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Diritto di critica: la Cassazione sui limiti online

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30566/2025, ha esaminato un caso di presunta diffamazione online, stabilendo i criteri per distinguere il legittimo esercizio del diritto di critica dalla condotta penalmente rilevante. La sentenza sottolinea l’importanza del requisito della continenza espressiva, anche quando la critica è rivolta a personaggi pubblici sui social media. Il caso riguardava post critici verso un amministratore locale, e la Corte ha chiarito che superare i limiti della correttezza formale può integrare il reato.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Diritto di critica e diffamazione online: la Cassazione traccia i confini

In un’era dominata dalla comunicazione digitale, distinguere tra libera manifestazione del pensiero e offesa alla reputazione altrui è una sfida sempre più complessa. Con la recente sentenza n. 30566 del 2025, la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione è intervenuta per ribadire i principi fondamentali che regolano il diritto di critica, specialmente quando esercitato tramite i social media nei confronti di figure pubbliche.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna, confermata in appello, di un cittadino per il reato di diffamazione aggravata. L’imputato aveva pubblicato una serie di post su una nota piattaforma social, contenenti aspre critiche nei confronti dell’operato di un amministratore pubblico locale. Nei suoi scritti, l’imputato utilizzava espressioni ritenute dai giudici di merito offensive e denigratorie, eccedenti i limiti di una critica legittima e mirate a ledere la reputazione personale e professionale del funzionario.

Il ricorrente si rivolgeva alla Corte di Cassazione sostenendo di aver semplicemente esercitato il proprio diritto di critica politica, garantito dall’articolo 21 della Costituzione. A suo avviso, le espressioni utilizzate, sebbene aspre, rientravano in un contesto di dibattito pubblico su questioni di interesse collettivo e non costituivano un attacco personale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la condanna per diffamazione. I giudici hanno colto l’occasione per riepilogare i tre requisiti che devono sussistere affinché la critica sia considerata legittima e non penalmente rilevante:
1. Verità del fatto: La critica deve basarsi su un nucleo di fatti storici veritieri.
2. Interesse pubblico: Deve esistere un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti oggetto di critica.
3. Continenza espressiva: L’esposizione dei fatti e delle opinioni deve avvenire con modalità corrette e misurate, senza trascendere in attacchi personali e gratuiti.

Le motivazioni: il limite della continenza nel diritto di critica

Nel motivare la propria decisione, la Corte ha posto l’accento sul terzo requisito, quello della continenza espressiva. I giudici hanno specificato che, sebbene il diritto di critica politica consenta l’uso di un linguaggio più incisivo e pungente, questo non può mai tradursi in un attacco gratuito alla persona, volto a lederne la dignità e la reputazione. L’utilizzo di epiteti offensivi, allusioni denigratorie sulla vita privata o insinuazioni sulla moralità dell’individuo esulano dal perimetro della critica consentita.

La Corte ha sottolineato che la rapidità e la viralità della comunicazione online impongono un’ancora maggiore responsabilità nell’uso delle parole. Un’espressione offensiva pubblicata su un social network ha un potenziale lesivo enormemente amplificato. Pertanto, anche nel contesto di un acceso dibattito pubblico, è necessario mantenere un linguaggio che, pur critico, non sia gratuitamente umiliante o infamante.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la libertà di espressione non è illimitata. Il diritto di critica, pur essendo un pilastro della democrazia, trova il suo confine nel rispetto della dignità e della reputazione altrui. La decisione serve da monito per chiunque utilizzi i social media per partecipare al dibattito pubblico: la critica è legittima e protetta, ma l’insulto e l’attacco personale configurano il reato di diffamazione. Questa pronuncia consolida l’orientamento giurisprudenziale che richiede un attento bilanciamento tra diritti costituzionalmente garantiti, applicando principi consolidati alle nuove sfide poste dalla comunicazione digitale.

Quando la critica online diventa diffamazione?
Secondo la Corte di Cassazione, la critica diventa diffamazione quando non rispetta tre requisiti fondamentali: la verità del fatto storico su cui si basa, l’interesse pubblico alla conoscenza del fatto e, soprattutto, la continenza espressiva. Si sconfina nella diffamazione quando si usano espressioni gratuitamente offensive, volgari o umilianti che costituiscono un attacco personale anziché una critica sull’operato di un soggetto.

Il diritto di critica verso un politico è più ampio?
Sì, il diritto di critica nei confronti di una figura pubblica, come un politico, ammette l’uso di un linguaggio più incisivo e toni più aspri rispetto a quelli rivolti a un privato cittadino. Tuttavia, anche in questo caso, la critica non deve mai trascendere in attacchi personali, insulti gratuiti o insinuazioni sulla sfera privata che non abbiano alcuna attinenza con il ruolo pubblico ricoperto.

Cosa si intende per ‘continenza espressiva’?
Per continenza espressiva si intende l’obbligo di esporre i propri pensieri e le proprie critiche in modo formalmente corretto e misurato. Significa evitare l’uso di termini ingiuriosi, denigratori o volgari, e non eccedere in commenti che mirano a screditare la persona piuttosto che a contestarne le azioni o le idee. È il limite formale che la critica non deve superare per rimanere legittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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