LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Difensore latitante: la nomina del parente è valida?

La Corte di Cassazione ha stabilito che la nomina del difensore per un latitante effettuata da un familiare non è valida. Tale facoltà è un’eccezione riservata solo ai casi di arresto o detenzione e non è estendibile per analogia. Secondo la Corte, il diritto di difesa non è violato, in quanto il soggetto che si sottrae volontariamente alla giustizia ha la possibilità di nominare autonomamente un legale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 9 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Nomina del Difensore Latitante: la Parola alla Cassazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un’importante questione procedurale: un familiare può nominare un difensore per un latitante? La risposta della Suprema Corte, in linea con il suo orientamento prevalente, è negativa e offre spunti cruciali sull’interpretazione restrittiva delle norme eccezionali e sulla tutela del diritto di difesa.

I Fatti del Caso: una Nomina Contestata

Il caso trae origine dal ricorso presentato dall’avvocato di un uomo dichiarato latitante. Il legale era stato nominato dalla madre dell’indagato. Sulla base di tale nomina, l’avvocato aveva presentato un’istanza di riesame contro un’ordinanza restrittiva. Il Tribunale di Roma, tuttavia, aveva dichiarato l’istanza inammissibile proprio perché proveniva da un difensore non nominato personalmente dall’interessato, ma da un suo prossimo congiunto.

Secondo il Tribunale, la facoltà dei familiari di nominare un difensore, prevista dall’articolo 96, comma 3, del codice di procedura penale, è una norma eccezionale applicabile solo quando la persona è stata arrestata, fermata o si trova in custodia cautelare, e non può essere estesa per analogia alla condizione di latitanza.

La Tesi Difensiva e la Questione sul Difensore Latitante

Il ricorrente ha impugnato la decisione sostenendo che la norma dovesse essere interpretata in via analogica. Negare questa possibilità, secondo la difesa, significherebbe ledere il diritto di difesa garantito dalla Costituzione, poiché imporrebbe la designazione di un difensore d’ufficio anche a fronte di una legittima nomina fiduciaria proveniente dalla famiglia. In sostanza, si chiedeva alla Corte di equiparare la condizione del soggetto in vinculis (privato della libertà) a quella del difensore latitante, entrambi impossibilitati a provvedere personalmente alla nomina.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Le motivazioni della decisione si basano su una rigorosa interpretazione della legge.

La regola generale, stabilita dai primi due commi dell’art. 96 c.p.p., è che la nomina del difensore è un atto personale dell’imputato. Il terzo comma, che estende questa facoltà ai prossimi congiunti per chi è privato della libertà personale, costituisce una deroga. Le norme che introducono deroghe a principi generali, specialmente in materia penale, sono considerate eccezionali e, come tali, non suscettibili di applicazione analogica, secondo quanto previsto dall’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale.

La Corte ha sottolineato che la situazione di chi è arrestato o detenuto è ontologicamente diversa da quella del latitante. Il primo subisce una coercizione improvvisa che può impedirgli di nominare un difensore; il secondo, invece, compie una scelta volontaria di sottrarsi alla giustizia. Si presume che il latitante, così come i suoi familiari, sia a conoscenza del procedimento a suo carico e, quindi, non si trovi nell’impossibilità oggettiva di nominare un proprio legale di fiducia.

Infine, la Corte ha concluso che tale interpretazione restrittiva non viola il diritto di difesa. Il soggetto che sceglie la latitanza non viene privato del suo diritto di nominare un avvocato, ma semplicemente non può avvalersi della facoltà eccezionale concessa ai suoi familiari in altre circostanze.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza consolida un principio fondamentale: la nomina del difensore da parte dei familiari è un’eccezione strettamente legata alla condizione di privazione della libertà personale e non si estende alla latitanza. Per gli indagati che scelgono di sottrarsi alla giustizia e per le loro famiglie, ciò significa che l’unica via per avere una difesa fiduciaria è che la nomina provenga direttamente dall’interessato. In assenza di tale nomina, l’assistenza legale sarà garantita da un difensore d’ufficio, come previsto per chiunque sia privo di un legale.

Un familiare può nominare un avvocato di fiducia per un parente dichiarato latitante?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la facoltà dei prossimi congiunti di nominare un difensore è limitata ai soli casi in cui la persona sia stata arrestata, fermata o sottoposta a custodia cautelare, e non si estende a chi è latitante.

Perché la norma che permette ai familiari di nominare un difensore non si applica ai latitanti?
Perché si tratta di una norma eccezionale che deroga al principio generale secondo cui la nomina è un atto personale dell’imputato. Le norme eccezionali non possono essere applicate per analogia a casi non espressamente previsti, come quello della latitanza, che è una scelta volontaria di sottrarsi alla giustizia.

La decisione della Cassazione viola il diritto di difesa del latitante?
No. La Corte ha chiarito che il diritto di difesa non è leso, in quanto il latitante non è oggettivamente impossibilitato a nominare un proprio difensore di fiducia. La scelta di sottrarsi volontariamente all’esecuzione di un provvedimento non può giustificare l’estensione di una facoltà prevista per chi subisce una privazione coattiva della libertà.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati