Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 43752 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 43752 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/10/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME NOME COGNOME nato a Napoli il 08/05/1964 avverso la sentenza emessa il 22/11/2023 dalla Corte d’Appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; lette le conclusioni del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 22/11/2023, la Corte d’Appello di Napoli ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Avellino, in data 19/07/2022, con la quale NOME NOME NOME era stato condannato alla pena di giustizia in relazione al delitto di dichiarazione fraudolenta a lui ascritto, per l’anno di imposta 2013, nella qualità di amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE
Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla tecnica motivazionale adottata. Si deduce che il percorso argonnentativo enunciato per superare le obiezioni difensive in ordine alla affermata sussistenza del dolo specifico risultava incomprensibile, con particolare riguardo alla “non convenienza” – per la maggiore esposizione debitoria che ne sarebbe derivata – della ipotizzata compensazione delle fatture, annotate in dichiarazione, con quelle emesse dalla società del ricorrente verso la RAGIONE_SOCIALE (ovvero la emittente le fatture utilizzate in dichiarazione dal MAIDA). Sotto altro profilo, si censura la sentenza per aver ipotizzato che le fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE avevano la finalità di dissimulare quelle ricevute dalla RAGIONE_SOCIALE e annotate in dichiarazione; si deduce, al riguardo, che fino a prova della insussistenza del diritto alla detrazione, quest’ultimo doveva sempre essere rionosciuto.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancanza di adeguata analisi delle risultanze quanto all’elemento soggettivo. Si evidenzia che l’impianto accusatorio risultava smentito dalle fatture emesse a compensazione dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, con le quali la prima si sarebbe onerata del versamento di tributi più gravosi (IRES e IRAP) del fittizio credito IVA asseritamente procurato con le false fatture RAGIONE_SOCIALE.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata contestazione, da parte dell’Accusa, dell’annotazione in contabilità di elementi passivi fittizi ai fini delle imposte sui redditi, generata dalla emissione di 53 fatture di acquisto oggettivamente inesistenti ricevute da una società cartiera. Si censura la sentenza per aver giustificato la mancata contestazione con la necessità, per la RAGIONE_SOCIALE, di simulare una continuità e assiduità di operazioni commerciali non limitate alle sole operazioni utili a fini di risparmio IVA.
2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. Si censura la sentenza per aver considerato unicamente, in senso ostativo, il margine di superamento della soglia di punibilità, laddove la condotta del RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto essere valutata nella sua interezza.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Prcuratore Generale sollecita il rigetto del ricorso, ritenendo che la Corte territoriale abbia adeguatamente motivato in ordine a ciascuno dei profili censurati con il ricorso.
Con memoria ritualmente trasmessa, il difensore del COGNOME replica alle argomentazioni del P.G., insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato e deve essere perciò rigettato.
Per ciò che riguarda i primi tre motivi di ricorso, che possono essere qui trattati congiuntamente, deve anzitutto osservarsi che i giudici di merito sono stati assolutamente concordi nel ritenere il MAIDA responsabile del delitto di dichiarazione fraudolenta a lui ascritto – con riferimento all’annotazione delle fatture emesse dalla ALL METAL nei confronti della SUD METAL nell’anno di imposta 2013 – tracciando un percorso argomentativo imperniato, anzitutto, sulla oggettiva inesistenza delle operazioni commerciali apparentemente sottese alle predette fatture.
2.1. Tale attribuzione della qualifica di mera cartiera alla RAGIONE_SOCIALE risulta fondata su elementi concreti quanto incontrovertibili, avendo la Guardia di Finanza accertato che la società “era priva di struttura organizzativa, di sede legale essendo quella indicata una mera sede di domiciliazione, e quindi era una terza società – di uomini e mezzi, di risorse, di movimentazione bancaria tracciabile idonea a giustificare l’immane fatturato, circa 20 milioni di euro in due anni, e sebbene fosse stata creata con un capitale sociale risibile, di 900.000 euro appena sei mesi prima dell’inizio dell’attività commerciale dianzi ricordata; era inoperante di fatto, ed evasore totale” (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata, in cui si precisa anche che, dalle indagini, era emerso che la RAGIONE_SOCIALE era gestita dall’amministratore di una delle società che, come la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, aveva utilizzato le fatture per operazioni soggette al pagamento dell’IVA).
Muovendo dall’acclarata oggettiva inesistenza delle operazioni sottese alle fatture – di cui il MAIDA era “complice consapevole”, in quanto amministratore della società che aveva apparentemente acquistato la merce (pag. 8, cit.) – la Corte territoriale ha posto in evidenza che la RAGIONE_SOCIALE – non diversamente dalle altre società destinatarie delle false fatture – aveva evaso VIVA “compensando operazioni non IVA esenti con i propri debiti IVA nascenti da reali operazioni commerciali”. In particolare, l’utilizzo delle otto fatture soggette ad IVA emesse dalla ALL METAL nei confronti della società del RAGIONE_SOCIALE avevano determinato il mancato pagamento di IVA per complessivi Euro 262.532,54, per effetto della indebita compensazione con altre operazioni comportanti entrate (cfr. pag. 6).
La sussistenza del reato di dichiarazione fraudolenta ascritto al MAIDA è stata affermata, su tali basi, anche con riferimento all’elemento soggettivo, avendo la Corte territoriale ritenuto sia il presupposto della piena consapevolezza della inesistenza delle operazioni sottese alle fatture, sia anche quello della “volontà di servirsene strumentalmente nel rappresentare quel falso risultato dichiarato come rispondente a una contabilità inappuntabile” (cfr. pag. 13 della sentenza impugnata).
2.2. Come già evidenziato nella prima parte della presente esposizione, la difesa del MAIDA ha censurato tale iter motivazionale facendo leva sul fatto che
solo otto fatture (su cinquantatre) emesse dalla cartiera nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, e da questa contabilizzate, erano relative ad operazioni esenti da IVA, e sulla conseguente “non convenienza” della prospettata compensazione, dal momento che la società del RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata esposta ad imposte dirette (IRES, IRAP) di maggiore entità. In tale prospettiva, è stata per un verso censurata anche la motivazione addotta dalla Corte d’Appello in ordine alle altre fatture ALL METAL (con particolare riferimento al fine di schermare il rapporto di falsa fatturazione, simulando così una continuità ed assiduità di effettivi scambi commerciali tra le due società: cfr. pag. 9 della sentenza impugnata); per altro verso, la difesa ha per così dire “chiesto conto”, con il terzo motivo di ricorso, della mancata contestazione anche dell’annotazione in contabilità di elementi passivi fittizi ai fini delle imposte sui redditi.
Al riguardo, ritiene il Collegio di attribuire decisiva rilevanza al fatto che i ricorrente, contestando le conclusioni dei giudici di merito in ordine alla specifica operazione fraudolenta contestata al MAIDA, non ha offerto alcuna plausibile ricostruzione alternativa in grado di conferire connotazioni di liceità all’annotazione delle fatture ALL METAL e al successivo utilizzo in dichiarazione: né, tanto meno, la difesa ha inteso porre attendibilmente in discussione le risultanze (peraltro di granitica consistenza) concernenti l’assoluta inoperatività, e la conseguente inesistenza delle operazioni sottese alle fatture emesse dalla predetta società.
Del resto, il RAGIONE_SOCIALE ha reso dichiarazioni – ritenute non a torto confuse dalla Corte territoriale, come sottolineato anche nella requisitoria del P.G. – in cui ha definito la RAGIONE_SOCIALE “una società tra virgolette a dir poco ballerina” (pag. 10 della sentenza), prospettando una effettività delle operazioni – e la conseguente legittimità delle compensazioni operate – senza minimamente confrontarsi con i dati oggettivi comprovanti, in termini inequivocabili, che la predetta società era del tutto priva di strutture, organizzazione, ecc.: altrettanto inesplorato, da parte della difesa ricorrente, è risultato l’ulteriore elemento di granitica rilevanza ai fin che qui interessano, costituito dalla mancanza di documentazione idonea a comprovare l’effettività dei pagamenti, per milioni di euro, relativi alle fatture (cfr. pag. 11 della sentenza impugnata).
In tale complessivo contesto, deve ritenersi immune da censure la concorde valutazione dei giudici di merito in ordine alla responsabilità del MAIDA, ben potendo trovare applicazione l’ormai consolidato insegnamento di questa Suprema Corte secondo cui «in tema di reati tributari, il dolo specifico richiesto per integrare il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, rappresentato dal perseguimento della finalità evasiva, che deve aggiungersi alla volontà di realizzare l’evento tipico (la presentazione della dichiarazione), è compatibile con il dolo eventuale, ravvisabile nell’accettazione del rischio che l’azione di presentazione della dichiarazione, comprensiva anche di fatture o altri
documenti per operazioni inesistenti, possa comportare l’evasione delle imposte dirette o dell’Iva» (Sez. 3, n. 52411 del 19/06/2018, B., Rv. 274104 – 01).
Tali conclusioni non possono ritenersi in alcun modo vulnerate dai rilievi difensivi in ordine alla motivazione offerta dalla Corte territoriale circa l’annotazione anche delle altre fatture ALL METAL, esenti da IVA: quel che rileva, infatti, è l’inesistenza delle operazioni sottese alle fatture utilizzate per l compensazione, e la piena consapevolezza, in capo al MAIDA, di tale oggettiva inesistenza, elementi che non hanno ricevuto alcuna effettiva e concreta confutazione da parte della difesa. Né, tanto meno, può attribuirsi rilievo demolitorio al fatto che non siano stati sollevati, nei confronti dell’odierno ricorrente, ulteriori addebiti riferibili alle altre fatture ALL METAL: circostanza evidentemente inidonea, in sé, a rendere lecita la specifica condotta oggetto di contestazione in questa sede.
Incensurabile è anche la motivazione posta dalla Corte territoriale a base del rigetto della richiesta subordinata di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.
Deve invero osservarsi che la difesa non ha in alcun modo contestato il rilievo, contenuto in sentenza, circa il fatto che la richiesta era “totalmente immotivata”: circostanza che rende pienamente legittimo il richiamo al considerevole superamento della soglia di punibilità. Solo per completezza, si evidenzia che neppure in questa sede la difesa ha prospettato la sussistenza di plausibili elementi idonei a far rientrare la fattispecie nell’alveo della particolare tenuità del fatto, a sensi e per gli effetti di cui all’art. 131-bis cod. pen., essendovi nel ricorso un richiamo, del tutto generico, alla necessità di valutare la fattispecie nella sua interezza.
Le considerazioni fin qui svolte impongono il rigetto del ricorso, e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17 ottobre 2024