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Dichiarazione fraudolenta: quando si consuma il reato?

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per dichiarazione fraudolenta, stabilendo principi chiave. Il reato si perfeziona solo con la presentazione della dichiarazione fiscale, non con la mera registrazione delle fatture. Inoltre, per affermare la responsabilità di un amministratore di fatto dopo le dimissioni formali, sono necessarie prove concrete e continuative di un’attività gestoria, che non possono essere dedotte dalla semplice firma (non provata) su una dichiarazione inviata da un intermediario.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Dichiarazione Fraudolenta: Quando si Perfeziona il Reato e Chi è Responsabile?

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, torna a fare chiarezza su uno dei reati fiscali più insidiosi: la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti. La pronuncia è di fondamentale importanza perché definisce con precisione il momento in cui il reato si considera effettivamente commesso e i criteri per attribuire la responsabilità a chi non ricopre più formalmente la carica di amministratore. Questa decisione offre spunti cruciali per amministratori, professionisti e imprese.

Il Contesto del Caso Giudiziario

Il caso trae origine dalla condanna di un’amministratrice di una S.r.l. per il reato previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 74/2000. L’accusa era di aver utilizzato fatture per operazioni inesistenti al fine di evadere le imposte dirette e l’IVA. La condanna, emessa in primo grado dal Tribunale e parzialmente riformata in appello solo per quanto riguarda l’importo della confisca, veniva impugnata davanti alla Corte di Cassazione.

I motivi del ricorso si concentravano su due punti principali:
1. L’annualità 2014: La difesa sosteneva che una fattura del 2014 non era stata utilizzata nella dichiarazione IVA di quell’anno, ma solo indicata nel conto “fatture da ricevere” per le imposte dirette, per poi essere annotata fiscalmente solo nell’anno successivo. Secondo la ricorrente, ciò escludeva la consumazione del reato per il 2014.
2. L’annualità 2016: L’amministratrice aveva cessato formalmente la sua carica nell’ottobre 2016. La dichiarazione IVA per quell’anno era stata presentata a febbraio 2017, quando lei non era più legale rappresentante. La Corte d’Appello l’aveva comunque ritenuta responsabile quale “amministratrice di fatto”, basandosi sulla sua firma (presunta) sulla dichiarazione e sulle dichiarazioni del nuovo amministratore, che si era detto estraneo ai fatti.

La Dichiarazione Fraudolenta e i Motivi del Ricorso

Il ricorso verteva su questioni di diritto essenziali per la configurazione del reato di dichiarazione fraudolenta. La difesa ha correttamente evidenziato la natura “bifasica” del reato, che richiede non solo la registrazione di fatture false, ma anche il loro effettivo utilizzo nella dichiarazione fiscale annuale. È solo quest’ultimo atto, infatti, che lede l’interesse dello Stato alla corretta percezione dei tributi.

Per l’annualità 2016, la difesa ha contestato la qualifica di amministratrice di fatto, sostenendo che gli elementi addotti dalla Corte d’Appello – la presunta firma sulla dichiarazione e l’auto-dichiarazione di estraneità del successore – fossero insufficienti a provare un suo ruolo gestorio continuativo e significativo dopo la cessazione della carica formale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto i motivi del ricorso, annullando la sentenza con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello. Le motivazioni della decisione sono illuminanti e si articolano su due principi cardine.

Il Momento Consumativo del Reato

I giudici hanno ribadito con forza un principio consolidato: il reato di dichiarazione fraudolenta si perfeziona esclusivamente con la presentazione della dichiarazione fiscale. La semplice registrazione delle fatture false nelle scritture contabili è un’attività meramente preparatoria, penalmente irrilevante. Il legislatore ha scelto di punire solo le condotte che si traducono in una lesione concreta degli interessi fiscali, escludendo gli atti prodromici.

La Corte ha quindi censurato la sentenza d’appello, giudicandola erronea laddove suggeriva che il reato potesse perfezionarsi già al momento dell’inserimento della fattura in contabilità. Di conseguenza, per l’annualità 2014, era onere dei giudici di merito chiarire in quale dichiarazione fiscale (e per quale anno) la fattura contestata fosse stata effettivamente utilizzata per abbattere l’imponibile, cosa che non era stata fatta in modo chiaro.

I Limiti della Responsabilità dell’Amministratore di Fatto

Sul secondo punto, la Cassazione ha smontato la tesi della responsabilità quale amministratrice di fatto. Per attribuire tale qualifica, non basta un singolo atto o un’ingerenza episodica. È necessaria la prova di un’attività gestoria significativa e continuativa, che dimostri un inserimento organico del soggetto nelle funzioni direttive della società.

Nel caso specifico, gli elementi valorizzati erano del tutto insufficienti:
La firma sulla dichiarazione: Non era stato nemmeno accertato che la firma fosse effettivamente quella della ricorrente.
L’invio telematico: La dichiarazione era stata inviata da un consulente fiscale, che aveva inserito i dati della precedente amministratrice. Questo, secondo la Corte, rappresenta al più un’irregolarità formale, ma non prova di per sé la protrazione dell’attività gestoria.
Le dichiarazioni del nuovo amministratore: L’auto-dichiarazione di estraneità del successore non può, da sola, fondare la responsabilità penale di chi lo ha preceduto.

La Corte ha concluso che, in assenza di prove concrete sui rapporti con fornitori, clienti, dipendenti o su un qualsiasi altro settore gestionale, la qualifica di amministratrice di fatto non poteva essere attribuita.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante vademecum sulla dichiarazione fraudolenta. In primo luogo, stabilisce che non c’è reato senza la presentazione di una dichiarazione mendace; le sole registrazioni contabili, per quanto illecite, non bastano a integrare la fattispecie. In secondo luogo, pone un freno all’eccessiva dilatazione della figura dell’amministratore di fatto, richiedendo prove rigorose di una gestione aziendale effettiva, continuativa e non meramente presunta. Questa decisione rafforza le garanzie per gli amministratori, soprattutto in fase di cessazione della carica, e obbliga l’accusa a un accertamento più puntuale e sostanziale dei fatti.

Quando si considera commesso il reato di dichiarazione fraudolenta con fatture false?
Il reato si considera commesso (o ‘consumato’) solo nel momento in cui viene presentata la dichiarazione fiscale (dei redditi o IVA) che contiene gli elementi passivi fittizi. La semplice registrazione delle fatture false in contabilità è un atto preparatorio e non è sufficiente per configurare il reato.

Se una fattura falsa viene registrata in un anno ma utilizzata in una dichiarazione di un anno successivo, quando si commette il reato?
Il reato si commette nell’anno di presentazione della dichiarazione in cui la fattura viene effettivamente utilizzata per ridurre le imposte. L’anno di registrazione contabile è irrilevante ai fini del perfezionamento del reato.

Cosa serve per essere considerati ‘amministratori di fatto’ e rispondere di un reato fiscale commesso dopo aver lasciato la carica?
Non basta un singolo atto isolato. È necessaria la prova di un esercizio continuativo e significativo dei poteri tipici dell’amministratore, come la gestione dei rapporti con clienti, fornitori o dipendenti. La semplice indicazione del proprio nome su una dichiarazione inviata da un terzo, senza prova della firma o di un’effettiva attività gestoria, non è sufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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