Difensore non abilitato: quando il ricorso in Cassazione è nullo
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, una fase delicata che richiede la massima perizia tecnica. Un requisito fondamentale, spesso dato per scontato, è che l’atto sia presentato da un difensore non abilitato sarebbe un errore fatale. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito la rigidità di questa regola, dichiarando un ricorso inammissibile e condannando il ricorrente a severe conseguenze economiche. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.
Il caso in esame: da appello a ricorso inammissibile
La vicenda processuale ha origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Marsala per un reato previsto dalla legge sulle armi. Contro questa decisione, veniva proposto un appello. La Corte di Appello di Palermo, tuttavia, rilevava che il gravame doveva essere qualificato come ricorso per Cassazione e, con un’ordinanza, disponeva la trasmissione degli atti alla Suprema Corte.
Giunto al vaglio della Cassazione, il ricorso è stato però immediatamente bloccato. La Corte ha infatti rilevato un vizio insanabile: l’atto era stato proposto da un avvocato non iscritto all’albo speciale dei patrocinanti presso le giurisdizioni superiori. Di conseguenza, il difensore non era legittimato a presentare il ricorso.
La decisione della Cassazione e il difetto di legittimazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso de plano, ovvero senza nemmeno procedere alla discussione nel merito. La base giuridica di tale decisione risiede nell’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, che consente una pronuncia immediata quando l’inammissibilità è evidente dagli atti.
Il punto centrale è che la rappresentanza tecnica davanti alla Cassazione è riservata a una categoria specifica di legali. L’aver presentato un ricorso tramite un difensore non abilitato costituisce un difetto di legittimazione del proponente, un vizio che inficia l’atto alla radice.
Le motivazioni
La Corte ha spiegato che il principio di conservazione del mezzo di impugnazione, previsto dall’art. 568, comma 5, c.p.p., non può operare in questo caso. Tale principio permette di ‘salvare’ un atto qualificato erroneamente (ad esempio, un appello che doveva essere un ricorso), convertendolo nella forma corretta. Tuttavia, la sua applicazione non può mai derogare alle norme che disciplinano i requisiti essenziali di ciascuna impugnazione, tra cui la legittimazione del difensore. Citando una precedente pronuncia delle Sezioni Unite, la Corte ha ribadito che le regole formali e sostanziali dei diversi tipi di impugnazione sono inderogabili.
Di conseguenza, alla dichiarazione di inammissibilità è seguita l’applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha ritenuto che non vi fossero elementi per escludere la colpa del ricorrente nella causazione dell’inammissibilità, seguendo un principio consolidato dalla Corte Costituzionale.
Le conclusioni
Questa ordinanza offre un monito cruciale: la scelta del difensore per un ricorso in Cassazione non è un dettaglio, ma un presupposto essenziale per l’ammissibilità stessa dell’impugnazione. Affidarsi a un avvocato non iscritto all’albo speciale per le giurisdizioni superiori equivale a presentare un atto nullo, che verrà respinto senza alcuna valutazione di merito. Le conseguenze non sono solo la perdita della possibilità di far valere le proprie ragioni, ma anche un esborso economico significativo a titolo di spese e sanzioni. È quindi fondamentale, per chiunque intenda adire la Suprema Corte, verificare attentamente le qualifiche del proprio legale per evitare esiti processuali definitivi e pregiudizievoli.
Un appello può essere convertito in ricorso per Cassazione?
Sì, un giudice può riqualificare un mezzo di impugnazione presentato erroneamente (da appello a ricorso), ma l’atto deve comunque possedere tutti i requisiti formali e sostanziali del mezzo corretto in cui viene convertito.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile nonostante fosse stato ‘convertito’ dalla Corte d’Appello?
Perché è stato proposto da un difensore non abilitato a patrocinare davanti alle giurisdizioni superiori, come la Corte di Cassazione. Questo è un difetto di legittimazione che rende l’atto insanabile, a prescindere dalla sua qualificazione giuridica.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente se l’impugnazione è inammissibile per colpa?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende, poiché la causa di inammissibilità è riconducibile a una sua negligenza, come la scelta di un legale non qualificato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9172 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9172 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MODICA il 08/01/2000
avverso la sentenza del 27/01/2023 del TRIBUNALE di Marsala
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti;
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata;
Rilevato che è stato proposto appello – poi riqualificato in ricorso per cassazione, con ordinanza della Corte di appello di Palermo del 24/10/2024 avverso sentenza del Tribunale di Marsala, che aveva condannato NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 4 legge 18 aprile 1975, n. 110;
Ritenuto che il ricorso vada dichiarato inammissibile de plano, a norma dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n. 103 del 2017, in quanto proposto da soggetto non legittimato, in particolare da difensore non abilitato alla difesa presso le giurisdizioni superiori, a nulla rilevando che esso sia stato impropriamente prospettato con la veste formale dell’appello; il principio di conservazione del mezzo di impugnazione, di cui all’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., non può in nessun caso consentire, infatti, di derogare alle norme che formalmente e sostanzialmente – disciplinano i diversi tipi di impugnazione (Sez. U, n. 31297 del 28/04/2004, COGNOME, Rv. 228119);
Ritenuto che alla dichiarazione di inammissibilità debba conseguire, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000), anche al versamento – in favore della Cassa delle ammende – di una sanzione Pecuniaria che pare congruo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2025.