Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4588 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4588 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PARMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/02/2023 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, il quale, riportandosi alle conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO. ssa NOME COGNOME, ha chiesto pronunciarsi il rigetto del ricorso.
udito il difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, il quale si è riportato ai motivi di ricorso e ha insistito per l’accoglimento dello stesso.
Ritenuto in fatto
È oggetto di ricorso la sentenza della Corte d’appello di Trieste che ha confermato, per quel che rileva in questa sede, il giudizio di condanna reso in primo grado nei confronti di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 595, terzo comma, cod. pen., per aver offeso la reputazione di NOME COGNOME, attraverso la pubblicazione di un articolo, sul quotidiano “Il Piccolo” di Trieste, in cui si affermava che, nell’ambito di un’indagine concernente il Sig. NOME COGNOME, era avvenuta una perquisizione presso la sua abitazione sita in Sistiana, che aveva condotto al sequestro di svariati quantitativi di hashish e di cocaina, fatto risultato non veritiero. La persona offesa NOME COGNOME sporgeva dunque querela per diffamazione, dichiarando di essere la compagna dell’NOME COGNOME citato nell’articolo di stampa, nonché convivente con lo stesso; la signora dichiarava anche che nella sua casa di Sistiana, mai sottoposta a perquisizione, non erano state mai rinvenute sostanze stupefacenti.
Avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, AVV_NOTAIO, affidando le proprie censure ad un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., col quale lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte territoriale ravvisato, nella condotta dell’imputato, gli estremi del reato di diffamazione, malgrado dal testo delle espressioni incriminate non fosse possibile riconoscere in alcun modo la persona offesa. La riconoscibilità del soggetto che si ritiene diffamato, ricorda la difesa, deve pur sempre emergere dall’espressione asseritamente diffamatoria, ciò che non ricorre nel caso di specie. Nell’articolo di stampa, infatti, si faceva riferimento soltanto al nome dell’indagato; il rapporto di frequentazione e/o di convivenza tra la persona indagata, nominata nell’articolo, e la persona offesa, NOME COGNOME, non costituiva un dato notorio, né altri fatti o circostanze di diffusa conoscenza consentivano di risalire dalle espressioni utilizzate nell’articolo alla persona offesa. La motivazione dell’impugnata sentenza sarebbe pertanto carente, non avendo i Giudici dell’appello esplicato né le ragioni in base alle quali si è ritenuto che il soggetto passivo dell’ascritto reato fosse oggettivamente riconoscibile da un numero indeterminato di persone, né il motivo per cui il rapporto tra persona offesa e il sig. COGNOME sia stato considerato alla stregua di un fatto notorio.
All’udienza si è svolta trattazione orale del ricorso. Il Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, riportandosi alle conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO. ssa NOME COGNOME, ha chiesto pronunciarsi il rigetto del
ricorso, attesa l’infondatezza del primo motivo e la manifesta infondatezza del secondo motivo (relativo, quest’ultimo, al lamentato vizio di motivazione dell’impugnata sentenza, qui riportato sub 2 del “ritenuto in fatto”). La difesa dell’imputato, AVV_NOTAIO, ha insistito per l’accoglimento del ricorso, riferendosi ai motivi ivi formulati.
Considerato in diritto
1. L’unico motivo di ricorso è infondato, non ravvisando il Collegio, nella motivazione dell’impugnata sentenza, né i profili di illegittimità o di erronea interpretazione della legge penale, né i vizi dell’iter argomentativo dedotti dalla difesa. Risultano, invero, correttamente applicati alle peculiarità del caso di specie i principi elaborati da questa Corte in tema di diffamazione, secondo cui «non osta all’integrazione del reato di diffamazione l’assenza di indicazione nominativa del soggetto la cui reputazione è lesa, se lo stesso sia ugualmente individuabile sia pure da parte di un numero limitato di persone» (Sez. 5, n. 7410 del 20/12/2010, dep. 2011, A., Rv. 249601 – 01; Sez. 5, n. 2784 del 21/10/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262681 – 01; Sez. 6, n. 2598 del 06/12/2021, dep. 2022, F., Rv. 282679 – 01).
All’eccezione del ricorrente, imperniata sul tema della mancata riconoscibilità del soggetto passivo del reato ascritto, la Corte territoriale ha esaustivamente replicato, chiarendo i motivi per cui, dall’articolo a firma dell’imputato, fosse agevole individuare la persona offesa. Sebbene il nome della persona offesa, in quell’articolo di stampa, non venisse citato, venivano tuttavia indicati il nome e il cognome dell’indagato (compagno della persona offesa, come spiegato da quest’ultima al momento della presentazione della denuncia-querela), l’età e la cittadinanza dello stesso e, infine, il luogo (Sistiana) in cui sarebbe avvenuta la perquisizione e il sequestro di sostanze stupefacenti (in realtà avvenuti in un appartamento di Trieste). In seguito alla pubblicazione dell’articolo -ha poi ricordato la Corte territoriale- più persone (amici, conoscenti, commercianti del piccolo centro di residenza della persona offesa e del suo compagno) avevano chiesto ad NOME COGNOME contezza del fatto riportato sul quotidiano, come testimoniato dalla persona offesa e da altre persone.
Orbene, poste tali premesse, la Corte territoriale ha ragionevolmente ritenuto, sulla base delle informazioni pubblicate nell’articolo del COGNOME e delle dichiarazioni rese dai testi, che la persona offesa – non monade irrelata, bensì persona inserita nel tessuto sociale e lavorativo del piccolo centro di Sistiana fosse certo riconoscibile in quanto compagna di NOME COGNOME, col quale, peraltro, conviveva.
Coerentemente con l’attitudine individualizzante degli elementi sopra ricordati (cfr. Sez. 5, n. 8208 del 10/01/2022, COGNOME, Rv. 282899-01), la Corte territoriale ha giudicato -con motivazione corretta sia in punto di diritto sia di logica argomentativa- senz’altro lesiva della reputazione della persona offesa la notizia del tutto falsa- del sequestro di svariati chili di cocaina e hashish presso la sua abitazione in Sistiana.
Il ricorso si caratterizza, infine, per la genericità di taluni assunti (quali l’asserita -e non altrimenti argomentata- inverosimiglianza del rapporto sentimentale tra la persona offesa e “lo spacciatore”: p. 4 del ricorso; o l’idea che una convivenza, al contrario del matrimonio, possa essere solo “limitatamente” p. 5 del ricorso- di dominio pubblico: gioverà ricordare che risvolti pubblicistici sono stati assicurati alle convivenze di fatto finanche dal legislatore italiano, con I. n. 76 del 20/05/2016) che, lungi dal rafforzare le tesi esposte, le deprivano definitivamente di persuasività.
Il Collegio rigetta, pertanto, il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, in data 1/12/2023
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Il Consigliere estensore
Il Presidente