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Diritto all’interprete: Google Translate non basta

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per traffico di stupefacenti, evidenziando la violazione del diritto all’interprete. Un cittadino bulgaro era stato assistito da un interprete di lingua inglese che, per comunicare, aveva dovuto utilizzare un’applicazione di traduzione sul cellulare. La Corte ha stabilito che tale modalità non garantisce lo standard di qualità richiesto dalla normativa europea e nazionale, ledendo il diritto di difesa dell’indagato, il quale deve essere messo in condizione di comprendere pienamente le accuse e di comunicare efficacemente con il proprio difensore.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritto all’Interprete: La Cassazione Boccia l’Uso di Google Translate in Tribunale

Il diritto all’interprete rappresenta una delle garanzie fondamentali per un processo equo, assicurando che l’imputato straniero possa comprendere le accuse a suo carico e partecipare attivamente alla propria difesa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato l’importanza di questo principio, stabilendo che l’assistenza linguistica fornita tramite applicazioni di traduzione automatica, come Google Translate, non è sufficiente a garantire il rispetto dei diritti difensivi. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Un Arresto e una Barriera Linguistica

Il caso riguarda un cittadino di nazionalità bulgara, fermato alla guida di un’autovettura all’interno della quale erano occultati 17 kg di cocaina. A seguito dell’arresto, il Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.) disponeva la misura della custodia cautelare in carcere. La difesa dell’indagato proponeva ricorso al Tribunale del Riesame, lamentando una grave violazione procedurale: durante l’udienza di convalida dell’arresto, all’indagato era stato affiancato un interprete di lingua inglese, nonostante la sua lingua madre fosse il bulgaro. Si era inoltre emerso che, per superare le difficoltà di comunicazione, l’interprete stesso era stato autorizzato dal giudice a utilizzare un’applicazione di traduzione sul proprio cellulare per tradurre le domande in bulgaro.

La Questione Giuridica: Il Diritto all’Interprete e la Qualità della Traduzione

Il nucleo della questione legale verteva sulla corretta applicazione dell’articolo 143 del codice di procedura penale e della normativa europea (Direttiva 2010/64/UE), che sanciscono il diritto dell’indagato che non comprende la lingua italiana a essere assistito gratuitamente da un interprete. La difesa sosteneva che la scelta di un interprete di lingua inglese fosse errata e che, in ogni caso, l’utilizzo di uno strumento di traduzione automatica non potesse assicurare l’accuratezza e la qualità necessarie a un atto così delicato come un interrogatorio. Si contestava inoltre l’impossibilità per l’avvocato di conferire adeguatamente con il proprio assistito prima dell’udienza, proprio a causa della barriera linguistica.

Le motivazioni della Cassazione: Inadeguatezza della Traduzione Automatica e la tutela del diritto di difesa

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della difesa, annullando l’ordinanza del Tribunale del Riesame. I giudici supremi hanno evidenziato una palese contraddizione nella decisione impugnata: da un lato si affermava che l’indagato avesse una conoscenza sufficiente dell’inglese, dall’altro si ammetteva la necessità di ricorrere a un traduttore automatico per comunicare con lui. Questo, secondo la Corte, dimostrava di per sé che la conoscenza dell’inglese non era adeguata.

La Corte ha sottolineato che il diritto all’interprete non si esaurisce nella mera presenza di un traduttore, ma richiede uno standard qualitativo elevato per garantire una comprensione effettiva e completa degli atti processuali. L’uso di un’applicazione informatica non offre le stesse garanzie di un professionista qualificato, soprattutto nel contesto di un interrogatorio dove le sfumature linguistiche e la precisione terminologica sono cruciali. La sentenza ha inoltre dato peso alla doglianza relativa alla mancata comunicazione tra difensore e assistito prima dell’udienza, riconoscendola come un’ulteriore e grave lesione del diritto di difesa.

Conclusioni: Garanzie Difensive e Standard di Qualità nell’Interpretazione

Questa pronuncia rafforza un principio cardine del giusto processo: le garanzie difensive non possono essere subordinate a soluzioni pratiche ma inadeguate. La Corte di Cassazione ha chiarito che il diritto a un interprete deve essere effettivo e non meramente formale. Le autorità giudiziarie hanno il dovere di assicurare che l’interprete nominato non solo parli una lingua nota all’indagato, ma sia anche in grado di fornire una traduzione professionale e affidabile, senza ricorrere a strumenti automatici che non possono garantire la necessaria qualità. La decisione rappresenta un importante monito a tutela dei diritti degli indagati stranieri nel nostro sistema giudiziario, riaffermando che una difesa efficace passa, prima di tutto, da una piena comprensione.

È sufficiente che un imputato straniero conosca una lingua veicolare come l’inglese per garantirgli il diritto di difesa?
No, la sentenza chiarisce che non è sufficiente. Se emerge la necessità di usare strumenti aggiuntivi come le app di traduzione per comunicare, significa che la conoscenza della lingua veicolare non è adeguata a garantire una piena comprensione e, di conseguenza, il diritto di difesa è compromesso.

L’uso di un’applicazione di traduzione come Google Translate durante un’udienza è considerato valido per assicurare il diritto all’interprete?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’utilizzo di un’applicazione di traduzione automatica non garantisce lo standard di qualità elevato richiesto dalla normativa italiana ed europea per l’interpretazione in un procedimento penale, in quanto può non essere sufficientemente accurata e affidabile.

La mancata possibilità per l’imputato di parlare con il proprio avvocato prima dell’udienza a causa della lingua costituisce una violazione dei diritti?
Sì, la sentenza riconosce che l’impossibilità per l’imputato di conferire efficacemente con il proprio difensore a causa della barriera linguistica, prima di un atto importante come l’interrogatorio, costituisce una lesione del diritto di difesa, tutelato dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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