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Difformità totale: quando l’abuso edilizio è grave

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10238 del 2024, ha confermato la condanna per due soggetti che avevano realizzato una serie di interventi edilizi sul proprio immobile. La Corte ha stabilito che, nonostante la presenza di alcuni titoli abilitativi, l’insieme delle opere (tra cui la chiusura di un portico, la modifica d’uso di un garage e aumenti volumetrici) costituiva una ‘difformità totale’ rispetto al progetto autorizzato, creando di fatto un organismo edilizio nuovo e diverso. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile, in quanto la valutazione degli abusi deve essere unitaria e non parcellizzata, e la gravità delle opere escludeva l’applicazione della particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Difformità Totale: Quando la Ristrutturazione si Trasforma in un Grave Abuso Edilizio

Nel mondo dell’edilizia, il confine tra una modifica lecita e un abuso può essere sottile. Tuttavia, quando la somma di più interventi trasforma radicalmente un immobile, si entra nel campo della difformità totale, un reato che la Corte di Cassazione ha recentemente analizzato con la sentenza n. 10238/2024. Questo provvedimento chiarisce un principio fondamentale: le opere edilizie non vanno giudicate singolarmente, ma nel loro impatto complessivo sull’edificio, il cosiddetto ‘organismo edilizio’.

I Fatti del Caso: una Trasformazione Radicale

Il caso riguarda i proprietari di un immobile che, pur in possesso di alcuni permessi, hanno realizzato una serie di lavori che hanno stravolto il progetto originale. Tra gli interventi contestati figuravano:

* La chiusura di un portico per creare una cucina.
* La modifica della destinazione d’uso del garage, trasformandolo in un’area residenziale.
* La realizzazione di un nuovo ripostiglio con aumento di volume.
* La costruzione di un manufatto aggiuntivo al piano terra, adibito a terrazzo.
* La sostituzione di una scala retrattile con una in cemento armato e l’aggiunta di nuove finestre.

I proprietari, condannati in primo e secondo grado, hanno presentato ricorso in Cassazione sostenendo che si trattasse di difformità parziali e che i giudici non avessero adeguatamente considerato l’impatto sul carico urbanistico.

La Questione Giuridica: Difformità Totale o Parziale?

Il cuore della controversia legale risiede nella distinzione tra ‘difformità parziale’ e ‘difformità totale’. La difesa sosteneva che, avendo dei permessi, le modifiche apportate rientrassero in una non conformità parziale. La Procura e le corti di merito, invece, hanno ritenuto che l’insieme delle opere avesse dato vita a un organismo edilizio completamente diverso da quello autorizzato, configurando così il più grave reato di difformità totale.

Il Principio della Valutazione Unitaria

La Cassazione ha respinto il ricorso, ribadendo un principio consolidato: la valutazione dell’opera deve essere unitaria. Non è corretto ‘parcellizzare’ l’intervento e analizzare ogni singola modifica in isolamento. Ciò che conta è il risultato finale. Se la somma degli interventi crea un immobile con caratteristiche tipologiche, volumetriche e funzionali diverse da quelle assentite, si è di fronte a un’opera aliud pro alio (una cosa per un’altra).

Il Rigetto della Particolare Tenuità del Fatto

Gli imputati avevano anche richiesto l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). La Corte ha respinto anche questa richiesta, motivando che l’entità complessiva delle opere realizzate era tale da escludere in radice la possibilità di considerare l’offesa come ‘tenue’. La trasformazione era stata così significativa da avere un impatto rilevante sul territorio.

Le Motivazioni della Sentenza sulla Difformità Totale

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione di inammissibilità del ricorso basandosi su argomenti chiari e rigorosi. In primo luogo, il ricorso è stato giudicato generico, in quanto si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza introdurre nuovi elementi critici. Nel merito, i giudici hanno confermato che la valutazione dei tribunali inferiori era corretta. Le opere realizzate non erano semplici modifiche, ma un insieme di interventi che, nel loro complesso, avevano generato:

1. Un consistente esubero volumetrico: l’aumento di volume abitabile era significativamente superiore a quello previsto dal progetto.
2. Una modifica qualitativa: la chiusura del portico e la realizzazione di nuove strutture hanno alterato la fisionomia dell’edificio.
3. Una modifica funzionale: il cambio di destinazione d’uso del garage da accessorio a residenziale ha aumentato il carico urbanistico.

Questi elementi, visti unitariamente, hanno portato alla creazione di un organismo edilizio con ‘autonomia e novità’, sia sul piano costruttivo che su quello economico-sociale. Pertanto, si è correttamente configurata l’ipotesi di difformità totale, che si verifica quando si costruisce un ‘aliud pro alio’, un bene concretamente diverso da quello per cui si era ottenuta l’autorizzazione.

Le Conclusioni

La sentenza n. 10238/2024 della Cassazione offre un importante monito a chiunque intraprenda lavori di ristrutturazione. Non è sufficiente avere un permesso di costruire se poi, nella pratica, si realizza qualcosa di sostanzialmente diverso. La valutazione della legittimità di un’opera edilizia avviene guardando al risultato finale nella sua interezza. Una serie di modifiche, anche se considerate ‘minori’ se prese singolarmente, possono sommarsi fino a costituire un abuso grave, punito penalmente con sanzioni severe, inclusa la demolizione. La decisione sottolinea l’importanza di attenersi scrupolosamente ai progetti approvati per evitare di incorrere nel reato di costruzione in difformità totale.

Quando una serie di lavori edilizi viene considerata in ‘difformità totale’ dal permesso di costruire?
Quando l’insieme degli interventi, valutati unitariamente, porta alla realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso da quello autorizzato per caratteristiche tipologiche, plano-volumetriche o di utilizzazione. In sostanza, si crea un’opera che è ‘aliud pro alio’, ovvero una cosa per un’altra.

È possibile valutare separatamente i singoli interventi edilizi per determinare la loro legalità?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che la valutazione dell’attività edificatoria deve essere condotta nella sua unitarietà. Non è possibile considerare separatamente i singoli componenti, ma bisogna guardare al risultato complessivo dell’intervento per stabilire se questo rientri o meno nel titolo abilitativo.

La modifica della destinazione d’uso di una parte dell’immobile, come da garage a residenziale, può configurare la difformità totale?
Sì. La modifica funzionale, come il cambio di destinazione d’uso, specialmente se accompagnata da altre modifiche qualitative e da un aumento di volume, è un elemento chiave che contribuisce a configurare la difformità totale. Questo perché incide sul carico urbanistico e trasforma la natura stessa dell’immobile autorizzato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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