Dichiarazione teste irreperibile: è sufficiente per una condanna?
Nel processo penale, il confronto diretto in aula tra accusa e difesa è un principio cardine. Ma cosa succede se un testimone chiave, dopo aver reso delle dichiarazioni, svanisce nel nulla? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta proprio questo delicato tema, chiarendo a quali condizioni la dichiarazione di un teste irreperibile possa non solo essere utilizzata, ma addirittura costituire l’unica prova a fondamento di una sentenza di condanna.
I fatti del caso: un ricorso basato sull’illegittima acquisizione della prova
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello. La difesa sosteneva che la condanna si basasse illegittimamente sulla denuncia-querela sporta dalla persona offesa, la quale non era stata poi sentita in dibattimento a causa della sua accertata e sopravvenuta irreperibilità. Secondo il ricorrente, l’acquisizione di tali dichiarazioni scritte violava le norme del codice di procedura penale, rendendo la prova inutilizzabile e, di conseguenza, la condanna ingiusta.
La decisione della Corte di Cassazione: il ricorso è inammissibile
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato e quindi inammissibile. I giudici hanno confermato la correttezza dell’operato della Corte d’Appello, stabilendo che le dichiarazioni del testimone, poi divenuto irreperibile, erano state legittimamente acquisite ai sensi dell’articolo 512 del codice di procedura penale. Un punto cruciale evidenziato dalla Corte è che, al momento dell’acquisizione di tali atti durante l’udienza dibattimentale, la difesa non aveva sollevato alcuna eccezione, accettando di fatto tale modalità procedurale.
Le motivazioni: quando la dichiarazione del teste irreperibile è prova esclusiva
Il cuore della decisione risiede nella dettagliata spiegazione delle condizioni che rendono utilizzabile, anche come prova unica e determinante, una dichiarazione di un teste irreperibile. La Cassazione ha chiarito che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, una dichiarazione ‘cartolare’ (cioè scritta e non resa oralmente in aula) può costituire la base “esclusiva e determinante” dell’accertamento di responsabilità.
Tuttavia, ciò non è automatico. La sua validità è subordinata alla presenza di “adeguate garanzie procedurali”. Queste garanzie si concretizzano in due attività fondamentali che il giudice di merito deve compiere:
1. Vaglio rigoroso della credibilità: Il giudice deve analizzare in modo approfondito l’attendibilità delle accuse contenute nella dichiarazione, valutando la coerenza interna del racconto e la credibilità soggettiva del dichiarante.
2. Verifica della compatibilità esterna: Le dichiarazioni devono essere messe a confronto con altri elementi di prova disponibili, come dati di contesto o eventuali testimonianze indirette (de relato) raccolte durante il processo.
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che queste garanzie fossero state rispettate, rendendo la condanna pienamente legittima.
Le conclusioni: implicazioni pratiche dell’ordinanza
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale nel bilanciamento tra il diritto di difesa e la necessità di accertare la verità processuale. La dichiarazione di un teste irreperibile non è una prova di serie B, ma uno strumento valido che può portare a una condanna. Tuttavia, il suo utilizzo come unica fonte di prova impone al giudice un onere di motivazione rafforzato. Non basta la semplice esistenza della dichiarazione; è indispensabile un percorso logico-giuridico che ne dimostri la piena affidabilità. Per la difesa, ciò significa che l’opposizione all’acquisizione di tali atti deve essere tempestiva e motivata, mentre per l’accusa resta l’onere di fornire al giudice tutti gli elementi di contesto utili a corroborare la dichiarazione scritta.
È possibile utilizzare in un processo la denuncia di una persona che poi diventa irreperibile?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che le dichiarazioni rese da una persona divenuta successivamente irreperibile possono essere legittimamente acquisite agli atti del processo ai sensi dell’art. 512 del codice di procedura penale, soprattutto se la difesa non solleva eccezioni al momento dell’acquisizione.
Una condanna può basarsi esclusivamente sulla dichiarazione scritta di un testimone non presente al processo?
Sì, secondo l’ordinanza, una dichiarazione scritta acquisita per irreperibilità del dichiarante può costituire la base “esclusiva e determinante” per l’accertamento della responsabilità penale, ma solo in presenza di specifiche garanzie.
Quali garanzie sono necessarie per poter usare la dichiarazione di un teste irreperibile come unica prova?
È necessario che vi siano “adeguate garanzie procedurali”. Queste consistono in un rigoroso vaglio da parte del giudice sulla credibilità delle accuse e sulla compatibilità della dichiarazione con altri dati di contesto ed eventuali testimonianze indirette emerse nel dibattimento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46846 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46846 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 12/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 15/04/1982
avverso la sentenza del 21/03/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
considerato che l’unico motivo di ricorso, con cui si deducono violazione di legge conseguente all’illegittima acquisizione, ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen., della denuncia-querela sporta dalla persona offesa, è manifestamente infondato. L’accesso agli atti comprova che -all’udienza dibattimentale del 16 gennaio 2023le dichiarazioni rese da NOME COGNOME sono state correttamente acquisite stante l’accertata irreperibilità sopravvenuta del dichiarante, in assenza di eccezioni da parte della difesa. Le doglianze del ricorrente sono, pertanto, manifestamente infondate stante la mancata violazione degli articoli 512 e 526 cod. proc. pen. e la conseguente utilizzabilità del verbale di sommarie informazioni rese da NOME COGNOME;
rilevato, inoltre, che, contrariamente a quanto dedotto, la dichiarazione cartolare acquisita ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen. può costituire, la base «esclusiva e determinante» dell’accertamento di responsabilità, purché resa, come nel caso specie, in presenza di «adeguate garanzie procedurali», individuabili nell’adeguato vaglio di credibilità dei contenuti accusatori e nella compatibilità della dichiarazione con i dati di contesto e con eventuali dichiarazioni di testi de relato escussi in dibattimento (Sez. 2, n. 19864 del 17/04/2019 – clep. 09/05/2019, COGNOME Rv. 276531; Sez. 2, n. 15492 del 05/02/2020, C., Rv. 279148 – 01)
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 12 novembre 2024
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Il Presidente