Dichiarazioni Inutilizzabili: La Cassazione sul Diritto al Silenzio del Familiare del Coimputato
Il tema delle prove nel processo penale è tanto delicato quanto complesso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso specifico riguardante le dichiarazioni inutilizzabili, fornendo chiarimenti cruciali sulla facoltà di astensione del prossimo congiunto quando la testimonianza non riguarda direttamente il parente, ma un suo coimputato. Questa decisione ribadisce l’importanza di una corretta interpretazione delle norme procedurali a garanzia sia dell’imputato che dell’accertamento della verità.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da un’ordinanza che applicava la misura degli arresti domiciliari a un soggetto per reati legati al traffico di sostanze stupefacenti, in particolare la detenzione di un ingente quantitativo di cocaina e la cessione di una parte di essa. L’indagato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento di un Tribunale del riesame che aveva confermato la misura cautelare.
Il fulcro del ricorso verteva sull’utilizzo, da parte dei giudici, delle dichiarazioni rese dalla moglie di un coimputato. Secondo la difesa, tali dichiarazioni avrebbero dovuto essere considerate processualmente inutilizzabili.
Il Motivo del Ricorso: Quando si parla di Dichiarazioni Inutilizzabili?
Il ricorrente ha sollevato un unico motivo di impugnazione, basato sulla violazione di diverse norme del codice di procedura penale. La difesa sosteneva che le dichiarazioni della donna fossero state assunte in modo illegittimo per due ragioni principali:
1. Errata qualificazione giuridica del dichiarante: La donna era stata sentita come persona informata sui fatti (ai sensi dell’art. 351 c.p.p.), mentre, secondo la difesa, sarebbero emersi a suo carico indizi di reità, motivo per cui avrebbe dovuto essere sentita con le garanzie previste per la persona indagata.
2. Violazione del diritto ad astenersi: In qualità di coniuge di un coimputato, non era stata avvisata della facoltà di astenersi dal deporre, come previsto dall’art. 199 c.p.p.
Secondo la tesi difensiva, l’eliminazione di queste dichiarazioni dal compendio probatorio avrebbe reso insufficiente il quadro di gravità indiziaria a carico del ricorrente.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, respingendo entrambe le argomentazioni della difesa e confermando la piena utilizzabilità delle dichiarazioni.
In primo luogo, i giudici hanno chiarito che l’ordinamento processuale non prevede alcuna sanzione di inutilizzabilità o nullità nel caso in cui una persona, che avrebbe dovuto essere sentita come indagata, venga invece sentita come semplice testimone o persona informata sui fatti. Si tratta di una questione di corretta qualificazione che non inficia di per sé la validità dell’atto.
Il punto cruciale della decisione, però, riguarda l’interpretazione dell’art. 199 c.p.p., ovvero la facoltà di astensione dei prossimi congiunti. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato: tale facoltà è strettamente personale e finalizzata a proteggere il testimone dal conflitto interiore tra il dovere di dire la verità e il legame affettivo con il proprio parente imputato. Questa tutela, tuttavia, non si estende ai coimputati. In altre parole, il coniuge di un imputato ha il diritto di non testimoniare contro il proprio marito/moglie, ma non ha lo stesso diritto se le sue dichiarazioni riguardano un terzo, anche se quest’ultimo è accusato nello stesso procedimento. Lo scopo della norma, infatti, è prevenire situazioni in cui la falsa testimonianza, resa per salvare un congiunto, sarebbe scriminata ai sensi dell’art. 384 del codice penale. Tale presupposto viene meno quando la deposizione concerne altre persone.
Le Conclusioni
La sentenza in esame consolida un principio fondamentale in materia di prova testimoniale: le garanzie procedurali, come la facoltà di astensione, devono essere interpretate in modo rigoroso e in linea con la loro finalità. La protezione accordata al legame familiare non può trasformarsi in uno scudo per i coimputati. Di conseguenza, le dichiarazioni rese dal familiare di un imputato contro un altro soggetto coinvolto nello stesso reato sono pienamente utilizzabili. Questa decisione conferma che, una volta ritenute valide le fonti di prova, la valutazione sulla sufficienza degli indizi a carico del ricorrente rimane insindacabile in sede di legittimità, portando alla conferma della misura cautelare.
Le dichiarazioni rese da una persona che doveva essere indagata ma non lo era, sono inutilizzabili?
No, la Corte ha stabilito che la legge non prevede una sanzione di inutilizzabilità o nullità per le dichiarazioni rese da una persona sentita come informata sui fatti quando invece avrebbe dovuto essere sentita come indagata.
Il familiare di un imputato ha il diritto di non testimoniare contro un coimputato del suo parente?
No. La facoltà di astenersi dal deporre, prevista per i prossimi congiunti, riguarda solo le testimonianze contro l’imputato a cui sono legati da parentela e non si estende ai coimputati.
Perché la facoltà di astensione del testimone non si applica ai coimputati del parente?
Perché lo scopo della norma è proteggere il testimone da un conflitto di doveri che sorge solo nei confronti del proprio congiunto. Questa protezione è volta a prevenire situazioni in cui una eventuale falsa testimonianza, resa per salvare il familiare, sarebbe non punibile. Tale conflitto non sussiste quando la testimonianza riguarda una persona diversa dal congiunto.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 32485 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 32485 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
SENTENZA
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sul ricorso proposto da NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 04/03/2025 del Tribunale di FrFz
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. GLYPH (1(
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Trieste . ha confermato l’ordinanza cautelare emessa il 10 febbraio 2025 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone nei confronti di NOME COGNOME con la quale gli è stata applicata la misura degli arresti domiciliari con presidi elettronici di controll divieto di comunicazione con terzi in relazione alla ritenuta gravità indiziarla i ordine ai reati di cui ai capi 1(detenzione al fine di spaccio di 3-4 kg di cocaina) 2 (cessione di 300 grammi di cocaina).
Avverso la ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME, deducendo con unico motivo violazione degli artt. 191, 199, 350, comma 7, 351 cod. proc. pen., in relazione alla mancata declaratoria di inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese in data 13.10.2024, ai sensi dell’art. 3 comma 7, cod. proc. pen. da NOME, non iscritta nel registro degli indagati e coniuge del coindagato NOME COGNOME. Tali dichiarazioni non solo sono state assunte da soggetto non indagato ma anche senza il preventivo avviso della facoltà di astensione. Inoltre, ai fini della prova di resistenza, senza intercettazioni e le dichiarazioni in questione, non sussiste alcuna gravità indiziaria in ordine al reato di cui al capo 1 a carico del ricorrente, risultando apoditti l’affermazione secondo la quale gli indagati COGNOME e COGNOME hanno ammesso che fu il secondo a portare il fornitore dello stupefacente a casa del primo.
In assenza di istanza di trattazione orale, il Procuratore generale ha concluso per iscritto come in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Ritiene questa Corte che, quanto alla dedotta inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni spontanee rese da NOME, il Tribunale ha del tutto correttamente escluso che l’audizione di un soggetto non indagato ai sensi dell’art. 350, comma 7, cod. proc. pen. – relativo a soggetto indagato – induca profili di inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni così assunte, posto che non risulta prevista alcun inutilizzabilità o nullità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese come soggetto indagato da una persona che invece avrebbe dovuto essere sentita a sommarie informazioni. Del pari corretto è il giudizio secondo il quale non possono esser poste questioni ex art. 199 cod. proc. pen., in quanto la donna audita e il ricorrente non sono prossimi
congiunti, in conformità al condiviso orientamento secondo il quale la facoltà di astenersi dal deporre, attribuita dall’art. 199 cod. proc. pen. al prossimo congiunto dell’imputato, non riguarda anche i coimputati essendo volta a prevenire situazioni nelle quali l’eventuale falsa testimonianza sarebbe scriminata dall’art. 384 cod. pen. (Sez. 1, n. 42337 del 21/03/2019, B., Rv. 277227 – 01).
L’utilizzabilità RAGIONE_SOCIALE indicate dichiarazioni assorbe ogni questione sulla dedotta insufficienza indiziaria RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni del ricorrente e del coindagato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma che si stima equo determinare in euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso, il 16/09/2025.