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Dichiarazioni teste irreperibile: la ricerca all’estero

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per truffa, il quale lamentava l’illegittima acquisizione delle dichiarazioni della persona offesa, una cittadina straniera divenuta irreperibile. La Corte ha stabilito che le dichiarazioni di un teste irreperibile straniero possono essere utilizzate se le ricerche nel paese d’origine sarebbero meramente esplorative, in assenza di precisi elementi di collegamento con uno specifico luogo. L’obbligo di ricerca all’estero non è assoluto e non scatta sulla base della sola nazionalità.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazioni Teste Irreperibile Straniero: Quando la Ricerca all’Estero non è Obbligatoria

L’acquisizione delle dichiarazioni di un teste irreperibile rappresenta uno dei punti più delicati del processo penale, poiché mette in tensione due esigenze fondamentali: l’accertamento della verità e il diritto dell’imputato al contraddittorio. La questione si complica ulteriormente quando il testimone è un cittadino straniero. Con la sentenza n. 8060/2024, la Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti dell’obbligo di ricerca all’estero, stabilendo un principio di ragionevolezza.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un uomo per il delitto di truffa, confermata dalla Corte di Appello di Napoli. L’imputato decideva di ricorrere per cassazione, sollevando una questione di natura squisitamente processuale. Il fulcro della sua difesa verteva sull’acquisizione, ai sensi dell’art. 512 c.p.p., delle dichiarazioni rese in fase di indagini dalla persona offesa, una cittadina di origine rumena che, al momento del dibattimento, era divenuta irreperibile.

L’Acquisizione delle Dichiarazioni del Teste Irreperibile e il Motivo del Ricorso

La difesa sosteneva che l’irreperibilità non fosse stata accertata correttamente. Sebbene fossero state effettuate ricerche in Italia presso le residenze note della donna e gli istituti penitenziari, non era stata intrapresa alcuna attività di ricerca in Romania, suo paese d’origine. Secondo il ricorrente, questa omissione rendeva l’acquisizione delle sue precedenti dichiarazioni illegittima, in quanto lesiva del principio del giusto processo e del diritto al contraddittorio, sanciti dall’art. 111 della Costituzione e dall’art. 6 della CEDU. In sostanza, si contestava che la possibilità di rintracciare la testimone non fosse stata esclusa con la dovuta diligenza.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo infondata la doglianza della difesa e confermando la correttezza dell’operato dei giudici di merito. Il ragionamento dei giudici si fonda su un principio di concretezza e ragionevolezza, già affermato in una precedente pronuncia (Sez. 3, n. 12927 del 23/03/2022).

Il punto centrale della decisione è il seguente: l’obbligo di effettuare ricerche di un testimone straniero anche nel suo paese di origine non è assoluto né automatico. Per attivare tale obbligo, non basta la mera conoscenza della nazionalità della persona, ma è necessaria la presenza di “precisi elementi di collegamento tra tale soggetto e il suo paese di origine”.

In assenza di tali elementi – come un indirizzo, contatti di familiari, o qualsiasi altra informazione specifica che possa indirizzare le ricerche – l’attività investigativa all’estero assumerebbe un carattere puramente “esplorativo”. Si tratterebbe, come afferma la Corte, di una ricerca “al buio”, un’attivazione meramente formale, di difficile realizzazione e, pertanto, non esigibile secondo un canone di ragionevolezza. Nel caso di specie, mancava ogni riferimento a una possibile residenza della donna in Romania; di conseguenza, le ricerche effettuate in Italia sono state considerate complete ed esaustive, giustificando così l’applicazione dell’art. 512 c.p.p.

Le Conclusioni

La sentenza n. 8060/2024 consolida un importante orientamento giurisprudenziale. Essa stabilisce che il diritto al contraddittorio non può tradursi nell’imposizione di oneri probatori sproporzionati e di fatto irrealizzabili a carico dello Stato. L’obbligo di ricerca del testimone straniero deve essere ancorato a elementi concreti che ne giustifichino l’utilità e la fattibilità. Laddove questi elementi manchino, e le ricerche si profilino come una “pesca a strascico” senza alcuna indicazione precisa, i giudici possono legittimamente considerare il testimone irreperibile sulla base delle sole ricerche effettuate sul territorio nazionale, e procedere all’acquisizione delle dichiarazioni precedentemente rese. Questo bilanciamento garantisce che il processo non si areni di fronte a ostacoli procedurali insormontabili, salvaguardando al contempo i diritti della difesa entro i limiti della ragionevolezza.

Quando è possibile utilizzare in un processo le dichiarazioni rese da un testimone straniero che è diventato irreperibile?
È possibile ai sensi dell’art. 512 c.p.p. quando la sua irreperibilità è stata un evento imprevedibile e sono state condotte ricerche ragionevoli per localizzarlo.

L’obbligo di cercare un testimone straniero si estende sempre al suo paese d’origine?
No. Secondo la sentenza, l’obbligo di estendere le ricerche al paese d’origine sorge solo se esistono precisi e concreti elementi di collegamento tra la persona e uno specifico luogo in quel paese. La sola nazionalità del testimone non è sufficiente a far scattare tale obbligo.

Cosa si intende per ricerche “esplorative” e perché non sono richieste?
Sono ricerche condotte “al buio”, ovvero senza alcun indizio o informazione specifica su dove la persona potrebbe trovarsi. La Corte stabilisce che non sono richieste perché costituirebbero un’attività puramente formale, di difficile attuazione e non esigibile secondo principi di ragionevolezza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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