Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 18615 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 18615 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAZIENZA VITTORIO
Data Udienza: 28/03/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato ad Agrigento il DATA_NASCITA avverso la sentenza emessa il 04/07/2023 dalla Corte d’Appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione del AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 04/07/2023, la Corte d’Appello.di Brescia ha parzialmente riformato la sentenza emessa con rito abbreviato dal G.i.p. del Tribunale di Brescia, in data 01/02/2023, con la quale COGNOME NOME era stato condannato alla pena di giustizia in relazione ai delitti di cui agli artt. 2 e 8 d.lvo n. 7 2000, a lui ascritti in qualità di titolare dell’impresa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
In particolare, la Corte d’Appello riteneva la condotta di cui all’art. 8 a in quella di dichiarazione fraudolenta, riducendo conseguentemente il trattame sanzionatorio e confermando nel resto.
Ricorre per cassazione il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Vizio di motivazione con riferimento alle criticità segnalate dalla d nelle dichiarazioni di COGNOME NOMENOME NOME ai rapporti avuti con il COGNOME. Si segnala la contraddittorietà intrinseca della motivazione rispett dichiarazioni effettivamente rese dal COGNOME e alla documentazione contabile da lui esibita. Si lamenta inoltre l’omessa motivazione in ordine ai rilievi formu ordine alla mancata acquisizione “in originale” della fattura, all’inserimen registro IVA 2016 della fattura, all’utilizzo della fattura ai fini della sola dichiarazione IVA.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla rite configurabilità del reato di dichiarazione fraudolenta nell’ipotesi di contraf materiale della fattura ad opera del soggetto utilizzatore. Si dedu contraddittorietà della sentenza, dovendo la fattura avere i requisiti di cui 21 d.P.R. 633 del 1972, e la violazione di legge correlata alla necess ricondurre la fattispecie nell’alveo dell’art. 3 (anziché 2) d.l.vo n. 74 d come affermato dalla dottrina maggioritaria.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’esclusi dell’art. 131-bis cod. pen. Si censura la sentenza per aver consid negativamente le interlocuzioni con l’RAGIONE_SOCIALE, intervenute no momento della commissione del reato, e per aver ritenuto “non assolutamente trascurabile” il profitto del reato, per NOME “non elevato”.
2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al diniego dell attenuanti generiche. Si censura il silenzio della Corte territoriale sugli e positivamente valutabili (esiguità del profitto, sporadicità della condotta, ca risalente dei precedenti, buon comportamento processuale).
2.5. Violazione di legge con riferimento alla mancata concessione di termine per consentire al COGNOME una valutazione in ordine alla possibilità di sostituzione della pena detentiva, dopo l’avviso ex art. 545-bis cod. proc pronunciato dal G.i.p. dopo la sentenza. Si osserva che la nuova disposizione prevede alcun termine decadenziale per la manifestazione del consenso, e che termine doveva essere concesso per assicurare un adeguato contraddittorio.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO solleci una declaratoria di inammissibilità del ricorso, per il carattere gen reiterativo RAGIONE_SOCIALE questioni prospettate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Per ciò che riguarda il primo ordine di censure, è opportuno prendere le mosse dal consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte secondo cui «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria de singolo elemento» (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO)
In tale prospettiva ermeneutica, che si condivide e qui si intende ribadire, le doglianze difensive non superano lo scrutinio di ammissibilità, risolvendosi nella censura del merito RAGIONE_SOCIALE valutazioni operate dalla Corte d’Appello (in piena sintonia con il primo giudice), e nella reiterata prospettazione di una diversa e più favorevole lettura RAGIONE_SOCIALE risultanze acquisite, il cui apprezzamento in questa sede è evidentemente precluso.
2.2. D’altra parte, la Corte d’Appello ha diffusamente esposto le ragioni a sostegno della ritenuta attendibilità di NOME prospettato in sede di verifica da COGNOME NOME (che aveva escluso di aver mai emesso la fattura utilizzata dal COGNOME) e, per converso, della inconsistenza degli argomenti addotti da quest’ultimo per comprovare l’effettività dell’acquisto documentato dalla fattura, utilizzata per dedurre costi che in realtà solo apparentemente erano stati sostenuti.
Si allude in particolare: alla mancanza di giustificazione patrimoniale e operativa per l’acquisto di un macchinario dispendioso come quello riportato in fattura (dell’importo di Euro 58.000); alla mancata indicazione, da parte del COGNOME, RAGIONE_SOCIALE successive sorti del macchinario asseritamente acquistato (eventuale rivendita a terzi, ecc.); alla mancata esibizione, nonostante plurimi inviti degli operanti, di riscontri documentali relativi al pagamento del macchinario (o al finanziamento dell’importo spettante al COGNOME); alle intrinseche contraddizioni rilevabili nelle dichiarazioni del COGNOME, sia NOME all’esistenza stessa della fattura in questione (della quale, in un primo tempo, aveva negato la ricezione), sia NOME all’esistenza di mastrini contabili, ecc. (cfr. pag. 13 dell sentenza impugnata).
Si tratta di un percorso argomentativo del tutto immune da criticità qui rilevabili, che certamente non appare in alcun modo vulnerato dai rilievi difensivi concernenti il fatto che le verifiche fiscali avevano preso le mosse dalla posizione del COGNOME, ovvero il fatto che le dichiarazioni di quest’ultimo avevano dato atto a discrasie interpretative (peraltro risolte dalla Corte territoriale: cfr. pag. 14 de sentenza, in cui si evidenzia l’erroneità della lettura del registro IVA del COGNOME, nel quale, per l’anno di imposta 2016, era presente una fattura emessa nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, ovvero di un soggetto giuridico diverso (pur se forse riconducibile anch’esso all’odierno ricorrente) dalla RAGIONE_SOCIALE.
3. Il secondo motivo è manifestamente infondato. La Corte d’Appello ha condivisibilmente richiamato l’indirizzo interpretativo ormai del tutto consolidato, nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, secondo cui «in tema di frodi fiscali, è configurabile il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di cui all’art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 del 2000, ogni qualvolta il contribuente, per effettuare una dichiarazione fraudolenta, si avvalga di fatture o altri documenti che attestino operazioni realmente non effettuate, non rilevando la circostanza che la falsità sia ideologica o materiale». (Sez. 3, n. 6360 del 25/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275698 – 01, la quale, in motivazione, ha escluso che il riferimento a talune ipotesi di fatturazione, contenuto nell’art. 3, comma 3, del medesimo decreto legislativo dopo la riforma di tale disposizione operata dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, abbia inciso sul rapporto di specialità reciproca esistente tra il reato di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000 e quell dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, in NOME, accanto ad un nucleo comune costituito dalla presentazione di una dichiarazione infedele, il primo presuppone l’utilizzazione di fatture o documenti analoghi relativi ad operazioni inesistenti, mentre il secondo, una falsa rappresentazione RAGIONE_SOCIALE scritture contabili obbligatorie nonché l’impiego di altri mezzi fraudolenti idonei a ostacolare l’accertamento e il raggiungimento della soglia di punibilità. In senso conforme, cfr. anche Sez. 3, n. 10916 del 12/11/2019, dep. 2020, Bracco, Rv. 279859 – 03). Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
In tale cornice ermeneutica, pienamente condivisibile, deve ritenersi del tutto immune da censure la riconduzione nell’alveo dell’art. 2 d.l.vo n. 74 del 2000 dell’ipotesi che qui rileva, concernente l’utilizzo, da parte del COGNOME, della fattura materialmente falsa perché solo apparentemente emessa dal COGNOME.
Ad analoghe conclusioni di manifesta infondatezza deve pervenirsi NOME al motivo concernente l’art. 131-bis cod. pen.
Invero, la valorizzazione della condotta decettiva complessivamente tenuta (non solo in sede dichiarativa ma anche in quella si successiva verifica) appare del tutto coerente con la possibilità di apprezzare, ai fini specifici che qui rilevano anche la condotta susseguente al reato. Altrettanto immune da censure risulta poi
la valutazione circa il profitto conseguito, ritenuto “non elevato” ma al contempo assolutamente “non trascurabile”.
Anche il motivo sulla mancata concessione RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche non può trovare accoglimento. Invero, il rilievo assorbente conferito ai precedenti a carico (tra l’altro per bancarotta fraudolenta e violazione degli obblighi di assistenza familiare) appare in linea con l’indirizzo interpretativo secondo cui «in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione» (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli Rv. 271269 – 01, la quale, in applicazione del principio, ha ritenuto sufficiente il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato).
Anche la residua censura appare priva di fondamento.
La Corte d’Appello ha ritenuto corretta la valutazione del Tribunale in ordine all’impossibilità di concedere un rinvio per la eventuale manifestazione del consenso alla sostituzione della pena detentiva, essendo il differimento espressamente previsto, dall’art. 545-bis, qualora il giudice – dopo aver acquisito il consenso dell’imputato, “personalmente o a mezzo di procuratore speciale”, alla sostituzione – si trovi nella impossibilità di decidere immediatamente.
Le considerazioni fin qui svolte impongono una declaratoria di inammissibilità del ricorso, e la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 28 marzo 2024
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