Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 25833 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 25833 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 16/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 07/07/2004
avverso l’ordinanza del 28/02/2025 del TRIB. LIBERTA’ di Napoli Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con provvedimento del 28 febbraio 2025, il Tribunale di Napoli, quale giudice del riesame, annullava l’ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere disposta dal Gip del medesimo Tribunale (con provvedimento del 22 gennaio 2025, depositato il 10 febbraio 2025) nei confronti di NOME COGNOME limitatamente al capo 38 della rubrica ascrittogli ai sensi degli artt. 74 d.P.R. n. 309/1990 e 416 bis 1 cod. pen., confermando la stessa in relazione alla contestata (al capo 37) partecipazione al sodalizio camorristico dei ‘Cipolletta’, attivo in Pomigliano D’Arco (dal novembre 2023 in permanenza attuale) e ad alcuni reati fine, fra cui un tentato omicidio (capo 26), la detenzione, il porto e la ricettazione di armi da fuoco anche modificate (capi 27, 29, 30, 31 e 32).
Propone ricorso l’indagato, a mezzo del proprio difensore Avv. NOME COGNOME deducendo, con l’unico motivo, la violazione di legge ed in particolare dell’art. 309 comma 9 bis cod. proc. pen. per il mancato accoglimento da parte del Tribunale del riesame dell’istanza di differimento dell’udienza di discussione davanti al medesimo.
Al difensore era stato notificato l’avviso di fissazione dell’udienza del 28 febbraio 2025 il precedente 24 febbraio.
Il successivo 25 febbraio, il difensore aveva inviato istanza di differimento fondata sui seguenti motivi:
solo il 24 febbraio gli era stata comunicata la disponibilità dei file audio delle intercettazioni e solo il 26 erano stati posti a disposizione i file video;
il difensore aveva conferito incarico ad un proprio consulente al fine di trascrivere le conversazioni intercettate, dandogli termine entro il 6 marzo.
L’istanza era stata tuttavia rigettata dal Tribunale osservando che, dallo stesso tenore della medesima, si era compreso che il difensore era venuto, comunque a conoscenza degli atti di causa (e del contenuto delle intercettazioni oltre che dei file audio).
Una decisione errata posto che la giurisprudenza di legittimità aveva chiarito come il differimento dell’udienza costituisse un diritto del destinatario della misura cautelare personale (Cass. n. 13049/2016 e 12556/2016), quando, come nel caso di specie, siano evidenti le ragioni costituenti il ‘giustificato motivo’ previsto dalla norma.
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha inviato requisitoria scritta con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto nell’interesse del prevenuto non merita accoglimento.
L’art. 309 cod. proc. pen., sul ‘ riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva ‘, al comma 9 bis (introdotto dall’art. 11, comma 4, L. 16 aprile 2015, n. 47), prevede che:
‘s u richiesta formulata personalmente dall’imputato entro due giorni dalla notificazione dell’avviso, il tribunale differisce la data dell’udienza da un minimo di cinque ad un massimo di dieci giorni se vi siano giustificati motivi. In tal caso il termine per la decisione e quello per il deposito dell’ordinanza sono prorogati nella stessa misura ‘.
Questa Corte ha ritenuto, con orientamento ermeneutico prevalente (Sez. 1, n. 6360 del 12/10/2022, dep. 2023, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 284355 -01; Sez. 6, n. 12556 del 03/03/2016, Casieri, Rv. 267207 -01; Sez. 6, n. 13049 del 03/03/2016, COGNOME, Rv. 266189 -01; Sez. 2, n. 22961 del 31/05/2022, COGNOME, Rv. 283408 – 01) come la decisione con la quale il Tribunale del riesame rigetta l’istanza di differimento della data dell’udienza, presentata ai sensi dell’art. 309 comma nono bis cod. proc. pen., non è impugnabile, fatta eccezione per le ipotesi in cui la stessa sia nulla per carenza assoluta di motivazione ovvero presenti una motivazione solo apparente.
Peraltro, l’unica pronuncia che si discosta da tale orientamento è nel senso della assoluta non impugnabilità della decisione visto che in Sez. 2, n. 35659 del 27/06/2018, COGNOME, Rv. 273601 -01 si afferma che la decisione con la quale il Tribunale del riesame rigetta l’istanza di rinvio della data dell’udienza, presentata ai sensi dell’art. 309, comma 9-bis, cod. proc. pen., non è impugnabile perché rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito e il difetto di specifica motivazione non può essere fatto valere come causa di nullità non rientrando il decreto di diniego tra i provvedimenti richiamati dall’art. 125, comma 3, cod. proc. pen.
Aderendo questo Collegio al primo orientamento (trattandosi, quella di rinvio dell’udienza su istanza della difesa, di decisione che incide sui diritti della medesima e che di conseguenza necessita di una motivazione sulla sussistenza di quei ‘giustific ati motivi’ che la norma prevede al fine della sua concessione), deve verificarsi se la motivazione del Tribunale al riguardo sia assente o meramente apparente, assurgendo così al vizio di violazione di legge previsto dall’art. 125 cod. proc. pen.
Ed allora si deve osservare come il Tribunale avesse respinto l’istanza con apposita ordinanza, ritenendo che la stessa non fosse sorretta dai necessari giustificati motivi, posto che era emerso che la difesa era già venuta a conoscenza sia delle conversazioni intercettate sia dei file-audio, non potendo così richiedere che si attendessero anche gli
esiti della disposta consulenza, anche considerando che non si erano precisate le eventuali discrasie fra l’ascolto diretto e quanto già trascritto.
Rendendo così, il Tribunale per il riesame, una motivazione, sul diniego del rinvio dell’udienza, che non può certo definirsi assente o meramente apparente.
Ne consegue l’infondatezza dell’odierno ricorso.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, in Roma il 16 giugno 2025.