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Diritto di critica: assoluzione per diffamazione

Due persone, inizialmente condannate per diffamazione a seguito di una lamentela per un presunto danno neurologico derivante da un intervento dentistico, sono state definitivamente assolte dalla Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha stabilito che la loro azione rientrava nell’esercizio del diritto di critica, una causa di giustificazione che esclude il reato. La sentenza chiarisce che segnalare una presunta negligenza professionale, anche con toni forti, è legittimo se finalizzato a tutelare i propri diritti e non a ledere gratuitamente la reputazione altrui.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Diritto di critica: Assoluzione per chi lamenta un danno medico

In una recente e significativa sentenza, la Corte di Cassazione ha affrontato il delicato confine tra il reato di diffamazione e il legittimo esercizio del diritto di critica. La pronuncia ha portato all’annullamento definitivo della condanna inflitta a due persone che si erano lamentate per un presunto danno alla salute seguito a un intervento odontoiatrico. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: criticare l’operato di un professionista, anche in modo aspro, non è reato se l’obiettivo è tutelare un proprio diritto e non semplicemente offendere.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna all’Appello in Cassazione

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna per diffamazione emessa dal Giudice di Pace e confermata in appello dal Tribunale. Gli imputati erano stati ritenuti colpevoli per aver inviato una comunicazione in cui lamentavano che uno di loro aveva subito una lesione neurologica a seguito di un intervento dentistico effettuato dalla persona offesa.

Ritenendo ingiusta la condanna, i due si sono rivolti alla Corte di Cassazione, sostenendo due motivi principali: l’insussistenza degli elementi costitutivi del reato di diffamazione e, in ogni caso, la presenza di una causa di giustificazione, ovvero l’esercizio di un diritto previsto dall’articolo 51 del codice penale.

La Decisione della Corte e il Diritto di Critica

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza di condanna senza rinvio “perché il fatto non costituisce reato”. Il fulcro della decisione risiede nel riconoscimento della sussistenza dell’esimente del diritto di critica, anche se esercitato sulla base di una convinzione putativa, cioè basata su una percezione errata ma plausibile dei fatti.

L’Esimente dell’Art. 51 del Codice Penale

L’articolo 51 del codice penale stabilisce che l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere esclude la punibilità. Il diritto di critica rientra in questa categoria. La Corte ha chiarito che, per essere legittima, la critica deve essere finalizzata a ottenere un controllo su eventuali violazioni di regole professionali o deontologiche. Non deve, quindi, trasformarsi in un attacco personale e gratuito, ma deve rimanere nell’ambito di una contestazione legata a fatti specifici.

Il Principio Esteso: Dalla Critica all’Avvocato alla Critica al Medico

Per rafforzare il proprio ragionamento, la Cassazione ha richiamato un precedente interessante. In quel caso, era stata esclusa la diffamazione per un cliente che aveva inviato un esposto all’Ordine degli Avvocati, definendo la richiesta di onorari del proprio legale come un “tentativo di truffa”. Anche in quella circostanza, la Corte aveva ritenuto che tale espressione, seppur forte, rientrasse nel legittimo esercizio del diritto di critica, essendo finalizzata a provocare una verifica deontologica da parte dell’organo competente.

Applicando lo stesso principio al caso di specie, i giudici hanno concluso che la lettera inviata dagli imputati, in cui si lamentava una lesione neurologica post-intervento, non era altro che l’esercizio del diritto di contestare un presunto errore professionale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione sottolineando che, in materia di diffamazione, ha il potere di valutare direttamente l’offensività delle frasi contestate. In questo caso, la comunicazione degli imputati non mirava a ledere la reputazione del professionista, ma a segnalare un grave problema di salute che essi ritenevano conseguenza diretta del suo operato. La presenza di documentazione, seppur trascurata nei gradi di merito, che attestava la lesione neurologica, ha ulteriormente rafforzato la posizione degli imputati. L’azione era quindi giustificata dalla necessità di tutelare un diritto, quello alla salute e al corretto adempimento della prestazione professionale.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre un importante chiarimento sui limiti del reato di diffamazione quando si scontra con il diritto di critica. Stabilisce che un cittadino o un paziente ha il diritto di esprimere doglianze, anche in forma scritta e diretta a terzi, riguardo a una prestazione professionale ritenuta inadeguata o dannosa, senza per questo incorrere automaticamente nel reato di diffamazione. La critica è legittima se non trascende in un attacco personale e se è preordinata a ottenere tutela o un controllo sull’operato del professionista. La decisione rappresenta una garanzia per chiunque si trovi nella necessità di contestare servizi professionali, confermando che la tutela della reputazione non può comprimere il diritto di manifestare il proprio dissenso in modo circostanziato.

Una lamentela per un servizio medico ricevuto può essere considerata diffamazione?
No, non è diffamazione se costituisce un legittimo esercizio del diritto di critica, ovvero se è finalizzata a segnalare una presunta negligenza professionale per tutelare i propri diritti e non a offendere gratuitamente la reputazione del medico.

Cosa significa che il diritto di critica è una causa di giustificazione?
Significa che, secondo l’art. 51 del codice penale, l’esercizio di questo diritto rende un comportamento (come inviare una lettera di lamentela) lecito e non punibile, anche se le espressioni usate potrebbero altrimenti essere considerate offensive.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna senza disporre un nuovo processo?
La Corte ha annullato la sentenza senza rinvio perché ha ritenuto in modo definitivo che il fatto commesso dagli imputati non costituisce reato. Non essendoci più nulla da giudicare nel merito, il processo si è concluso con la loro piena assoluzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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