Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19166 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19166 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
NOME NOME, nato a Cosenza il DATA_NASCITA
rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO, di fiducia e da
COGNOME NOME, nato a Rende il DATA_NASCITA
rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, di fiducia avverso la ordinanza in data 30/11/2023 della Corte di appello di Catanzaro, prima sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 30/11/2023, la Corte di appello di Catanzaro dichiarava inammissibile l’istanza di ricusazione del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro in riferimento al giudizio abbreviato nel
procedimento a carico di NOME COGNOME ed altri nel procedimento n. 3804/17 RG NR DDA Catanzaro, proposta dall’AVV_NOTAIO, in qualità di difensore di fiducia, munita di procura speciale, di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, ex artt. 34, comma 2 e 36 lett. g) cod. proc. pen., per avere lo stesso pronunciato, nei confronti di altri coimputati, il decreto che dispone il giudizio nell’ambito d richiamato procedimento penale, atto asseritannente idoneo a compromettere l’imparzialità a decidere sulle posizioni dei citati COGNOME e COGNOME, già ammessi a giudizio abbreviato, alla luce della c.d. Riforma Cartabia che ha ridisegnato l’udienza preliminare stabilendo una nuova regola di giudizio alla quale il giudice deve attenersi nelle proprie valutazioni, che non è più quella della “idoneità a sostenere l’accusa in giudizio”, ma è quella della “ragionevole previsione di condanna”.
Avverso la predetta ordinanza, nell’interesse di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, con distinti – ma identici – atti è stato proposto ricorso pe cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Primo motivo comune: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 37 e 38, comma 2, cod. proc. pen.
Dalla trascrizione integrale dell’udienza del 18/09/2023 (pagg. 46 e 47) appare evidente come il difensore (AVV_NOTAIO) si fosse fatto rilasciare la procura speciale dai propri due assistiti (detenuto in video-collegamento) per proporre la preannunciata istanza di ricusazione, il cui deposito era stato formalizzato nei tre giorni successivi dal medesimo difensore che, sempre nel corso dell’udienza, si era associato all’invito all’astensione formulato da altra difesa.
Secondo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 34, comma 2, 36, comma 1, lett. g) e 37 cod. proc. pen.
L’aver assunto un provvedimento decisorio (decreto che dispone il giudizio) che implica una valutazione del merito dei fatti, sia in ordine alla contestazione specifica relativa ai due ricorrenti, sia in ordine a tutti gli altri 299 ca imputazione, contestati in concorso tra imputati già rinviati a giudizio ed imputati in attesa di essere giudicati in abbreviato, compromette in radice la garanzia di imparzialità del giudice oggi chiamato a pronunciare sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
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La prima censura, comune ai proposti ricorsi per cassazione, è manifestamente infondata, con conseguente assorbimento della seconda.
2.1. Occorre immediatamente evidenziare come la difesa, all’udienza del 18/09/2023 (prima udienza di celebrazione del giudizio abbreviato), si limitava ad invitare il giudice ad astenersi, ma non formulava dichiarazione di ricusazione, né esplicitava la propria riserva di successiva formalizzazione nel termine di tre giorni di cui all’art. 38, comma 2, cod. proc. pen.: disposizione, quest’ultima, che – come è noto – prevede che, se la causa di ricusazione sia divenuta nota nel corso dell’udienza (come avvenuto nella fattispecie), la dichiarazione di ricusazione deve essere proposta in ogni caso “prima del termine dell’udienza”. Entro detto termine, qualora – come detto – “la parte ha solo l’onere di formulare la dichiarazione di ricusazione, con esplicita riserva di formalizzare tale dichiarazione nel termine di tre giorni previsto dall’art. 38, comma secondo, cod. proc. pen., non potendo essere imposto alla parte di abbandonare l’udienza per presentare la dichiarazione di ricusazione, con i relativi documenti, nella cancelleria competente” (Sez. U, n. 36847 del 26/06/2014, COGNOME, Rv. 260096; Sez. 3, n. 12983 del 18/12/2014, dep. 2015, Fiesoli, Rv. 262998).
2.2. La giurisprudenza si è più volte occupata del problema derivante dal rigore della previsione secondo cui se la causa di ricusazione sia divenuta nota nel corso della udienza la dichiarazione di ricusazione deve essere proposta in ogni caso «prima del termine della udienza».
Si è al riguardo affermato che nel caso in cui la cancelleria del giudice competente a ricevere la dichiarazione di ricusazione è collocata in luogo diverso da quello in cui si svolge l’udienza, e se la formale dichiarazione non può essere presentata prima dell’esaurimento della udienza, trova applicazione il termine di tre giorni previsto dall’art. 38, comma 2, primo periodo, cod. proc. pen. (v. tra l altre, Sez. 2, n. 49457 del 07/11/2013, Piazza, Rv. 257501; Sez. 5, n. 36624 del 26/05/2009, COGNOME, Rv. 245129). A parere della sentenza “COGNOME COGNOME“, a prescindere dalla collocazione della sede del giudice competente a ricevere la dichiarazione di ricusazione, non potendo essere imposto alla parte di abbandonare l’udienza per presentare la dichiarazione di ricusazione nella cancelleria competente (v., Sez. 1, n. 8247 del 06/02/2008, COGNOME, Rv. 239045), è solo onere della stessa di formulare in udienza la dichiarazione di ricusazione, con riserva di formalizzare tale dichiarazione nel termine di tre giorni previsto dall’art. 38, comma 2, primo periodo, cod. proc. pen. (in questo senso, Sez. 4, n. 11072 del 15/01/2013, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 46310 del 23/11/2011, COGNOME, Rv. 251531; Sez. 5, n. 26994 del 26/05/2009, COGNOME, Rv. 244483).
2.3. Nella specie, all’udienza del 18/09/2023, l’AVV_NOTAIO, dopo essersi associata all’invito all’astensione del giudice da parte di altra collega, chiedeva che venisse acquisita la procura speciale dei suoi due assistiti, NOME COGNOME e NOME COGNOME, per la presentazione ed il deposito dell’istanza di ricusazione; nel medesimo contesto, gli imputati COGNOME e COGNOME, a conferma, dichiaravano di conferire all’AVV_NOTAIO la procura speciale per la proposizione dell’istanza di ricusazione (v. pagg. 46 e 47 del verbale d’udienza trascritto).
Dalla lettura dello stesso verbale non risulta che il difensore o gli imputati avessero formulato in udienza la dichiarazione di ricusazione, con riserva di formalizzazione nel termine di tre giorni previsto dall’art. 38 comma 2, primo periodo, cod. proc. pen., dovendosi ritenere che il mero rilascio al difensore di procura speciale per formalizzare l’istanza di ricusazione non possa in alcun modo valere come rituale dichiarazione di ricusazione.
2.4. Né, infine, è possibile ritenere che il difensore avesse inteso “attendere” l’esito della procedura di astensione prima di presentare la dichiarazione di ricusazione, attesa la riconosciuta autonomia dei termini (v. tra le altre, Sez. 6, n. 49080 del 03/12/2013, COGNOME, Rv. 258364; Sez. 5, n. 33422 del 26/06/2008, COGNOME, Rv. 241385; Sez. 2, n. 9166 del 19/02/2008, COGNOME, Rv. 239553; Sez. 4, n. 2057 del 29/08/1996, COGNOME, Rv. 206105, secondo le quali i termini per la dichiarazione decorrono autonomamente rispetto alla decisione del giudice di astenersi o al rigetto della relativa dichiarazione) circostanza che imponeva alla parte di non poter subordinare “l’iniziativa ricusatoria”, solo genericamente prospettata, all’esito negativo dell’invito all’astensione (esito negativo che, peraltro, si era già manifestato chiaramente in udienza, avendo il giudice proseguito nella trattazione del processo).
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro tremila, così quantificata tenuto conto del grado di colpa emerso, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese j p processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende RAGIONE_SOCIALE.0 Così deciso in Roma il 27/03/2024.