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Dichiarazione domicilio appello: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha confermato l’inammissibilità di un appello penale a causa della mancata allegazione della dichiarazione di domicilio appello, come richiesto dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. (ora abrogato). La sentenza chiarisce che la norma, sebbene abrogata, si applica agli atti depositati prima del 25 agosto 2024 e che un eventuale richiamo a una precedente elezione di domicilio doveva essere espresso e specifico, indicandone la collocazione nel fascicolo processuale.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazione domicilio appello: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4745/2025, ha affrontato una questione procedurale di grande rilevanza: i requisiti di ammissibilità dell’atto di appello penale, in particolare l’obbligo di allegare la dichiarazione di domicilio appello o di farvi specifico riferimento. Questa pronuncia offre chiarimenti fondamentali sull’applicazione di una norma (art. 581, comma 1-ter, c.p.p.), anche a seguito della sua recente abrogazione, confermando la linea del rigore formale a garanzia della certezza del diritto.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una condanna per il reato di uso di atto falso (art. 489 c.p.) emessa dal Tribunale di Monza. L’imputato, tramite il suo difensore, proponeva appello avverso tale sentenza. Tuttavia, la Corte di Appello di Milano dichiarava l’impugnazione inammissibile. La ragione? L’atto di appello era privo della dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato, un requisito all’epoca previsto a pena di inammissibilità dall’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale, introdotto dalla Riforma Cartabia.

Contro questa decisione, la difesa presentava ricorso per cassazione, sostenendo che tale requisito dovesse applicarsi solo nei casi in cui l’imputato fosse stato giudicato in assenza in primo grado, mentre nel caso di specie l’imputato era presente. La questione, di notevole importanza, è stata quindi sottoposta al vaglio della Suprema Corte.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte di Appello. Gli Ermellini hanno ritenuto l’appello originario correttamente dichiarato inammissibile, fondando la propria decisione su un’interpretazione rigorosa della normativa applicabile al momento della presentazione dell’impugnazione.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha basato il suo ragionamento su principi stabiliti da una recentissima pronuncia delle Sezioni Unite, offrendo una guida chiara sull’interpretazione della disciplina transitoria relativa alla dichiarazione di domicilio appello.

L’Applicabilità della Norma Nonostante l’Abrogazione

Il punto centrale della motivazione riguarda l’efficacia nel tempo dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. Sebbene questa norma sia stata abrogata dalla legge n. 114 del 9 agosto 2024 (con effetto dal 25 agosto 2024), la Cassazione ha chiarito, richiamando le Sezioni Unite, che essa continua ad applicarsi a tutte le impugnazioni proposte prima della data di entrata in vigore della legge abrogatrice. Poiché l’appello in questione era stato depositato in questo arco temporale, era pienamente soggetto a tale requisito di ammissibilità.

Requisiti Formali per la Dichiarazione di Domicilio Appello

La sentenza ha inoltre specificato la corretta modalità di adempimento di tale onere. Per superare il vaglio di ammissibilità, l’appellante aveva due possibilità:
1. Depositare una nuova dichiarazione o elezione di domicilio contestualmente all’atto di appello.
2. Includere nell’atto di appello un richiamo espresso e specifico a una precedente dichiarazione o elezione di domicilio già presente nel fascicolo processuale.

La Corte ha sottolineato che un semplice riferimento generico non era sufficiente. Era necessario indicare con precisione la collocazione dell’atto nel fascicolo, in modo da consentire un’immediata e inequivoca individuazione del luogo per le notificazioni. Nel caso esaminato, l’atto di appello non solo non era corredato da una nuova elezione di domicilio, ma non conteneva nemmeno alcun riferimento a una precedente dichiarazione.

Le Conclusioni

Questa pronuncia della Cassazione ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale: il rigore delle forme non è un mero formalismo, ma uno strumento essenziale per garantire la certezza dei rapporti giuridici e il corretto svolgimento del processo. Anche se la norma sulla dichiarazione di domicilio appello è stata superata dal legislatore, questa sentenza funge da monito sull’importanza di prestare la massima attenzione agli adempimenti procedurali richiesti dalla legge vigente al momento del compimento dell’atto. Per gli operatori del diritto, la lezione è chiara: la diligenza nella redazione degli atti processuali è un presupposto imprescindibile per la tutela effettiva dei diritti dei propri assistiti.

Una norma processuale abrogata può ancora applicarsi a un appello?
Sì. La sentenza chiarisce che una norma processuale, sebbene abrogata, continua ad applicarsi agli atti compiuti durante il suo periodo di vigenza. Nello specifico, l’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. si applica a tutte le impugnazioni proposte fino al 24 agosto 2024, data precedente all’entrata in vigore della legge di abrogazione.

Quali erano i requisiti per la validità della dichiarazione di domicilio nell’atto di appello?
L’atto di appello doveva contenere, a pena di inammissibilità, una nuova dichiarazione o elezione di domicilio oppure un richiamo “espresso e specifico” a una dichiarazione precedente, indicandone la collocazione nel fascicolo processuale per consentirne l’immediata individuazione. Un riferimento generico non era considerato sufficiente.

Cosa accade se l’atto di appello è privo dei requisiti formali richiesti dalla legge?
Se un atto di impugnazione è privo dei requisiti formali previsti dalla legge a pena di inammissibilità, come la mancata dichiarazione di domicilio nel caso di specie, il giudice non può esaminare il merito della questione. L’impugnazione viene dichiarata inammissibile e la sentenza impugnata diventa definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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