidenziarsi come in tema di diffamazione, l’esimente del diritto di critica postula una forma espositiva corretta, strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione, ma non vieta l’utilizzo di termini che, sebbene oggettivamente offensivi, hanno anche il significato di mero giudizio critico negativo di cui si deve tenere conto alla luce del complessivo contesto in cui il termine viene utilizzato (Sez. 5, n. 17243 del 19/02/2020, Lunghini, Rv. 279133 – 01, nel caso in cui la Corte non ha ritenuto esorbitante dai limiti della critic legittima l’accusa di “assoluta incapacità ad organizzare il reparto” rivolta al
direttore di un Pronto Soccorso da un consigliere del comitato consultivo di un’RAGIONE_SOCIALE che, nell’esercizio delle proprie funzioni di controllo dell’attività e dell’organizzazione aziendale, evidenziava reali disservizi organizzativi e sollecitava i dovuti controlli; nello stesso senso anche Sez. 5, n. 37397 del 24/06/2016, C., Rv. 267866 – 01).
Ne consegue che nell’esercizio del diritto di critica l’imputato non ha superato i limiti della continenza, come non lo aveva fatto in precedenza in ordine alla missiva per la quale interveniva l’assoluzione in primo grado, dal che deriva l’annullamento della sentenza perché il fatto non sussiste.
Gli altri motivi sono da ritenersi assorbiti.
Vanno pertanto disposti l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e la revoca delle statuizioni civili.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. Revoca le statuizioni in favore della parte civile.
Così deciso il 21/06/2024