Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9776 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9776 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LATISANA il 01/09/1976
avverso la sentenza del 09/05/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
R.G.
rilevato che, con un unico motivo di ricorso, Comisso NOME ha dedotto il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 5, d. Igs. n. 74 del 2000, ed il correlato vizio di omessa motivazione della sentenza nella parte in cui ha ritenuto provata la sussistenza del reato di omessa presentazione della dichiarazione IVA (dolendosi, in particolare, del fatto che i giudici hanno provveduto a determinare l’imposta evasa limitandosi ad accogliere la ricostruzione del volume di affari della società effettuata dalla Guardia di Finanza sulla base di elementi presuntivi ed induttivi, senza procedere ad autonoma valutazione e senza offrire dati oggettivi concreti; censura, inoltre, il vizio di travisamento probatorio da parte dei giudici che avrebbero preso a fondamento del proprio convincimento quanto riferito dalla Guardia di Finanza, errando nella determinazione dell’ammontare delle imposte evase come risultanti dalla contrapposizione tra VIVA risultante dalle fatture emesse e VIVA detraibile sulla base delle fatture ricevute, essendosi basata la Guardia di Finanza sui dati come emergenti dal c.d. spesometro, che sarebbe tuttavia inaffidabile non offrendo specifiche indicazioni contabili);
Ritenuto che tale motivo di ricorso è inammissibile sia perché generico per aspecificità, prospettando deduzioni generiche e prive delle ragioni di diritto e dei dati di fatto che le sorreggono, sia perché costituto da mere doglianze in punto di fatto (si v., in particolare, le considerazioni espresse alle pagg. 5/8 della sentenza impugnata, che, con argomentazioni immuni dai denunciati vizi, chiariscono le ragioni per le quali il quadro probatorio consentiva di ritenere provati i contestati reati, anzitutto, chiarendo come era stato il teste di p.g., COGNOME a chiarire che la determinazione dell’imposta evasa era stata il risultato dell’esame analitico della documentazione sequestrata presso l’abitazione dei genitori dell’imputato, nonché della documentazione inserita nella banca dati in uso alle forze dell’ordine c.d. spesometro, riscontrata dall’acquisizione di ulteriore documentazione presso i soggetti con i quali la società amministrata dall’imputato aveva operato, come emerge dalla lettura del processo verbale di constatazione di cui vengono riportati nella motivazione alcuni passaggi; era stato possibile, dunque, proprio in base all’analisi della documentazione, accertare come la totalità delle transazioni commerciali fossero di fatto realmente avvenute, essendo stati rilevati in maniera pedissequa sia i trasporti, sia lo stoccaggio presso terzi che i pagamenti; la stessa polizia giudiziaria aveva rappresentato due diverse ipotesi di calcolo dell’IVA non dichiarata, una calcolata solo sulla base delle fatture di vendita emesse dalla società e, l’altra, calcolata anche tenendo conto dell’IVA dovuta in relazione a due fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della società verificata per merce da
quest’ultima acquistata e risultata non rivenduta né rinvenuta presso quest’ultima, rispetto alla quale la PG aveva operato la presunzione di rivendita, integrando il calcolo dell’IVA evasa, ipotesi non contestata all’imputato; detti accertamenti avevano riguardati entrambe le annualità di imposta contestate, ossia il 2014 ed il 2015; da tali verifiche, in particolare, era stato quindi accertato che nel 2014 l’imponibile non dichiarato era risultato pari ad oltre 5 milioni di euro, cui corrispondeva un’IVA dovuta pari ad euro 1.117.702,98 e che, nel 2015, l’imponibile non dichiarato era pari a poco meno di 5 milioni di euro, per un’IVA dovuta pari ad euro 1.068.531,32, somme, queste, indicate specificamente nei capi di imputazione);
Ritenuto che, al cospetto di tale apparato argornentativo, le doglianze del ricorrente si appalesano prive di pregio, in quanto si risolvono nel “dissenso” sulla ricostruzione dei fatti e sulla valutazione delle emergenze processuali svolta dai giudici di merito, operazione vietata in sede di legittimità, attingendo la sentenza impugnata e tacciandola per presunte violazioni di legge e per vizi motivazionali con cui, in realtà, si propone una doglianza non suscettibile di sindacato da parte di questa Corte. Deve, sul punto, ribadirsi infatti che il controllo di legittimit operato dalla Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (v., tra le tante: Sez. 5, n. 3416 del 26/10/2022 – deo. 26/01/2023, Lembo, n.rn.; Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999 – dep. 31/01/2000, Moro, Rv. 215745; Sez. 5, n. 11910 del 22/01/2010, COGNOME, Rv. 246552); nella specie, la determinazione dell’imposta evasa, difformemente da quanto sostenuto dalla difesa, non è avvenuta esclusivamente sulla base delle risultanze del c.d. spesometro, ma attraverso l’analisi della documentazione rinvenuta dagli agenti operanti, con effettuazione di calcoli basati su dati oggettivi, non essendosi dunque in presenza di alcun travisamento probatorio, ma della deduzione di vizi afferenti al procedimento valutativo attraverso il quale i giudici sono pervenuti alla determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa sulla base di elementi oggettivi, dunque dolendosi il ricorrente di un vizio di non sindacabile in questa sede; deve, pertanto, essere ribadito che in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di “contraddittorietà processuale” (o “travisamento della prova”) vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di “fotografia”, neutra e a-valutativa, del Corte di Cassazione – copia non ufficiale
“significante”, ma non del “significato”, atteso il persistente divieto di rilettura e d re-interpretazione nel merito dell’elemento di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Rv. 283370 – 01);
Ritenuto, conclusivamente, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 14 febbraio 2025
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Il Presidente