Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21650 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21650 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nata a Palermo DATA_NASCITA
avverso il decreto emesso dalla Corte di appello di Palermo il 05/06/2023;
visti gli atti ed esaminato il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, AVV_NOTAIO che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Palermo ha confermato l’ordinanza con cui era stata rigettata la richiesta di revoca della confisca di prevenzione di un immobile sito in Palermo, in INDIRIZZO – noto come “Villa COGNOME” – di cui sarebbe formale titolare COGNOME NOMENOME moglie del proposto, COGNOME NOME.
Dal provvedimento impugnato si evince in punto di fatto che l’immobile in questione, confiscato a COGNOME NOME, era stato ritenuto formalmente appartenente alla società RAGIONE_SOCIALE (cioè di una società considerata riconducibile al proposto), che successivamente, su segnalazione dell’amministratore giudiziario, il Tribunale aveva provveduto a correggere il provvedimento di confisca, atteso che quell’immobile
risultava invece intestato ad un soggetto diverso, cioè a COGNOME NOME – moglie di COGNOME NOME– che lo aveva acquistato dalla società indicata il 23.11.2009, in data cioè anteriore al sequestro; COGNOME era intervenuta nel procedimento di prevenzione in relazione, tuttavia, ad altri cespiti.
NOME COGNOME, in relazione alla richiesta di correzione, aveva chiesto che la confisca fosse dichiarata inefficace e il Tribunale, dopo aver proceduto alla correzione dell’originario decreto in relazione alla indicazione del soggetto titolare del be confiscato, aveva qualificato la richiesta di COGNOME come richiesta di revoca de provvedimento ablatorio, rigettando tuttavia la domanda per mancanza di “novum”.
Avverso detto provvedimento, veniva proposto ricorso per cassazione e la Corte riqualificava il ricorso come appello avverso il provvedimento di rigetto della richiesta revoca; la Corte di appello, con il provvedimento impugnato, ha confermato il provvedimento di rigetto della richiesta di revoca.
Sulla base di tale articolato quadro di riferimento, ha proposto ricorso pe cassazione NOME COGNOME articolando tre motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge processuale per avere la Corte di appello provveduto senza notificare l’avviso di udienza e il provvedimento impugnato.
Si assume che, nel caso di specie, essendo la proposta di applicazione della misura anteriore alla entrata in vigore del d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159, si sarebbero dovute applicare le norme previgenti e, dunque, i provvedimenti pregressi – compreso il decreto impugnato – avrebbero dovevano essere “notificati alla parte istante cosa che non è avvenuta” (così il ricorso).
Si aggiunge che nella specie si sarebbe dovuto applicare l’art. 666, comma 3, cod. poc. pen., con conseguente nullità del provvedimento impugnato, e che COGNOME, contrariamente a quanto affermato, non poteva considerarsi domiciliata ex lege presso il proprio difensore.
2.2. Con il secondo motivo si deduce l’abnormità del provvedimento impugnato e violazione di legge.
Il tema attiene alla procedura di correzione di errore materiale, di cui si è detto, c sarebbe stata attivata al di fuori di ogni previsione legale; secondo la ricorrente nel specie si sarebbe realizzata una illegittima estensione della confisca ad un soggetto che, in relazione al bene in questione, non poteva considerarsi interveniente nel procedimento.
L’immobile confiscato era stato indicato come di proprietà della società RAGIONE_SOCIALE, per essere stato acquistato da questa nel 2008 ad un prezzo di circa 600.000 euro, laddove invece una parte di esso risultava acquistato dalla ricorrente nel 2009 per il prezzo di 285.618,03, da corrispondere mediante accollo della quota di mutuo stipulato dalla società venditrice.
Il Tribunale, rispetto alla richiesta di correzione del decreto di confisca nella pa relativa alla indicazione del formale titolare dell’immobile, avrebbe qualificato com richiesta di revoca l’opposizione della difesa di COGNOME solo con il provvediment decisorio in tal modo pregiudicando il diritto della parte ad interloquire sulla esisten dei presupposti legittimanti la confisca nei propri confronti; detti profili, si ass erano rimasti estranei al procedimento di prevenzione perché in quel procedimento la COGNOME era intervenuta solo in relazione ad altri beni.
Dunque, un procedimento e un provvedimento di correzione errati.
Il Tribunale avrebbe errato anche nel ritenere, da una parte, che l’opposizione alla richiesta di correzione dovesse qualificarsi come una richiesta di revoca e, dall’altra nell’affermare che rispetto alla richiesta di revoca non vi fosse nessuna prova nuova; si assume che, ove si fosse ritenuto che quella opposizione fosse una richiesta di revoca della confisca, si sarebbe dovuto procedere con le forme del procedimento di revoca, dando alla parte la possibilità di difendersi.
La revoca della confisca, si aggiunge, avrebbe potuto essere chiesta solo da un soggetto che aveva partecipato al procedimento di prevenzione laddove, invece, nel caso di specie, la COGNOME, come detto, aveva partecipato al procedimento ma in relazione ad altri beni e non invece per quello per il quale in sede di correzione era stat disposta la confisca nei suoi riguardi
Sul punto la Corte di appello sarebbe silente.
2.3. Con il terzo motivo si deduce vizio di motivazione nella parte in cui il Tribuna aveva ritenuto che la COGNOME si fosse difesa nel procedimento di prevenzione e che fosse a conoscenza degli atti compiuti dall’autorità giudiziaria con riguardo a quell specifico bene, poi confiscato nei suoi riguardi all’esito del procedimento di correzione
Il Tribunale, per affermare che la ricorrente si fosse in concreto difesa anche con riguardo a quel bene, si sarebbe limitato a dare atto della produzione di una consulenza difensiva, cioè di COGNOME, relativa “ai redditi percepiti dal nucleo familiare del prop nell’arco di tempo tra il 1994 e il 2009”.
Sostiene invece la ricorrente, da una parte, che proprio il “dare atto” rivelerebbe mancato esame di quella consulenza con conseguente carattere di novità della questione, e, dall’altra, che l’accollo del mutuo da parte della COGNOME fu compiuto 23.11.2009: dunque, sarebbe stato quello il momento a partire dal quale si sarebbe dovuta verificare l’esistenza di redditi giustificativi dell’esborso da parte della ricorr
Una questione non deducibile nel procedimento di prevenzione, perchè la parte non aveva partecipato al procedimento per quel cespite, in quanto si era ritenuto che quell’immobile fosse appartenente ad un altro soggetto- la società RAGIONE_SOCIALE, rispetto alla quale erano stati valutati i requisiti della confiscabilità del be nemmeno dedotta in quel procedimento, perché quella consulenza non dimostrava affatto che la parte si fosse difesa.
La Corte avrebbe erroneamente condiviso l’assunto del Tribunale secondo cui nella specie non vi sarebbe stata “prova nuova”.
In tal senso, si richiama una parte della motivazione del decreto emesso dal Tribunale nel procedimento di prevenzione al fine di dimostrare che, invece, la questione non era stata decisa e che la consulenza valorizzata dal Tribunale non aveva nemmeno allegato il contratto di vendita e quello di accollo del mutuo con il relativo piano ammortamento, scoperti solo successivamente dall’amministratore giudiziario.
Si aggiunge che era stata data la prova del versamento delle rate e della provenienza lecita del denaro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato quanto al secondo e al terzo motivo, che hanno valenza assorbente.
L’accertamento processuale è fondato sulla progressiva acquisizione di conoscenze; il principio della falsificabilità delle ipotesi ricostruttive dei fatti si av contributo dialettico delle parti interessate.
Le parti, in particolare, devono essere poste in condizione di interagire – sviluppando e verificando i temi di prova rilevanti ai fini della decisione – davanti ad un giud indipendente e imparziale.
Si è osservato in modo condivisibile come l’esito del processo e la decisione costituiscano il punto di approdo derivante non da una passiva recezione da parte del giudice delle risultanze istruttorie, ma da un’attiva partecipazione di tutti i sogg processuali interessati, che intervengono con le loro diverse prospettive in ogni momento dello sviluppo procedimentale, influenzandone inevitabilmente il corso.
Si tratta di un paradigma fondato sulla divisione della conoscenza, sulla distinzione dei ruoli e sulla tendenziale parità tra accusa e difesa: questo è il senso del princip del contraddittorio.
L’accertamento dei fatti si compie attraverso plurimi confronti e giudizi, la c progressione mira a garantire la veridicità del risultato conoscitivo.
Il tema è strettamente connesso con quanto in più occasioni è stato evidenziato a seguito della modifica dell’art. 111 Cost.
Se è vero che l’accezione oggettiva del contraddittorio impone che la prova si formi nella dialettica delle parti – a cui deve essere assicurata la possibilità di sviluppare i ritenuti rilevanti -, è altrettanto vero che la formazione della prova nel contradditt delle parti risente inevitabilmente degli interessi specifici di queste sono portatrici procedimento assuntivo.
Le parti, cioè, nella falsificazione tipica del metodo dialettico di formazio prova, cercano di sviluppare e di evidenziare quelle tematiche e quelle circostanze che possono assumere specifico rilievo rispetto alla propria posizione processuale.
La prova di un fatto, in particolare, è tanto più vicina alla verità quanto essa sa formata nel contraddittorio dei soggetti nei cui confronti quella prova è destinata ad essere utilizzata.
Un dato conoscitivo conseguito senza l’osservanza del canone del contradditorio rispetto a tutti i soggetti interessati ha una potenzialità persuasiva tendenzialmente inoperante nei confronti dei soggetti che non abbiano partecipato al procedimento acquisitivo dell’atto.
La Corte di appello non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati.
La Corte, ricostruito l’articolato sviluppo del procedimento e richiamando il provvedimento del Tribunale, ha affermato che, se è vero che “la moglie del proposto … fosse intervenuta in giudizio per i beni diversi dall’immobile denominato Villa COGNOME” nondimeno la questione era stata dedotta e affrontata dal Tribunale e che in tale contesto COGNOME avrebbe potuto e dovuto difendersi.
In particolare, si è evidenziato come il Tribunale avesse dato atto della produzione da parte della difesa del proposto – nella cui disponibilità era anche la società venditri dell’immobile per cui si procede – di una consulenza – le cui risultanze non erano state condivise- con cui si erano riportate in una tabella riepilogativa “le compravendit effettuate dal nucleo familiare di COGNOME NOME” e, in particolare, anche “l’investimento “del 2009 in capo alla moglie”; il proposto, ha aggiunto la Corte, non aveva offerto in quella sede “alcun elemento volto a dimostrare che l’intero pagamento del prezzo” per l’acquisto dell’immobile fosse “stato onorato attraverso l’accollo di u mutuo di circa euro 1000 mensili” (così la Corte a pag. 6 che, a sua volta, ha richiamato il provvedimento del Tribunale).
Dunque, secondo la Corte, nel procedimento di prevenzione la circostanza che COGNOME fosse titolare di quell’immobile era stata rappresentata e il Tribunale ebbe valutarla affermando che, ove pure quella transazione, cioè la vendita dell’immobile dalla società riconducibile a COGNOME a COGNOME, fosse stata provata, nondimeno la grave situazione “di sperequazione in cui si trovava il nucleo familiare dello COGNOME a momento dell’acquisto del bene, non avrebbe consentito alla moglie di onorare il pagamento delle rate di mutuo”.
Inoltre, secondo la Corte, NOME COGNOME, intervenuta in relazione ad altri beni, avrebbe negligentemente taciuto la propria posizione, cioè di essere la titolare di quel immobile; detta circostanza avrebbe dovuto essere segnalata in ossequio ad un principio solidaristico.
COGNOME, in particolare, avrebbe dovuto in quel procedimento, sulla base di una circostanza nota, difendersi provando; ciò, secondo la Corte di appello, renderebbe la richiesta di revoca priva del requisito necessario di novità.
Tale ricostruzione deve essere posta in connessione con la valutazione compiuta dal Tribunale, che, investito solo della richiesta di correzione di un non irrilevante erro decise, da una parte, di procedere alla correzione del decreto di confisca, disponendo l’ablazione di quel bene non in danno del soggetto che in quel procedimento aveva esercitato il proprio diritto di difesa, ma – quasi per derivazione automatica – nei rigua di un soggetto diverso, chiamato in realtà ad intervenire in relazione ad altri beni, dall’altra, ritenne anche che l’opposizione alla correzione da parte della odierna ricorrente dovesse essere qualificata come richiesta di revoca e che detta richiesta fosse infondata perché nel procedimento di prevenzione l’appartenenza di quel bene alla donna era in qualche modo emersa e la donna, che avrebbe dovuto peraltro segnalare la circostanza, avrebbe dovuto e potuto difendersi.
4. Si tratta di un ragionamento viziato.
La confisca di quell’immobile è stata disposta non solo sulla base di un presupposto fattuale errato, e cioè che quel bene fosse appartenente alla società riconducibile al proposto, ma, soprattutto, ritenendo che il reale soggetto titolare di quel bene, cio l’odierna ricorrente, si fosse difeso nel procedimento di prevenzione per il solo fatto ch in quel processo era stato chiamato ad intervenire in ordine alla verifica dell confiscabilità di altri beni.
Ciò che in realtà emerge dai provvedimenti emessi dai Giudici di merito è che la prova della confiscabilità del bene per il quale si procede è stata assunta senza assicurare i diritto al contraddittorio alla parte nei cui confronti è stata poi utilizzata né nel cor procedimento di prevenzione, non potendo farsi discendere dal silenzio della COGNOME una valenza negativa e una automatica efficacia estensiva dell’accertamento compiuto nei riguardi del proposto, e neppure nel “procedimento di revoca”, avendo il Tribunale solo all’esito del procedimento – qualificato l’opposizione alla correzione come richiest di revoca e contestualmente di fatto precluso alla ricorrente anche in detto procedimento il diritto di difendersi provando, per non avere esercitato COGNOME detto diritto procedimento di prevenzione, cioè nel procedimento in cui la donna non era stata chiamata ad intervenire per quel bene.
Né, sotto altro profilo, la prova della confiscabilità del bene nei confronti de ricorrente potrebbe farsi discendere dal silenzio tenuto da COGNOME nel procedimento di prevenzione; il riferimento da parte della Corte al principio solidaristico non consen di ritenere la prova utilizzabile nei riguardi di chi – per un fatto attri esclusivamente alla procedura – non era stata chiamata ad interloquire e ha dovuto subire gli effetti pregiudizievoli del successivo provvedimento “correttivo”.
Né si è tenuto conto che la verifica dei presupposti della confisca sono stati accertat nel procedimento di prevenzione avendo riguardo, da una parte, alla situazione patrimoniale del proposto al momento dell’acquisto del bene da parte di questi, e non a quella, successiva, di acquisto da parte di detto bene dalla ricorrente, e, dall’alt facendo riferimento ad un prezzo diverso e superiore rispetto a quello oggetto della vendita del bene in questione a COGNOME.
Né, sotto ulteriore profilo, è stato spiegato perché la confisca disposta sulla base d una consulenza riferita agli acquisti compiuti dal proposto fino al 2006/2007, compreso l’acquisto del bene in esame, sarebbe accertativa della esistenza dei presupposti legittimanti la confisca anche per detto immobile, che fu acquistato dalla ricorrente de 2009, con un accollo di mutuo e conseguente rata da corrispondere per l’importo di 1000 euro al mese, di cui nulla è dato sapere.
5. Ne consegue che il decreto impugnato deve essere annullato.
La Corte di appello, in sede di rinvio, applicherà i principi indicati, assicurerà il contraddittorio alla ricorrente, alla quale nessuna preclusione derivante dallo svilupp del procedimento di prevenzione è opponibile, e verificherà se e in che termini il bene in esame sia confiscabile ovvero debba essere restituito.
P. Q. M.
Annulla il decreto impugnato e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Palermo.
Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2024.