Il Ruolo Cruciale del Difensore d’Ufficio: Un’Analisi della Cassazione
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema di grande rilevanza pratica nella procedura penale: le conseguenze processuali che derivano dalla sostituzione del legale di fiducia con un difensore d’ufficio nominato per l’udienza. La pronuncia chiarisce che il nuovo legale assume la piena titolarità della difesa e le sue scelte, inclusa la mancata riproposizione di argomenti difensivi già formulati, sono decisive per l’esito del giudizio.
Il Fatto: L’Assenza del Legale e la Nomina del Sostituto
Il caso trae origine da un ricorso presentato contro una sentenza del Giudice di Pace. La difesa dell’imputato lamentava la violazione di legge e il vizio di motivazione per il mancato riconoscimento della causa di non procedibilità per “particolare tenuità del fatto”.
In sede di merito, il difensore di fiducia aveva comunicato al giudice la propria impossibilità a comparire in udienza. Contestualmente, aveva trasmesso delle conclusioni scritte, chiedendo l’applicazione della particolare tenuità del fatto e, in subordine, la nomina di un difensore d’ufficio per il proprio assistito.
Il Giudice di Pace, come da prassi, nominava un avvocato d’ufficio per garantire il diritto di difesa. Tuttavia, questo nuovo legale, nel corso dell’udienza, non si riportava alle conclusioni scritte del collega assente né sollevava autonomamente la questione della tenuità del fatto.
Le Doglianze del Ricorrente e il ruolo del difensore d’ufficio
Nel ricorso per Cassazione, si sosteneva che il Giudice di Pace avrebbe dovuto comunque valutare le argomentazioni contenute nelle conclusioni scritte, anche se non riproposte verbalmente dal sostituto. La tesi difensiva si fondava sull’idea che tali conclusioni fossero ormai parte integrante degli atti processuali e che il giudice avesse l’obbligo di prenderle in considerazione.
La questione centrale, quindi, verteva sulla validità ed efficacia degli argomenti difensivi preparati dal legale originario quando il difensore d’ufficio subentrato non li fa propri durante il dibattimento.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, dichiarandolo inammissibile. Il ragionamento dei giudici è lineare e si basa su un principio cardine della procedura penale: il difensore presente in udienza, sia esso di fiducia o nominato d’ufficio ai sensi dell’art. 97, comma 4, c.p.p., è l’unico titolare del potere di esercitare la difesa tecnica in quel momento.
La Suprema Corte ha chiarito che, una volta nominato, il difensore d’ufficio non è un mero “portavoce” del collega assente. Egli assume in proprio tutte le facoltà e le responsabilità della difesa. Di conseguenza, le conclusioni scritte inviate dal precedente avvocato non hanno alcun valore processuale se non vengono fatte proprie e riproposte oralmente dal legale effettivamente presente in aula.
Nel caso specifico, il difensore d’ufficio non si è riportato alle conclusioni del titolare né ha invocato la causa di esclusione della procedibilità. Pertanto, tale questione non è mai stata formalmente sottoposta al Giudice di Pace, che, di conseguenza, non era tenuto a motivare sul punto. La Corte ha concluso che le censure erano infondate perché basate su un presupposto errato, ovvero che le memorie scritte potessero sostituire l’effettiva attività difensiva in udienza.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre un importante monito pratico: la nomina di un difensore d’ufficio in sostituzione del legale di fiducia trasferisce completamente la strategia difensiva nelle mani del nuovo avvocato. Le precedenti memorie o istanze scritte perdono di efficacia se non vengono espressamente reiterate dal difensore presente. Per l’imputato, ciò significa che non vi è alcuna garanzia che le linee difensive precedentemente concordate vengano seguite. La decisione della Corte di Cassazione, dichiarando il ricorso inammissibile e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende, ribadisce la rigidità delle regole processuali e l’autonomia del difensore in udienza.
Cosa accade se il difensore d’ufficio nominato per un’udienza non presenta le conclusioni scritte preparate dal legale di fiducia assente?
Le conclusioni scritte non hanno alcun valore processuale. La Corte di Cassazione ha stabilito che solo gli argomenti effettivamente presentati in udienza dal legale presente sono validi ai fini della decisione del giudice.
È possibile basare un ricorso per Cassazione sul mancato esame di una questione non sollevata dal difensore d’ufficio in primo grado?
No. Se il difensore d’ufficio, pur potendolo fare, non solleva una specifica eccezione o richiesta (come quella sulla particolare tenuità del fatto), tale omissione preclude la possibilità di lamentare un vizio di motivazione su quel punto in un successivo grado di giudizio.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile in questo caso?
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come stabilito in questa ordinanza, al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43521 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43521 Anno 2024
Presidente: FIORDALISI DOMENICO
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/04/2024 del GIUDICE DI PACE di RAVENNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
,NOME
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Rilevato che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME – nel quale il difensore deduce violazione degli artt. 34 d. Igs. 28 agosto 2000, n. 274, e 121 cod. proc. pen., nonché omessa motivazione sul punto, lamentando che il Giudice a quo non ha riconosciuto la particolare tenuità del fatto e non ha motivato sul punto altresì reiterate con memoria difensiva sono manifestamente infondate.
Invero, la difesa risulta avere comunicato al Giudice di pace di Ravenna di non potere comparire in udienza, segnalandogli di nominare al suo assistito un difensore d’ufficio e articolando conclusioni scritte anche con riferimento all’esclusione della procedibilità per particolare tenuità del fatto, ma il difensore d’ufficio, nominato e art. 97, comma 4, cod. proc. pen., non si è riportato a tali conclusioni e non ha invocato la causa di esclusione della procedibilità.
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2024.