Dichiarazioni del Teste Intimidito: la Cassazione fa il punto sui presupposti
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito importanti chiarimenti sui criteri per utilizzare in un processo le dichiarazioni di un teste intimidito. La decisione sottolinea come la prova dell’intimidazione possa basarsi anche su elementi sintomatici emersi durante il dibattimento, senza la necessità di dimostrare specifiche minacce. Analizziamo insieme questa pronuncia e le sue implicazioni pratiche.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente sollevava due principali questioni. In primo luogo, contestava l’acquisizione agli atti delle dichiarazioni rese in precedenza dalla persona offesa, sostenendo che non fossero stati adeguatamente provati i presupposti di intimidazione previsti dall’art. 500, comma 4, del codice di procedura penale. In secondo luogo, lamentava la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, ritenendo la motivazione della Corte d’Appello carente su questo punto.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le censure sollevate dalla difesa. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa dei requisiti procedurali e sostanziali che regolano sia l’acquisizione delle prove dichiarative sia la formulazione dei motivi di ricorso.
Le motivazioni: le dichiarazioni del teste intimidito
Il primo motivo di ricorso è stato giudicato manifestamente infondato. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per acquisire le precedenti dichiarazioni di un testimone, non è necessario provare con assoluta certezza l’esistenza di specifici atti di violenza o minaccia. È sufficiente che dal contesto processuale emergano “elementi concreti” e circostanze sintomatiche che, valutati secondo logica e ragionevolezza, facciano ritenere che il teste sia stato sottoposto a pressioni per non deporre o per deporre il falso.
La Corte ha specificato che questi elementi possono essere desunti anche dallo stesso dibattimento, attraverso una valutazione complessiva delle emergenze processuali. Questo approccio pragmatico consente al giudice di tutelare l’integrità della prova anche in assenza di una confessione o di una prova diretta dell’intimidazione, basandosi su un quadro indiziario coerente e persuasivo.
Le motivazioni: la genericità del secondo motivo di ricorso
Anche il secondo motivo, relativo al diniego delle attenuanti generiche, è stato ritenuto inammissibile, ma per una ragione di natura procedurale: la sua assoluta genericità. La Corte ha osservato che il ricorso non solo non specificava quali elementi il giudice d’appello avrebbe dovuto considerare, ma si basava su una doglianza che non risultava nemmeno essere stata formalmente sollevata con l’atto di appello originario. La Cassazione ha colto l’occasione per ricordare che i motivi di impugnazione devono essere specifici, indicando con precisione le presunte violazioni di legge e gli errori del giudice precedente. Un motivo formulato in termini vaghi, che non si confronta puntualmente con la decisione impugnata, è destinato all’inammissibilità.
Le conclusioni
Questa ordinanza offre due importanti insegnamenti. Primo, consolida un’interpretazione flessibile ma rigorosa dell’art. 500, comma 4, c.p.p., bilanciando la necessità di accertare la verità con la tutela del dichiarante. La prova dell’intimidazione può legittimamente fondarsi su un mosaico di indizi e circostanze processuali. Secondo, ribadisce un principio cardine del sistema delle impugnazioni: la specificità dei motivi. Non sono ammesse lamentele generiche; la difesa ha l’onere di articolare critiche precise e pertinenti alla sentenza che intende contestare. La violazione di questa regola comporta una sanzione netta: l’inammissibilità del ricorso, con condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Per utilizzare le precedenti dichiarazioni di un teste è necessario provare minacce dirette nei suoi confronti?
No, non è strettamente necessario. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’intimidazione può essere desunta anche da circostanze sintomatiche e da una valutazione complessiva degli elementi emersi nel processo, secondo criteri di ragionevolezza e persuasività.
Cosa si intende per motivo di ricorso ‘generico’ e quali sono le conseguenze?
Un motivo di ricorso è ‘generico’ quando non indica in modo specifico e dettagliato la violazione di legge o l’errore che si attribuisce al giudice del precedente grado di giudizio. La conseguenza di un motivo generico è la sua inammissibilità, il che significa che il giudice non lo esaminerà nel merito.
Cosa accade quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la decisione impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34929 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34929 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/12/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato avendo la Corte d’appello puntualmente e congruamente motivato (cfr., pagg. 3-5 della sentenza) circa i presupposti fattuali che avevano consentito al primo giudice di acquisire le dichiarazioni della persona offesa ai sensi dell’art. 500, comma quarto, cod. proc. pen., avendo peraltro questa Corte avuto modo di chiarire che, ai fini dell’acquisizione al fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni in precedenza rese dal teste, ai sensi dell’art. 500, comma 4, cod. proc. pen., gli “elementi concreti”, sulla base dei quali può ritenersi che egli sia stato sottoposto ad intimidazione affinché non deponga ovvero deponga il falso, non devono necessariamente consistere in fatti che positivamente dimostrino – con un livello di certezza necessario per una pronuncia di condanna – l’esistenza di specifici atti di violenza o minaccia indirizzati verso il medesimo, potendo, invece, essere desunti da circostanze sintomatiche dell’intimidazione, emerse anche nello stesso dibattimento, secondo parametri correnti di ragionevolezza e persuasività, alla luce di una valutazione complessiva delle emergenze processuali (cfr., in tal senso, Sez. 2, n. 29393 del 22/04/2021, NOME, Rv. 281808 – 01);
rilevato che il secondo motivo, con cui la difesa lamenta l’omessa motivazione sul diniego delle circostanze attenuanti generiche, è generico perché, al di là del fatto che la sentenza impugnata non fa alcuna menzione di un motivo di appello articolato sul punto (cfr., Sez. 2, n. 9028 del 05/11/2013, ep. 25/02/2014, COGNOME, Rv. 259066 – 01, che ha giudicato inammissibile, per difetto di specificità del motivo, il ricorso per cassazione con cui si deducano violazioni di legge verificatesi nel giudizio di primo grado, se l’atto non procede alla specifica contestazione del riepilogo dei motivi di appello contenuto nella sentenza impugnata, qualora questa abbia omesso di indicare che l’atto di impugnazione proposto avverso la decisione del primo giudice aveva anch’esso già denunciato le medesime violazioni di legge) è formulato in termini del tutto generici non facendo menzione alcuna degli elementi che il giudice di secondo grado avrebbe trascurato al fine di pervenire ad una valutazione difforme rispetto a quella cui era pervenuto il giudice di prime cure;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 9 luglio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente