Le Dichiarazioni Predibattimentali e il Valore della Prova Corroborata
L’utilizzo delle dichiarazioni predibattimentali come prova in un processo penale è un tema delicato, che tocca il cuore del diritto di difesa e del principio del contraddittorio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 10002/2024) torna su questo argomento, ribadendo un principio fondamentale: tali dichiarazioni possono fondare una condanna, ma solo se adeguatamente supportate da altri elementi. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale nasce dal ricorso presentato da un imputato contro la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Genova. Il ricorrente lamentava una violazione di legge, in particolare dell’art. 526, comma 1-bis del codice di procedura penale, sostenendo che la sua colpevolezza era stata affermata basandosi su dichiarazioni rese nella fase delle indagini e non durante il dibattimento, violando così il suo diritto a un equo confronto processuale.
La Decisione della Corte sulle Dichiarazioni Predibattimentali
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione principale è che i motivi presentati non erano specifici, ma si limitavano a essere una ‘pedissequa reiterazione’ di argomentazioni già esaminate e respinte nel precedente grado di giudizio. In sostanza, l’appello mancava di una critica argomentata e mirata contro la sentenza della Corte d’Appello, trasformandosi in una mera ripetizione di difese già valutate.
L’Uso delle Dichiarazioni Predibattimentali nel Processo
Entrando nel merito della questione giuridica, la Cassazione ha confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno ribadito che, in linea con l’interpretazione fornita dalla Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), le dichiarazioni predibattimentali possono costituire la base determinante per un accertamento di responsabilità. Tuttavia, questa possibilità non è incondizionata.
Le Motivazioni
Il cuore della decisione risiede nel bilanciamento tra l’assenza del contraddittorio e la necessità di garanzie procedurali. La Corte spiega che, se non è possibile procedere al controesame del dichiarante in dibattimento, questa mancanza deve essere ‘controbilanciata’ da solide garanzie. La garanzia fondamentale individuata dalla giurisprudenza, sia nazionale che europea, è la presenza di elementi di riscontro che corroborino il contenuto di tali dichiarazioni. In altre parole, una persona non può essere condannata solo sulla base di un’accusa fatta fuori dall’aula, se questa non è supportata da altre prove. Nel caso di specie, le dichiarazioni della persona offesa, pur rese in fase predibattimentale, sono state ritenute pienamente attendibili perché validate dalla testimonianza di un’altra persona, il proprietario del negozio, le cui dichiarazioni erano indicative della responsabilità dell’imputato. Questo elemento di riscontro esterno ha reso solido il quadro probatorio.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio cruciale per l’equilibrio del processo penale. Le dichiarazioni predibattimentali non sono carta straccia, ma il loro peso probatorio è direttamente proporzionale alla forza degli elementi che le sostengono. La decisione sottolinea che, per arrivare a una condanna, non basta una singola dichiarazione non vagliata in contraddittorio, ma è necessario un quadro probatorio complessivo e coerente, in cui ogni tassello trova conferma in altri. Questo principio tutela l’imputato da condanne basate su prove non verificate, garantendo al contempo che elementi di accusa rilevanti, raccolti durante le indagini, non vengano ingiustamente dispersi.
Una persona può essere condannata solo sulla base di dichiarazioni rese prima del processo?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che le dichiarazioni predibattimentali possono essere la base determinante per una condanna, ma solo a condizione che siano corroborate da solidi elementi di riscontro che ne confermino l’attendibilità e bilancino l’assenza di contraddittorio.
Cosa si intende per ‘elementi di riscontro’ in questo caso?
Nel caso specifico, gli elementi di riscontro erano costituiti dalla testimonianza di un’altra persona (il proprietario del negozio), le cui dichiarazioni hanno pienamente validato quelle della persona offesa, fornendo una prova esterna e confermativa della responsabilità dell’imputato.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché non presentava motivi nuovi o specifici, ma si limitava a ripetere le stesse argomentazioni già dedotte e respinte dalla Corte d’Appello. Un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, deve contenere una critica puntuale e argomentata contro la decisione impugnata, non una semplice riproposizione delle proprie tesi.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10002 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10002 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/03/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME, ritenuto che il motivo di ricorso, che contesta il vizio di legge per violazione dell’art. 526 comma 1-bis c.p.p. è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito (si vedano, in particolare, pag. 5-6) dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che in particolare la Corte d’appello ha, dunque, fatto corretta applicazione del principio enunciato da questa S.C., a mente del quale le dichiarazioni predibattimentali acquisite ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen. possono costituire, conformemente all’interpretazione espressa dalla Grande Camera della Corte EDU con le sentenze 15 dicembre 2011, COGNOME e COGNOME c/ Regno Unito e 15 dicembre 2015, COGNOME c/ Germania, la base determinante dell’accertamento di responsabilità, purché l’assenza di contraddittorio sia controbilanciata da solide garanzie procedurali, individuabili nella esistenza di elementi di riscontro, che corroborino quei contenuti dichiarativi (Sez. 6, Sentenza n. 50994 del 26/03/2019, Rv. 278195; Sez. 2, n. 19864 del 17.04.2019, COGNOME, Rv276531; Sez. 6, n. 2296 del 13.11.2013 dep. 2014, COGNOME, Rv. 257771; Sez. 6, n. 50994 del 26.03.19, D., Rv. 278195);
che ha esposto come le dichiarazioni della persona offesa, dotate di particolare attendibilità risultino pienamente validate da quelle di altro testimone, il proprietario del negozio, indicative della responsabilità dell’imputato;
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2024
Il Presidente