Diritto di critica: Assoluzione per chi lamenta un danno medico
In una recente e significativa sentenza, la Corte di Cassazione ha affrontato il delicato confine tra il reato di diffamazione e il legittimo esercizio del diritto di critica. La pronuncia ha portato all’annullamento definitivo della condanna inflitta a due persone che si erano lamentate per un presunto danno alla salute seguito a un intervento odontoiatrico. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: criticare l’operato di un professionista, anche in modo aspro, non è reato se l’obiettivo è tutelare un proprio diritto e non semplicemente offendere.
I Fatti del Caso: Dalla Condanna all’Appello in Cassazione
La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna per diffamazione emessa dal Giudice di Pace e confermata in appello dal Tribunale. Gli imputati erano stati ritenuti colpevoli per aver inviato una comunicazione in cui lamentavano che uno di loro aveva subito una lesione neurologica a seguito di un intervento dentistico effettuato dalla persona offesa.
Ritenendo ingiusta la condanna, i due si sono rivolti alla Corte di Cassazione, sostenendo due motivi principali: l’insussistenza degli elementi costitutivi del reato di diffamazione e, in ogni caso, la presenza di una causa di giustificazione, ovvero l’esercizio di un diritto previsto dall’articolo 51 del codice penale.
La Decisione della Corte e il Diritto di Critica
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza di condanna senza rinvio “perché il fatto non costituisce reato”. Il fulcro della decisione risiede nel riconoscimento della sussistenza dell’esimente del diritto di critica, anche se esercitato sulla base di una convinzione putativa, cioè basata su una percezione errata ma plausibile dei fatti.
L’Esimente dell’Art. 51 del Codice Penale
L’articolo 51 del codice penale stabilisce che l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere esclude la punibilità. Il diritto di critica rientra in questa categoria. La Corte ha chiarito che, per essere legittima, la critica deve essere finalizzata a ottenere un controllo su eventuali violazioni di regole professionali o deontologiche. Non deve, quindi, trasformarsi in un attacco personale e gratuito, ma deve rimanere nell’ambito di una contestazione legata a fatti specifici.
Il Principio Esteso: Dalla Critica all’Avvocato alla Critica al Medico
Per rafforzare il proprio ragionamento, la Cassazione ha richiamato un precedente interessante. In quel caso, era stata esclusa la diffamazione per un cliente che aveva inviato un esposto all’Ordine degli Avvocati, definendo la richiesta di onorari del proprio legale come un “tentativo di truffa”. Anche in quella circostanza, la Corte aveva ritenuto che tale espressione, seppur forte, rientrasse nel legittimo esercizio del diritto di critica, essendo finalizzata a provocare una verifica deontologica da parte dell’organo competente.
Applicando lo stesso principio al caso di specie, i giudici hanno concluso che la lettera inviata dagli imputati, in cui si lamentava una lesione neurologica post-intervento, non era altro che l’esercizio del diritto di contestare un presunto errore professionale.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione sottolineando che, in materia di diffamazione, ha il potere di valutare direttamente l’offensività delle frasi contestate. In questo caso, la comunicazione degli imputati non mirava a ledere la reputazione del professionista, ma a segnalare un grave problema di salute che essi ritenevano conseguenza diretta del suo operato. La presenza di documentazione, seppur trascurata nei gradi di merito, che attestava la lesione neurologica, ha ulteriormente rafforzato la posizione degli imputati. L’azione era quindi giustificata dalla necessità di tutelare un diritto, quello alla salute e al corretto adempimento della prestazione professionale.
Le Conclusioni
Questa sentenza offre un importante chiarimento sui limiti del reato di diffamazione quando si scontra con il diritto di critica. Stabilisce che un cittadino o un paziente ha il diritto di esprimere doglianze, anche in forma scritta e diretta a terzi, riguardo a una prestazione professionale ritenuta inadeguata o dannosa, senza per questo incorrere automaticamente nel reato di diffamazione. La critica è legittima se non trascende in un attacco personale e se è preordinata a ottenere tutela o un controllo sull’operato del professionista. La decisione rappresenta una garanzia per chiunque si trovi nella necessità di contestare servizi professionali, confermando che la tutela della reputazione non può comprimere il diritto di manifestare il proprio dissenso in modo circostanziato.
Una lamentela per un servizio medico ricevuto può essere considerata diffamazione?
No, non è diffamazione se costituisce un legittimo esercizio del diritto di critica, ovvero se è finalizzata a segnalare una presunta negligenza professionale per tutelare i propri diritti e non a offendere gratuitamente la reputazione del medico.
Cosa significa che il diritto di critica è una causa di giustificazione?
Significa che, secondo l’art. 51 del codice penale, l’esercizio di questo diritto rende un comportamento (come inviare una lettera di lamentela) lecito e non punibile, anche se le espressioni usate potrebbero altrimenti essere considerate offensive.
Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna senza disporre un nuovo processo?
La Corte ha annullato la sentenza senza rinvio perché ha ritenuto in modo definitivo che il fatto commesso dagli imputati non costituisce reato. Non essendoci più nulla da giudicare nel merito, il processo si è concluso con la loro piena assoluzione.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1379 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 7 Num. 1379 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 06/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a CAULONIA il 09/11/1956
NOME nato il 24/01/1955
avverso la sentenza del 04/04/2023 del TRIBUNALE di ALESSANDRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Alessandria in data 4 aprile 2023 ha confermato la pronuncia di condanna di NOME e COGNOME NOME previa esclusione della recidiva, del Giudice ch pace del 1° luglio 2020 per il reato di diffamazione, commesso il 13 febbraio 2015.
Avverso la sentenza ricorrono gli imputati tramite il difensore, proponendo motivi comuni: insussistenza degli elementi costitutivi della diffamazione; sussistenza della esimente di cui all’art. 51 cod. pen.
Il ricorso è fondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo cui in materia di diffamazione, la Corte di cassazione può conoscere e valutare l’offensività della frase che si assume lesiva dell’altrui reputazione perché è compito del giudice di legittimità procedere in primo luogo a considerare la sussistenza o meno della materialità della condotta contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie, dovendo, in caso di esclusione di questa, pronunciare sentenza di assoluzione dell’imputato. (Sez. 5, n. 2473 del 10/10/2019, (2020) Rv. 278145).
In particolare, il motivo risulta fondato nella parte in cui ravvisa nel caso di specie la sussistenza dell’esimente di cui all’art.51 cod. pen., sia pure nella sua forma putativa, in ragione altresì della trascurata documentazione prodotta da ricorrenti e richiamata nella missiva oggetto di contestazione dalla quale risultava che a seguito dell’intervento di odontostomatologia posto in essere dalla persona offesa, la ricorrente COGNOME aveva subito una lesione neurologica.
Al riguardo questa corte ha evidenziato che non integra il delitto di diffamazione (art. 595 cod. pen.) la condotta di chi invii un esposto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati contenente dubbi e perplessità sulla correttezza professionale di un legale, considerato che, in tal caso, ricorre la generale causa di giustificazione di cui all’art. 51 cod. pen., “sub specie” di esercizio del diritto critica, preordinato ad ottenere il controllo di eventuali violazioni delle regol deontologiche. (Fattispecie in cui l’imputato, controparte del cliente assistito dall’avvocato, aveva comunicato al Consiglio dell’Ordine che la richiesta di onorari per una diffida dal medesimo inoltratagli senza previa emissione di fattura costituiva a suo dire “un tentativo di truffa”). (Sez. 5, Sentenza n. 42576 del 20/07/2016, Rv. 268044).
Ne discende l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il fatto non costituisce reato.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non costitui
reato
Così deciso in Roma il 6 dicembre 2023
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Il Consigliere estensore
Il Preside?íe