LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Dichiarazione fraudolenta: uso di fatture false

Un imprenditore è stato condannato per dichiarazione fraudolenta per aver utilizzato una fattura materialmente falsa. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso, confermando un principio chiave: ai fini del reato, non rileva se la falsità della fattura sia ‘ideologica’ (contenuto non veritiero) o ‘materiale’ (documento contraffatto). La sentenza ribadisce che la valutazione delle prove è di competenza dei giudici di merito e non può essere ridiscussa in sede di legittimità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Dichiarazione Fraudolenta: Anche la Fattura Materialmente Falsa Integra il Reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18615 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema centrale in materia di reati tributari: la configurabilità della dichiarazione fraudolenta in caso di utilizzo di fatture materialmente contraffatte. La decisione ribadisce un orientamento consolidato, offrendo importanti chiarimenti sulla distinzione, o meglio sull’irrilevanza, tra falsità materiale e ideologica del documento utilizzato per evadere le imposte. Questo caso evidenzia i rigorosi limiti del giudizio di legittimità e la difficoltà di contestare in Cassazione le valutazioni di merito operate dai giudici dei gradi precedenti.

Il Caso in Esame

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un imprenditore, titolare di un’impresa individuale, per i reati di cui agli artt. 2 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti) e 8 (emissione di fatture per operazioni inesistenti) del D.Lgs. n. 74 del 2000.

In particolare, la Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, ritenendo il reato di cui all’art. 8 assorbito in quello più grave di cui all’art. 2. La condanna si basava sull’utilizzo, nella dichiarazione IVA, di una fattura per un importo considerevole (circa 58.000 Euro) relativa all’acquisto di un macchinario, che secondo l’accusa non era mai avvenuto. La fattura, inoltre, era risultata materialmente falsa, in quanto il presunto emittente aveva negato di averla mai creata o rilasciata.

L’imprenditore ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidandosi a diversi motivi, tra cui:

1. Vizio di motivazione: Critiche alla valutazione di attendibilità delle dichiarazioni del presunto emittente della fattura.
2. Errata qualificazione giuridica: Sosteneva che l’uso di una fattura materialmente falsa dovesse essere ricondotto al reato di dichiarazione infedele (art. 3 D.Lgs. 74/2000) e non a quello di dichiarazione fraudolenta.
3. Mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e delle attenuanti generiche.

L’Analisi della Cassazione sulla Dichiarazione Fraudolenta

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure difensive con argomentazioni nette e in linea con la propria giurisprudenza consolidata.

Falsità Materiale vs. Ideologica: una Distinzione Irrilevante

Il punto centrale della sentenza riguarda la qualificazione del reato. La difesa sosteneva che la dichiarazione fraudolenta ex art. 2 richiedesse l’uso di fatture ‘ideologicamente’ false (cioè emesse per operazioni mai avvenute ma formalmente autentiche), mentre l’uso di un documento materialmente contraffatto configurerebbe un’ipotesi diversa.

La Cassazione ha smontato questa tesi, affermando che ai fini del reato di dichiarazione fraudolenta è irrilevante la natura della falsità. Ciò che conta è che il contribuente, per effettuare una dichiarazione mendace, si avvalga di fatture o altri documenti che attestino operazioni non reali. La norma intende punire l’inganno qualificato, basato su una documentazione di supporto falsa, a prescindere che la falsità risieda nel contenuto o nella materialità del documento stesso.

I Limiti del Giudizio di Legittimità

La Corte ha inoltre ribadito che il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Le critiche mosse dalla difesa alla valutazione delle prove (come la mancanza di giustificazione per l’acquisto del macchinario, l’assenza di prove del pagamento e le contraddizioni dell’imputato) sono state ritenute censure di fatto, che sollecitavano una nuova e diversa lettura delle risultanze processuali. Tale operazione è preclusa in sede di legittimità, dove il controllo è limitato alla coerenza e logicità della motivazione della sentenza impugnata, che in questo caso è stata giudicata immune da vizi.

Le Altre Censure Respinte dalla Corte

Anche gli altri motivi di ricorso sono stati rigettati.

* Particolare tenuità del fatto: La Corte ha ritenuto corretta la valutazione dei giudici di merito, i quali avevano considerato la condotta complessivamente ingannevole e il profitto del reato come ‘non elevato’ ma ‘assolutamente non trascurabile’, escludendo così l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p.
* Attenuanti generiche: Il diniego è stato giustificato sulla base dei numerosi precedenti penali dell’imputato. La Cassazione ha confermato che tale valutazione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito ed è insindacabile se, come in questo caso, adeguatamente motivata.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su due pilastri. Il primo è l’interpretazione teleologica dell’art. 2 del D.Lgs. 74/2000, volta a sanzionare qualsiasi condotta fraudolenta che si avvalga di documentazione fittizia per alterare la base imponibile, senza distinguere tra le diverse modalità di falsificazione. Il secondo pilastro è il rispetto dei confini tra giudizio di merito e giudizio di legittimità: la Cassazione non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, logicamente argomentata, dei giudici dei gradi precedenti. La sentenza impugnata presentava un percorso argomentativo coerente e completo, immune dalle critiche sollevate, che si risolvevano in una mera riproposizione di tesi già vagliate e respinte.

Le Conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento secondo cui la lotta all’evasione fiscale condotta attraverso la dichiarazione fraudolenta non ammette distinzioni formalistiche. L’utilizzo di qualsiasi documento falso, sia esso contraffatto nella sua materialità o solo nel suo contenuto, per supportare una dichiarazione dei redditi o IVA non veritiera, integra il grave reato previsto dall’art. 2. Per gli operatori e i professionisti, la lezione è chiara: la Cassazione adotta una linea di estremo rigore, confermando che il focus della repressione penale è sulla sostanza dell’inganno perpetrato ai danni dell’Erario, al di là delle sue specifiche modalità esecutive.

Utilizzare una fattura materialmente falsa, cioè creata da zero e non solo con dati non veritieri, costituisce il reato di dichiarazione fraudolenta?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che, ai fini del reato di dichiarazione fraudolenta (art. 2, D.Lgs. 74/2000), è irrilevante che la falsità della fattura sia ‘materiale’ (documento contraffatto) o ‘ideologica’ (documento genuino ma attestante operazioni inesistenti). In entrambi i casi, il reato è configurabile.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta da un giudice, come la credibilità di un testimone?
No. Il ricorso per cassazione serve a controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non a riesaminare i fatti o a fornire una diversa interpretazione delle prove. Le censure che mirano a una nuova valutazione del merito sono considerate inammissibili.

Perché sono state negate le attenuanti generiche all’imprenditore in questo caso?
Le attenuanti generiche sono state negate perché i giudici di merito hanno dato un peso decisivo ai numerosi e significativi precedenti penali dell’imputato (tra cui bancarotta fraudolenta e violazione degli obblighi di assistenza familiare). La Corte di Cassazione ha ritenuto questa motivazione sufficiente e non sindacabile, in quanto rientra nel giudizio di fatto del giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati