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Differenza peculato truffa: la Cassazione chiarisce

Un dipendente comunale, addetto alle prenotazioni per le carte d’identità, incassava indebitamente i diritti di segreteria. La Corte di Cassazione ha chiarito la differenza peculato truffa, qualificando il reato come truffa aggravata e non peculato, poiché il possesso del denaro è stato ottenuto con l’inganno e non in ragione delle sue funzioni. Il ricorso del Pubblico Ministero è stato pertanto rigettato.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Differenza Peculato Truffa: La Cassazione sul Dipendente Infedele

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44074 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale della Pubblica Amministrazione: la differenza peculato truffa. Il caso esaminato riguarda un dipendente comunale che si era appropriato di somme versate dai cittadini, facendo sorgere il dubbio sulla corretta qualificazione del reato. La decisione della Suprema Corte offre un’analisi chiara e precisa dei criteri distintivi tra queste due figure criminose, con importanti conseguenze pratiche.

I Fatti del Caso

Un impiegato di un Comune, addetto a fornire supporto ai cittadini per la prenotazione online degli appuntamenti per il rilascio della carta d’identità elettronica, aveva ideato un sistema illecito per arricchirsi. Invece di limitarsi a fissare l’appuntamento, induceva gli utenti a pagargli direttamente i diritti di segreteria, pari a 23 euro, rilasciando una ricevuta priva di qualsiasi valore fiscale, siglata da lui stesso.

La procedura corretta, invece, prevedeva che il pagamento avvenisse solo al momento del rilascio del documento, presso gli uffici anagrafici e a funzionari abilitati a maneggiare denaro pubblico. In questo modo, il dipendente si è appropriato di circa 3.000 euro, sottraendoli alle casse comunali. Scoperto l’ammanco, l’amministrazione aveva disposto che i cittadini in possesso della ricevuta irregolare potessero comunque ottenere la carta d’identità, per non creare ulteriori disagi.

Il Percorso Giudiziario e la Differenza Peculato Truffa

Inizialmente, l’accusa mossa al dipendente era di peculato continuato. Tuttavia, il Tribunale di primo grado aveva operato una riqualificazione giuridica del fatto, configurandolo come truffa aggravata e continuata. La conseguenza di questa riqualificazione è stata decisiva: poiché per il reato di truffa è necessaria la querela della persona offesa (in questo caso i singoli cittadini tratti in inganno), e non essendo state presentate querele, il giudice ha dichiarato il non doversi procedere.

Il Procuratore della Repubblica ha impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse errato. Secondo l’accusa, sussistevano tutti gli elementi del peculato, in quanto l’impiegato, approfittando della sua posizione pubblica, si era inserito nel procedimento amministrativo, acquisendo il possesso del denaro.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del Procuratore, confermando la correttezza della decisione del Tribunale e delineando con precisione la differenza peculato truffa.

Il punto centrale, secondo gli Ermellini, risiede nel modo in cui il soggetto agente acquista la disponibilità del bene.

Nel peculato (art. 314 c.p.), il pubblico ufficiale ha già il possesso o la disponibilità del denaro o del bene per ragione del suo ufficio o servizio. L’azione illecita consiste nell’appropriarsene, tradendo la fiducia che l’ordinamento gli ha accordato. Il possesso è quindi il presupposto legittimo del reato.
Nella truffa aggravata (art. 640 c.p.), il pubblico ufficiale non ha la disponibilità del bene. Egli se la procura attraverso un’attività ingannatoria (artifici e raggiri) che induce la vittima in errore e la spinge a consegnargli il bene. L’impossessamento è l’effetto, la conseguenza diretta dell’inganno.

Nel caso di specie, l’impiegato non aveva tra le sue mansioni quella di incassare i diritti di segreteria. Il suo era un ruolo meramente informativo e di supporto alla prenotazione. Non aveva alcun potere di maneggiare denaro pubblico. Ha ottenuto le somme solo perché, con il suo comportamento fraudolento, ha indotto in errore i cittadini, convincendoli a pagare in un momento e con modalità non previste. Il suo possesso del denaro non era quindi un presupposto funzionale, ma una conseguenza della sua condotta illecita. Di conseguenza, il reato commesso è correttamente qualificato come truffa aggravata.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: per distinguere tra peculato e truffa aggravata ai danni dello Stato, è necessario analizzare il rapporto funzionale tra il pubblico ufficiale e il bene. Se il possesso del bene è una prerogativa legittima legata all’ufficio, l’appropriazione integra il peculato. Se, invece, il possesso viene conseguito tramite l’inganno, si configura il reato di truffa. Questa distinzione non è un mero esercizio teorico, ma ha conseguenze procedurali determinanti, come la necessità della querela di parte per la procedibilità dell’azione penale nel caso della truffa, che può portare, come in questo caso, alla chiusura del procedimento.

Quando la condotta di un dipendente pubblico che si appropria di denaro è peculato e quando è truffa?
Si ha peculato quando il dipendente ha già il possesso legittimo del denaro in ragione delle sue funzioni e se ne appropria. Si ha truffa, invece, quando il dipendente non ha la disponibilità del denaro e se la procura inducendo la vittima in errore con inganni e raggiri.

Perché in questo caso specifico non è stato riconosciuto il reato di peculato?
Perché il dipendente comunale non aveva tra le sue mansioni quella di incassare denaro. Il suo ruolo era solo di supporto informativo per le prenotazioni. Ha ottenuto il possesso delle somme esclusivamente attraverso un’attività ingannatoria, convincendo i cittadini a pagarlo indebitamente.

Qual è la conseguenza pratica della riqualificazione del reato da peculato a truffa?
La conseguenza principale è la diversa condizione di procedibilità. Il peculato è un reato procedibile d’ufficio, mentre la truffa (salvo specifiche aggravanti non contestate nel caso di specie) richiede la querela della persona offesa. In assenza di querele da parte dei cittadini ingannati, il procedimento penale per truffa non può proseguire e deve essere archiviato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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