Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 44074 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 44074 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica di Rovigo nel procedimento a carico di COGNOME NOMECOGNOME nato il 30/07/1956 a Frassinelle Polesine avverso la sentenza del 07/03/2024 del Tribunale di Rovigo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME sentito il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata; sentito l’avvocato NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Rovigo, previa riqualificazione giuridica del fatto contestato a NOME COGNOME da peculato continuato a truffa continuata, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato per mancanza di querela.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Rovigo articolando un unico motivo di ricorso con il quale deduce violazione di legge in quanto la sentenza impugnata ha erroneamente riqualificato il fatto contestato come truffa nonostante sussistessero tutti gli elementi costitutivi del delitto di peculato nei termini indicati dalla giurisprudenza di legittimità (Sez 6, n. 21986 del 21/03/2023, Rv. 285638).
Infatti, l’imputato, in qualità di impiegato del Comune di Rovigo, addetto a fornire supporto ai cittadini per prenotare l’appuntamento per l’emissione della carta di identità elettronica, si è inserito nel procedimento di formazione della volontà amministrativa riscuotendo indebitamente i diritti di segreteria, senza che rilevi che il denaro fosse stato acquisito in violazione delle disposizioni organizzative dell’ufficio di appartenenza dell’agente.
Peraltro, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, innanzitutto la falsa ricevuta di pagamento rilasciata dall’imputato è stata redatta in un momento successivo al conseguimento della disponibilità del denaro; inoltre, non vi è stato alcun artificio o raggiro nei confronti dei privati in quanto funzionario si è interposto nel meccanismo di riversamento degli importi nelle casse comunali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
La condotta illecita tenuta da NOME COGNOME per come accertata dai giudici di merito, è stata quella di essersi appropriato della somma di euro 23 da parte di 131 utenti degli Uffici del Comune di Rovigo che rivoltisi a lui quale addetto alle prenotazioni in via telematica degli appuntamenti, per il rilascio della carta d’identità, oltre a ricevere la stampa della data dell’appuntamento e l’indicazione dei documenti da esibire all’ufficio anagrafe, avevano pagato indebitamente nelle sue mani i diritti di segreteria, ottenendo una ricevuta, da lui siglata, priva d
qualsiasi valore, anziché versarli agli addetti ai servizi demografici che rivestivano la qualità di agenti contabili.
In tal modo, COGNOME si era appropriato di circa 3000 euro, destinati alle casse comunali quali diritti di segreteria, restituendone la metà solo una volta convocato dal Segretario generale del Comune e saputo dell’apertura di un procedimento amministrativo relativo agli ammanchi.
Peraltro, la dirigente del Comune di Rovigo, NOME COGNOME, scoperto l’indebito incasso del denaro da parte del dipendente dell’ufficio relazioni con il pubblico, il 22 novembre 2021 aveva emanato un ordine di servizio, in accordo con il segretario generale e la dirigente delle risorse finanziarie del Comune, con il quale aveva disposto che chi aveva già pagato 23 euro a Previati, esibendo la ricevuta con la sua sigla, avrebbe potuto ottenere comunque il rilascio della carta d’identità. Questo provvedimento, definito dal Tribunale contra legem, aveva determinato il mancato introito nelle casse comunali della somma non restituita dal pubblico dipendente pari a 1.513 euro.
Alla luce di questa cornice fattuale, rimasta sostanzialmente non contestata, il Tribunale ha qualificato la condotta di COGNOME quale truffa aggravata continuata, ai sensi degli artt. 81, 640 e 61, n. 9, cod. pen., in quanto: a) aveva indotto in errore i cittadini richiedendo loro indebitamente di pagare i diritti segreteria al momento della prenotazione dell’appuntamento e non, come previsto, al momento del rilascio del documento presso l’ufficio anagrafe; b) non aveva, né formalmente né per prassi, il potere di maneggiare il denaro pubblico, potendo solo rilasciare indicazioni ai cittadini.
In sostanza, il Tribunale, nell’escludere il delitto di peculato, ha valorizzato sia l’assenza di un legame funzionale tra l’attività meramente informativa svolta da COGNOME e la disponibilità delle somme fraudolentemente acquisite con artifici e raggiri, sia l’avvenuta consegna del denaro in una fase prodromica del procedimento amministrativo in cui le somme non avrebbero dovuto entrare nelle casse comunali, richiedendosi prima il deposito di tutti i documenti, così da non potere determinare alcun danno alla Pubblica amministrazione tanto da escludere anche l’ipotesi criminosa della truffa ai danni dello Stato (pag. 23).
2.2. Con gli argomenti esposti, la sentenza impugnata, in forza dei fatti accertati, del momento in cui è stata corrisposta la somma di denaro da parte degli utenti tratti in errore da COGNOME e dell’occasionalità del ruolo da questi ricopert si pone, correttamente, nell’alveo dell’orientamento di questa Corte secondo il quale il peculato è integrato non da qualsiasi forma di appropriazione realizzata dal pubblico ufficiale, ma solo da quella che abbia ad oggetto denaro o cose di cui questi abbia la disponibilità diretta e rispetto alle quali egli abbia un «potere d
firma» (Sez. 6, n. 4055 del 02/03/2021, Rv. 282742). In sostanza, l’art. 314 cod. pen. sanziona il tradimento della fiducia di colui al quale l’ordinamento ha conferito la possibilità di disporre in autonomia del denaro o della cosa affidatagli e che abbia abusato della sua funzione.
A fronte di procedimenti complessi, che vedono il frazionamento tra più persone fisiche, risponde del delitto di peculato il pubblico agente che abbia il possesso e la disponibilità del denaro, per determinati fini istituzionali, come antecedente della condotta illecita, mentre nella truffa l’impossessamento della cosa è solo l’effetto degli artifici e raggiri. Ciò che differenzia le due fig criminose è il modo con il quale il funzionario infedele acquista il possesso (materiale o giuridico) del denaro oggetto del reato perché nel peculato il presupposto è costituito dall’averne legittimamente la disponibilità, per ragione dell’ufficio o del servizio, facilitandone la sua successiva appropriazione, anche se con forme di fraudolenza, fatte sempre salve ulteriori ipotesi di reato eventualmente concorrenti; mentre nella truffa aggravata il momento consumativo coincide con l’ottenimento del possesso quale diretta conseguenza dell’inganno (Sez. 6, n. 34517 del 05/07/2023, Rv. 285176; Sez. 6, n. 21986 del 21/03/2023, Rv. 285638).
E’ pur vero, come sostenuto dal ricorrente, che, ai fini della configurabilità del delitto di peculato, il possesso qualificato può derivare anche dall’esercizio di fatto o arbitrario di funzioni che permettono di maneggiare od avere la disponibilità materiale del bene, senza che rilevi il rispetto o meno delle disposizioni organizzative dell’ufficio, ma l’ orientamento di questa Corte esclude il caso, sussistente nella specie, in cui il possesso sia meramente occasionale ovvero dipenda da evento fortuito o legato al caso (Sez. 6, n. 11741 del 27/01/2023, Abbondanza, Rv. 284578).
Dagli argomenti che precedono consegue il rigetto del ricorso.
P.Q.M
Rigetta il ricorso .
Così deciso il 7 novembre 2024
La Consigliera estensora
Il residente