Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 46026 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 46026 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata a TROPEA il 21/12/1974
avverso l’ordinanza del 07/06/2024 del TRIBUNALE di MILANO. Udi aia relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME , . GLYPH = le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento dell’impugnato provvedimento con rinvio; udite, l’Avv. NOME COGNOME del Foro di Milano, in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME del Foro di Milano, in difesa di NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso… €12.j. M-cot 4 Am-4 ,0 n 1 –
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza il Tribunale di Milano, in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero avverso il provvedimento del Giudice per le Indagini Preliminari di Milano, ha imposto nuovamente il vincolo del sequestro su due beni immobili in esclusiva proprietà di NOME COGNOME, situati in Tropea. Le due unità immobiliari, assieme ad altre tre di cui la donna detiene la nuda proprietà, l’usufrutto spettando al marito, tal NOME COGNOME, erano state inizialmente sottoposte al vincolo cautelare, per la supposta provenienza dal marito della donna delle somme necessarie all’acquisto, somme di origine illecita. Con successivo provvedimento, tuttavia, il Giudice per le indagini preliminari aveva disposto la revoca del sequestro sui beni oggetto dell’odierno
giudizio (le due unità intestate esclusivamente alla Repice) ritenendo provata la gestione esclusiva degli stessi da parte della donna ed insussistente un qualche legame con il COGNOME tale da consentire di affermare che costui ne avesse in qualche misura la disponibilità. Alla liberazione degli appartamenti intestati in via esclusiva alla Repice si opponeva il pubblico ministero, con l’appello che ha portato alla pronuncia dell’ordinanza oggi in discussione.
Nel provvedimento impugnato, che ha recepito la prospettiva accusatoria e in sostanza, ripristinato il vincolo originariamente disposto, è stato evidenzia, in primo luogo, che la Repice, seppure non attinta da elementi sufficientemente gravi da meritarle l’applicazione della misura cautelare inizialmente richiesta nei suoi confronti, non era tuttavia nemmeno estranea all’indagine promossa a carico suo, della sua sorella e del COGNOME per l’associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio delle somme provento delle attività illecite del marito. osservava, inoltre, nel provvedimento del Tribunale di Milano, che i beni immobili erano stati appresi in sede esecutiva del vincolo ablatorio emesso nei confronti del marito della COGNOME, trattandosi di beni acquistati, circostanza incontestata perché ammessa dalla stessa COGNOME, con l’utilizzo di risorse provenienti dal marito NOME COGNOME.
Su tali premesse, si è ritenuto da parte del Tribunale del riesame, che non risultasse provata la disponibilità esclusiva degli immobili in capo alla ricorrente. Infatti, l’intestazione esclusiva in capo a costei dell’attività di recezione turis deriva esclusivamente dal dato formale della intestazione alla Repice degli immobili in cui l’attività viene svolta. Per contro, i dati finanziari (vale a l’origine del denaro utilizzato per l’acquisto), intercettivi (costituiti dalle telefo da cui emerge il ruolo della moglie nell’introdurre il marito nell’ambiente affaristico del vibonese) e familiari (rappresentati dalla permanenza del vincolo matrimoniale e dalla manifestata volontà di perpetuarlo, a dispetto dei dissidi talora registrati nella coppia) predicano nel senso del perdurante interesse solidale del COGNOME e della COGNOME nei confronti dei beni, quale investimento di risorse illecite.
Con il ricorso vengono formulati due motivi, entrambi ulteriormente elaborati con una memoria inviata per la discussione orale.
2.1 Con il primo motivo si deduce la violazione dell’articolo 127, comma 2, cod. proc. pen., per avere il Tribunale del riesame utilizzato ai fini della decisione una memoria tardivamente depositata dal pubblico ministero.
Dalla lettura dell’ordinanza impugnata emerge infatti che il 3 giugno 2024 il pubblico ministero ha depositato una memoria “ad integrazione” in vista dell’udienza del 7 giugno 2024. La memoria è stata depositata oltre il termine previsto dal capoverso dell’ad 127 cod. proc. pen. ed è pertanto inammissibile.
Quanto all’onere di dimostrare la decisività della violazione riscontrata rispetto alla motivazione del provvedimento impugnato, è sufficiente osservare come a pagina 6 dell’ordinanza impugnata nel condividere la tesi accusatoria “svolta nell’atto d’appello e nella memoria”, la permanenza di interessi comuni tra moglie e marito è basata sulla conversazione n. 1223 del 22 giugno 2022 segnalata solamente nella memoria. Viene valorizzata la frase intercettata pronunciata dalla Repice come elemento dimostrativo della disponibilità in capo ad entrambi gli indagati, COGNOME e COGNOME, anche degli immobili di cui era stato disposto il dissequestro.
2.2 Con il secondo motivo si deduce violazione dell’articolo 325 cod. proc. pen. per radicale vizio di motivazione.
Occorre premettere che in relazione all’ipotesi associativa ascritta a moglie e marito (oltre che alla sorella della donna) il G.i.p. ha escluso la sufficienz indiziaria ai fini dell’emissione della misura di sicurezza personale e che il provvedimento ablativo è stato emesso esclusivamente nei confronti del COGNOME, per ipotesi di reato (riciclaggio) di cui non risponde la COGNOME, essendo stata esclusa, anche in questo caso, la sufficienza indiziaria.
Il rigetto del provvedimento cautelare non è stato oggetto di impugnazione da parte del pubblico ministero cosicché risulta sorprendente, si sostiene a pg. 5 del ricorso per cassazione, che il Tribunale nel provvedimento oggi in esame abbia ipotizzato la gestione comune del compendio immobiliare e il ruolo della Repice nella sottrazione delle risorse del marito alle conseguenze derivanti dalle condotte illecite di costui.
Il provvedimento si presta in definitiva ad una censura di legittimità poiché è stata nei fatti pretermessa ogni considerazione degli elementi offerti dalla difesa della ricorrente (l’attività turistica svolta negli immobili dalla ricorrente, disbrigo di ogni pratica ed assunzione di ogni onere in via esclusiva), da cui risultava che COGNOME non avesse alcuna relazione uti dominus con i beni in sequestro. Con tal omissione il Tribunale è incorso in una violazione di legge, integrata ogniqualvolta la motivazione del provvedimento giurisdizionale sia omessa o risulti solo apparente.
3. Con memoria inviata per PEC, il Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto l’annullamento del provvedimento con rinvio al Tribunale di Milano per nuovo giudizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è fondato e merita accoglimento.
È preliminarmente opportuno precisare che, a seguito dell’esame del fascicolo, consentito in questo caso dalla natura della quaestio in procedendo (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 nonché, da ultimo, Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, COGNOME non mass. sul punto), risulta che il difensore della Repice inviò in data 1 giugno 2024 con PEC alla Cancelleria del Tribunale una memoria con rinuncia a comparire all’udienza fissata per il 7 giugno. La memoria del Sostituto Procuratore risulta depositata in data successiva (3 giugno) mentre una richiesta di accesso agli atti da parte del difensore reca la data del 4 giugno.
Sulla base di tale premessa fattuale, è possibile innanzitutto rilevare la tardività della memoria del Pubblico Ministero e la pratica impossibilità del difensore di eccepire la tardività in sede d’udienza, alla cui partecipazione aveva già rinunciato. Il deposito della memoria è certamente tardivo in quanto effettuato oltre il termine finale «Mino a cinque giorni prima dell’udienza» stabilito dall’art. 127, comma 2, cod. proc. pen., per la presentazione di memorie in cancelleria, termine a ‘giorni liberi’ da cui vanno esclusi sia il dies a quo che il dies ad quem (Sez. 2, n. 15718 del 01/03/2023, Russo, Rv. 284499 – 01), con conseguente inammissibilità della memoria. L’inammissibilità è stata eccepita nella prima occasione utile, costituita dal ricorso, attesa la preliminare rinuncia all’udienza ove la presenza era solo facoltativa (art.127, comma 3, cod. proc. pen.). Né si può sostenere che la difesa avesse un onere di comparire, rinunciando alla precedente dichiarata rinuncia, al solo fine di eccepire la tardività della memoria e la conseguente l’inammissibilità, in quanto consapevole del deposito della memoria ad opera della controparte, avendo fatto accesso al fascicolo in data successiva al deposito della memoria tardiva. Una tale prospettazione in primo luogo renderebbe di fatto obbligatoria la presenza in udienza, definita dalla legge come meramente facoltativa. Inoltre, siffatta proposizione eluderebbe l’affidamento che la parte ripone nello scrutinio preliminare della tempestività e dell’ammissibilità della memoria da parte dell’ufficio. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2. Nel merito, è indubbio che la memoria, a dispetto della sua tardività, sia stata considerata dal Tribunale. Di ciò vi è il riscontro documentale, costituito dal riferimento alla memoria (oltre che al ricorso) nel corpo motivazionale del provvedimento impugnato. A ciò si aggiunge che l’ordinanza del Tribunale ha valorizzato espressamente una specifica intercettazione puntualmente indicata (per la prima volta) nell’atto integrativo del pubblico ministero, incentrandovi il ragionamento diretto a sostanziare la perdurante condivisione negli affari illeciti tra la RAGIONE_SOCIALE ed il proprio consorte NOME COGNOME (pg.5). Si tratta della telefonata prog. 1223 del 22 giugno 2022 nel corso della quale l’odierna
indagata, parlando con il marito, ebbe a ricordargli come la rete dei rapporti da questi intessuti nel territorio calabrese dipendessero dalla indagata stessa.
Nell’ordinanza, tale spezzone intercettivo è stato valutato come un passaggio-chiave per smentire e superare l’impostazione adottata del Giudice per le indagini preliminari, che aveva ribadito come NOME COGNOME avesse dimostrato di svolgere in via esclusiva l’attività di impresa per mezzo dei due immobili oggi in contestazione.
Alla luce di tali emergenze, risulta perciò chiaro che, nell’ottica difensiva diretta a escludere l’ingerenza o l’interesse del marito nella gestione degli immobili, vi fosse un evidente interesse a confutare l’assunto accusatorio ed il nuovo elemento di prova sul quale lo stesso si fondava. Ne consegue che il mancato rispetto del termine previsto dall’art. 127, comma 2, cod. proc. pen., ha pertanto determinato un’illegittima compressione dei diritti della difesa, privata della possibilità di confutare, avendo a disposizione il tempo a essa concesso dalla legge, gli ulteriori elementi prodotti dal pubblico ministero in vis dell’udienza camerale.
Alla luce di quanto precede, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di Milano per nuovo giudizio. L’esame del secondo motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Milano competente ai sensi dell’ari. 324, comma 5, cod. proc. pen..
Così deciso il 15 ottobre 2024 Il Consi liere rel ore GLYPH
Il Prespente