Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 45646 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 45646 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/10/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a MESSINA il 30/06/1992
avverso l’ordinanza del 27/05/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Messina
vista la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
in procedimento a trattazione scritta.
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per la inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 27 maggio 2024 il Tribunale di Messina – costituito ai sensi dell’art.310 cod.proc.pen. – ha respinto l’appello proposto da NOME NOME avverso la decisione emessa dal GIP della medesima sede il 18 aprile del 2024.
In sintesi, viene esposto che il COGNOME Ł attualmente sottoposto alla misura cautelare di massimo rigore (custodia in carcere) e che in sede di decisione di primo grado – con rito abbreviato – Ł stata quantificata la pena in quella di anni tre e mesi quattro di reclusione.
Secondo la prospettazione della difesa vi sarebbe l’intenzione di non proporre impugnazione e ciò determinerebbe – in ipotesi – l’applicazione della particolare diminuente di cui all’art.442 comma 2 bis cod.proc.pen. . Da ciò la domanda di attenuazione del trattamento cautelare, posto che la pena ‘eseguibile’ diventerebbe inferiore a tre anni di reclusione.
Il Tribunale ritiene di non accogliere simile prospettiva, confermando la decisione del primo giudice ed afferma che: a) permangono inalterate le esigenze cautelari già poste a fondamento delle precedenti decisioni incidentali; b) non vi Ł alcun reale novum neanche sotto il profilo della
quantificazione della pena, posto che non può darsi ingresso a cio’ che risulta essere una mera valutazione prognostica sul mancato esercizio della facoltà di impugnazione, fatto ancora non verificatosi.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge COGNOME Salvatore. Il ricorso Ł affidato ad una unica deduzione, espressa in termini di violazione di legge.
Secondo il ricorrente la definizione del giudizio di primo grado nei termini prima evidenziati, in una con la prospettata volontà di non presentare impugnazione avrebbe dovuto imporre l’applicazione della previsione di cui all’art.275 comma 2 bis cod.proc.pen., lì dove si vieta il mantenimento della custodia in carcere in ipotesi di prevedibile ‘pena irrogata’ in misura inferiore a tre anni. Si tratta di un effetto premiale incidente sulla entità della sanzione, i cui effetti possono essere anticipati alla fase intercorrente tra l’emissione del dispositivo di sentenza e la scadenza del termine per proporre impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi addotti.
Ed invero, se da un lato Ł vero che la previsione di cui all’art. 275 comma 2 bis cod.proc.pen. impone la formulazione di una prognosi circa la probabile quantificazione della pena, Ł altrettanto vero che nel caso di specie la pena inflitta all’esito del giudizio (abbreviato) di primo grado risulta essere superiore al limite minimo dei tre anni.
La scelta dell’imputato di proporre o meno l’atto di impugnazione Ł estranea a simile giudizio prognostico (nŁ può basarsi una prognosi in tal senso su una mera prospettazione del difensore, trattandosi anche di una facoltà personale dell’imputato) e determina, in caso di avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, una riduzione della pena (pari ad un sesto) che, non a caso, viene ad essere applicata dal giudice della esecuzione, atteso che il termine per impugnare deve essere integralmente consumato e dunque una fase cognitiva non esiste piø.
Dunque Ł evidente che la pena da eseguire in concreto sarà, in caso di mancato esercizio della facoltà di impugnazione, inferiore a tre anni di reclusione, ma la produzione di simile effetto appartiene, per definizione, alla fase esecutiva e non piø a quella della cognizione e, peraltro, si ricollega alla libera volontà dell’imputato che potrebbe proporre l’atto di impugnazione anche l’ultimo giorno utile.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’ art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. .
Il Consigliere estensore COGNOME