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Diritto all’interprete: quando è valido usarne uno?

Un cittadino ungherese ha impugnato la sua consegna all’Austria, sostenendo una violazione del suo diritto all’interprete poiché gli era stato fornito un traduttore di lingua francese anziché ungherese. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che è sufficiente un interprete di una lingua effettivamente compresa dall’interessato, non necessariamente la sua lingua madre. La decisione ha valorizzato il consenso informato alla consegna e la tardività della contestazione procedurale.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritto all’interprete: quando è valido usarne uno non di lingua madre?

Il diritto all’interprete rappresenta una garanzia fondamentale nel processo penale, assicurando che l’imputato possa comprendere le accuse a suo carico e partecipare attivamente alla propria difesa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su questo principio, specialmente nel contesto del mandato di arresto europeo. La Corte ha stabilito che la nomina di un interprete di una lingua compresa dall’interessato, anche se diversa dalla sua lingua madre, non viola i suoi diritti, a patto che la comunicazione sia efficace.

I Fatti del Caso: Il Mandato di Arresto e il Consenso alla Consegna

Il caso riguardava un cittadino ungherese, destinatario di un mandato di arresto europeo emesso dall’Austria per l’esecuzione di una pena residua per reati di furto aggravato, distruzione di documento e appropriazione indebita. La Corte di Appello di Milano aveva autorizzato la consegna del soggetto allo Stato richiedente.

L’interessato, tuttavia, ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando due principali violazioni. In primo luogo, sosteneva che il suo diritto all’interprete e alla difesa fosse stato leso, poiché in udienza gli era stato affiancato un interprete di lingua francese e non ungherese, sua lingua madre. A suo dire, questo gli avrebbe impedito di comprendere appieno le implicazioni giuridiche della sua situazione, in particolare la possibilità di rinunciare al principio di specialità. In secondo luogo, chiedeva di poter scontare la pena in Ungheria, suo paese d’origine, sostenendo che il procedimento avrebbe dovuto essere sospeso per verificare tale possibilità.

La Decisione della Corte: Quando il Diritto all’Interprete è Rispettato

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo infondate entrambe le doglianze. La decisione offre spunti di riflessione fondamentali sull’applicazione pratica del diritto all’assistenza linguistica.

La Lingua Compresa vs. la Lingua Madre

Il punto centrale della sentenza riguarda la corretta interpretazione dell’art. 143 del codice di procedura penale. La Corte ha ribadito un principio consolidato: il diritto all’interprete non è violato se la persona è assistita da un traduttore di una lingua, diversa da quella madre, che le consenta comunque di comunicare efficacemente e comprendere gli atti. La valutazione sull’effettiva comprensione è rimessa al giudice di merito.

Nel caso specifico, la Corte di Appello aveva correttamente rilevato che l’imputato aveva dichiarato di comprendere la lingua francese e aveva avuto modo di colloquiare ampiamente con il suo difensore tramite l’interprete. Un elemento decisivo, secondo i giudici, è stato il comportamento processuale dell’uomo: pur prestando il consenso alla consegna, non aveva rinunciato al principio di specialità. Questa scelta dimostrava, secondo la Corte, una piena consapevolezza delle opzioni a sua disposizione e, di conseguenza, un’adeguata comprensione della situazione.

La Tempestività dell’Eccezione di Nullità

La Corte ha inoltre specificato la natura procedurale della presunta violazione. Un’eventuale irregolarità legata alla nomina dell’interprete configura una nullità a regime intermedio. Questo significa che deve essere eccepita dalla parte interessata in un momento preciso, ovvero subito dopo il suo verificarsi. Nel caso di specie, la contestazione non era stata sollevata dal difensore d’ufficio durante l’udienza di convalida, ma solo successivamente dal nuovo legale di fiducia. Tale ritardo ha comportato la sanatoria del vizio, rendendo l’eccezione tardiva e inammissibile.

La Richiesta di Scontare la Pena nel Paese d’Origine

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha chiarito che la decisione su dove un condannato debba scontare la pena spetta allo Stato che ha emesso il mandato di arresto europeo (l’Austria). La richiesta dell’interessato di essere consegnato all’Ungheria non poteva essere accolta, anche perché l’Ungheria stessa non aveva avanzato alcuna richiesta formale in tal senso, come invece previsto dalle convenzioni internazionali in materia.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un approccio pragmatico e sostanziale alla garanzia difensiva. Non è la forma (la lingua madre) a prevalere, ma la sostanza (l’effettiva comprensione). La scelta consapevole dell’imputato di non rinunciare al principio di specialità è stata vista come la prova del nove della sua comprensione. Inoltre, il rispetto delle regole procedurali, come la tempestività delle eccezioni, è stato riaffermato come un pilastro per la validità degli atti processuali.

Le conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento secondo cui il diritto all’interprete è garantito quando si assicura una comunicazione efficace, anche tramite una lingua “veicolare” conosciuta dall’imputato. Si sottolinea l’importanza per le difese di sollevare tempestivamente eventuali eccezioni procedurali, pena la loro decadenza. Infine, viene chiarito che nell’ambito della cooperazione giudiziaria europea, le modalità di esecuzione della pena sono decise dallo Stato emittente del mandato, limitando la possibilità per il condannato di scegliere il luogo di detenzione.

È sempre necessario un interprete della lingua madre dell’imputato?
No. Secondo la Corte, il diritto all’interprete non è violato se viene nominato un traduttore di una lingua diversa da quella madre, a condizione che questa consenta all’interessato di comunicare in maniera efficace e di comprendere gli atti del procedimento.

Cosa succede se la violazione del diritto all’interprete non viene contestata subito?
La violazione dell’art. 143 cod. proc. pen. genera una nullità a regime intermedio. Se la parte interessata non la eccepisce tempestivamente (ad esempio, durante la prima occasione utile come l’udienza di convalida), la nullità si considera sanata e non può essere fatta valere in un momento successivo.

Un condannato può scegliere di essere consegnato a un paese diverso da quello che ha emesso il mandato di arresto europeo?
No. La Corte ha stabilito che la decisione su tale richiesta spetta allo Stato che ha emesso il mandato (in questo caso, l’Austria). Inoltre, affinché una tale richiesta possa essere considerata, sarebbe necessario che lo Stato in cui si vorrebbe scontare la pena (l’Ungheria) avanzi una richiesta formale, cosa che non è avvenuta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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