LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Diritto di credito del terzo: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione conferma l’inammissibilità dell’appello di un’investitrice il cui oro era stato incluso in un sequestro preventivo a carico di una società. La sentenza chiarisce che, una volta venduto il bene dall’amministratore giudiziario, il diritto di proprietà del terzo si trasforma in un diritto di credito. Tale diritto di credito del terzo deve essere fatto valere tramite la procedura di accertamento del passivo prevista dal Codice Antimafia, non con un’istanza di dissequestro.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 27 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritto di Credito del Terzo: Cosa Succede ai Tuoi Beni in un Sequestro Aziendale?

Un’investitrice acquista oro tramite un prodotto finanziario, ma la società depositaria viene sottoposta a sequestro preventivo per reati tributari. L’oro dell’investitrice viene incluso nei beni sequestrati e successivamente venduto. Come può tutelarsi il terzo in buona fede? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28561/2025, offre un chiarimento fondamentale sulla natura del diritto di credito del terzo e sulla corretta procedura da seguire.

I Fatti: L’Investimento in Oro e il Sequestro Societario

Una risparmiatrice aveva stipulato un contratto denominato “Conto Tesoro” con una società specializzata in metalli preziosi, depositando una certa quantità di oro. Successivamente, la società è stata coinvolta in un’indagine per reati tributari e altri illeciti, che ha portato al sequestro preventivo di tutti i suoi beni, compreso l’oro appartenente a terzi investitori.

L’investitrice ha quindi presentato un’istanza per ottenere il dissequestro e la restituzione del suo oro. L’istanza è stata respinta sia dal Giudice per le indagini preliminari (G.i.p.) sia, in sede di appello, dal Tribunale del riesame, che ha dichiarato il gravame inammissibile. La questione è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Cassazione e il Diritto di Credito del Terzo

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale del riesame. Il punto centrale della decisione è la trasformazione del diritto dell’investitrice. Con la vendita dell’oro da parte dell’amministratore giudiziario (autorizzata dal giudice) e il versamento del ricavato nel Fondo Unico Giustizia (F.U.G.), l’investitrice non può più rivendicare la proprietà del bene fisico. Il suo diritto si è trasformato in un diritto di credito del terzo, ovvero il diritto a ottenere una somma di denaro pari al controvalore del bene.

Le Motivazioni: Perché l’Appello è Inammissibile

La Cassazione ha basato la sua decisione su diversi pilastri argomentativi solidi.

Mancanza di Interesse Concreto e Attuale

Il primo motivo di inammissibilità risiede nella mancanza di un interesse concreto a impugnare. La richiesta originaria era la restituzione dell’oro. Tuttavia, essendo l’oro già stato legalmente venduto, una decisione favorevole non avrebbe potuto produrre l’effetto richiesto. L’oggetto della richiesta non esisteva più nel patrimonio della società sotto sequestro.

La Trasformazione del Diritto da Proprietà a Credito

Il Tribunale, e la Cassazione lo conferma, ha correttamente evidenziato che la posizione giuridica della ricorrente è mutata. Non è più titolare di un diritto di proprietà su un bene specifico (l’oro), ma di un diritto di credito verso la massa dei beni in sequestro. Questo è un passaggio cruciale: il sequestro e la successiva liquidazione del bene hanno convertito la pretesa in rem (sulla cosa) in una pretesa in personam (verso il patrimonio).

La Procedura Corretta: Il Codice Antimafia

Di conseguenza, la via per tutelare questo diritto di credito del terzo non è più l’istanza di dissequestro. La legge, in particolare il D.Lgs. 159/2011 (Codice Antimafia), richiamato anche in questi contesti, prevede una procedura specifica, simile a quella fallimentare. Il terzo creditore di buona fede deve presentare una domanda di ammissione del proprio credito al giudice delegato, che provvederà a verificare tutti i crediti e a stabilire un piano di riparto delle somme disponibili. La stessa difesa della ricorrente aveva, in precedenza, riconosciuto l’applicabilità di tale normativa.

La Confusione Patrimoniale

Un ulteriore elemento decisivo è stata la “confusione contabile e materiale”. Dalle indagini era emerso che l’oro degli investitori non era conservato in un “caveau” separato e identificabile, come previsto dal contratto, ma era confuso con il patrimonio generale dell’azienda. Questa commistione ha reso impossibile distinguere i beni di terzi da quelli della società, facendoli confluire nell’unica massa soggetta a sequestro.

Le Conclusioni: Implicazioni per gli Investitori e i Terzi di Buona Fede

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale per la tutela dei terzi nei procedimenti di sequestro.
1. La buona fede è un presupposto, non una scorciatoia: Essere in buona fede è necessario per essere ammessi alla procedura di verifica dei crediti, ma non consente di bypassarla chiedendo la restituzione diretta di un bene non più esistente o non più distinguibile.
2. La procedura è vincolante: Quando i beni di un terzo sono coinvolti in un sequestro e vengono liquidati, il terzo deve attivare gli strumenti specifici previsti dalla legge (in questo caso, la procedura di accertamento dei crediti del Codice Antimafia) per recuperare il controvalore.
3. Attenzione alla separazione patrimoniale: Per gli investitori, questa vicenda sottolinea l’importanza di verificare che i propri beni siano effettivamente tenuti separati e identificabili rispetto al patrimonio della società depositaria, poiché la loro confusione può determinare la trasformazione del diritto di proprietà in un meno garantito diritto di credito.

Cosa succede al diritto di proprietà di un terzo su un bene, come l’oro, quando questo viene sequestrato insieme ai beni di una società e poi venduto?
Il diritto di proprietà sul bene fisico si estingue e si trasforma in un diritto di credito per un importo pari al controvalore del bene. Il terzo non può più chiedere la restituzione del bene, ma deve far valere il suo credito sul ricavato della vendita.

Qual è la procedura corretta che un terzo di buona fede deve seguire per recuperare il valore del proprio bene sequestrato e venduto?
Deve seguire la procedura di verifica dei crediti prevista dal Codice Antimafia (D.Lgs. 159/2011). Ciò comporta la presentazione di una domanda di ammissione del proprio credito al giudice delegato, che la valuterà insieme a quelle degli altri creditori per formare lo stato passivo e procedere al riparto delle somme disponibili.

Perché il ricorso dell’investitrice è stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per più ragioni: era una riproposizione di questioni già decise, mancava un interesse concreto e attuale (l’oro era già stato venduto e non poteva più essere restituito) e la ricorrente non aveva contestato adeguatamente le motivazioni del Tribunale, che indicavano correttamente la via della procedura di accertamento crediti come l’unica percorribile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati