Dichiarazioni spontanee: quando sono utilizzabili in un processo abbreviato?
L’utilizzabilità delle dichiarazioni spontanee rese da un indagato alla polizia giudiziaria è un tema cruciale nel processo penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale, distinguendo nettamente tra il loro impiego nel giudizio abbreviato e nel dibattimento. Analizziamo insieme questa decisione per capire le sue implicazioni pratiche e i requisiti per un ricorso efficace.
I fatti del caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello. Il ricorrente sollevava due principali motivi di doglianza.
Il primo motivo denunciava la nullità della sentenza per l’asserita inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da un’altra persona, ritenendo che fossero state acquisite in violazione delle norme processuali. Secondo la difesa, tali dichiarazioni non potevano essere poste a fondamento della decisione di condanna.
Il secondo motivo, invece, criticava la sentenza per un presunto vizio di motivazione, lamentando in modo generico la determinazione della pena e l’utilizzabilità delle dichiarazioni della persona offesa, senza però fornire elementi specifici a supporto della censura.
La questione giuridica e la validità delle dichiarazioni spontanee
Il cuore della controversia risiedeva nel primo motivo di ricorso e, in particolare, sulla corretta interpretazione delle norme che regolano l’uso delle dichiarazioni spontanee nel contesto del giudizio abbreviato. Il ricorrente sosteneva che tali dichiarazioni fossero processualmente inutilizzabili, equiparandole a prove vietate.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa interpretazione, richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale. Il punto chiave della decisione risiede nella distinzione tra i diversi riti processuali. Mentre nel dibattimento vigono regole più stringenti sulla formazione della prova, il giudizio abbreviato si basa sugli atti di indagine raccolti fino a quel momento. Le dichiarazioni spontanee rientrano in questa categoria di atti e, pertanto, sono pienamente utilizzabili dal giudice.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi su due argomentazioni distinte, una per ciascun motivo di ricorso.
In relazione al primo motivo, i giudici hanno chiarito che l’articolo 350, comma 7, del codice di procedura penale limita l’inutilizzabilità delle dichiarazioni spontanee esclusivamente al dibattimento. Di conseguenza, in un rito alternativo come il giudizio abbreviato, tali dichiarazioni sono legittimamente incluse nel fascicolo processuale e possono essere valutate dal giudice ai fini della decisione. La tesi del ricorrente è stata quindi definita in ‘palese contrasto’ con il dato normativo e la giurisprudenza di legittimità.
Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte lo ha ritenuto inammissibile per ‘genericità e indeterminatezza’. La legge (art. 581, co. 1, lett. c), c.p.p.) richiede che i motivi di ricorso indichino in modo specifico le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che li sostengono. Nel caso di specie, il ricorrente si era limitato a una critica superficiale e indefinita della motivazione della sentenza d’appello, senza fornire gli elementi necessari per consentire alla Corte di individuare i rilievi mossi e di esercitare il proprio sindacato. Un’impugnazione formulata in questi termini non soddisfa i requisiti di legge e non può essere esaminata nel merito.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame offre due importanti insegnamenti. In primo luogo, ribadisce un principio consolidato in materia di prove: le dichiarazioni spontanee sono utilizzabili nel giudizio abbreviato, poiché il limite previsto dalla legge opera solo per il dibattimento. Questa distinzione è fondamentale per chi sceglie questo rito alternativo. In secondo luogo, sottolinea l’importanza di redigere ricorsi specifici e dettagliati. La genericità dei motivi è un vizio che conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con la conseguenza non solo di vedere respinta la propria impugnazione, ma anche di essere condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Le dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria da un indagato sono sempre utilizzabili nel processo penale?
No, non sempre. Secondo l’ordinanza, sono pienamente utilizzabili nel giudizio abbreviato, ma l’articolo 350, comma 7, del codice di procedura penale ne limita l’utilizzabilità esclusivamente al dibattimento.
Perché un motivo di ricorso può essere dichiarato generico e quindi inammissibile?
Un motivo di ricorso è considerato generico quando è privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale. Ciò avviene quando non indica in modo specifico gli elementi e le ragioni di diritto alla base della censura, non consentendo così al giudice dell’impugnazione di individuare con precisione i rilievi mossi alla decisione impugnata.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente se il suo ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 198 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 198 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a GENOVA il 01/10/1985
avverso la sentenza del 26/10/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che deduce la nullità della sentenza per inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità ex art. 63 e 191 cod. proc. pen., con particolare riferimento alle dichiarazioni rese da NOME non è consentito poiché prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e la consolidata giurisprudenza di legittimità (correttamente applicata dal giudice di appello a pag. 7 della sentenza impugnata) secondo cui «nel giudizio abbreviato sono utilizzabili a fini di prova le dichiarazioni spontanee rese dalla persona sottoposta alle indagini alla polizia giudiziaria, perchè l’art. 350, comma settimo, cod. proc. pen. ne limita l’inutilizzabilità esclusivamente al dibattimento» (Sez. 5, n. 13917 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 269598 – 01);
considerato che il secondo motivo di ricorso, che lamenta il vizio di motivazione con un superficiale ed indefinito riferimento alla pena ed all’utilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla p.o., è generico per indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. ·
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2024.