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Dichiarazione di domicilio appello: quando è obbligatoria?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10172/2024, ha confermato l’inammissibilità di un ricorso in appello a causa della mancata presentazione della nuova dichiarazione di domicilio appello, come richiesto dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. introdotto dalla Riforma Cartabia. La Corte ha stabilito che la precedente elezione di domicilio effettuata nel primo grado di giudizio non è più sufficiente. Questo nuovo adempimento è considerato un requisito perentorio e non una formalità superflua, in quanto mira a garantire la partecipazione effettiva e informata dell’imputato al processo d’appello e a rendere più efficiente la procedura di notificazione, escludendo ogni violazione del diritto di difesa.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazione di Domicilio in Appello: Un Requisito Inderogabile

Con la recente Riforma Cartabia, il legislatore ha introdotto modifiche significative alla procedura penale, mirando a una maggiore efficienza e celerità. Una di queste novità, come chiarito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 10172 del 2024, riguarda l’obbligo di depositare una nuova dichiarazione di domicilio appello insieme all’atto di impugnazione. Questa pronuncia sottolinea come tale adempimento non sia una mera formalità, ma un requisito di ammissibilità a pena di esclusione, destinato a garantire la certezza delle notifiche e la partecipazione consapevole dell’imputato.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’ordinanza della Corte di Appello di Milano, che aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto da un imputato avverso una sentenza di primo grado. La ragione dell’inammissibilità risiedeva nella mancata allegazione, all’atto di impugnazione, della dichiarazione o elezione di domicilio prevista dall’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che tale requisito fosse stato sostanzialmente soddisfatto. Egli aveva infatti già dichiarato il proprio domicilio in più occasioni durante il primo grado di giudizio, e lo stesso indirizzo era stato indicato nell’atto di appello. A suo avviso, la sanzione dell’inammissibilità appariva sproporzionata e irragionevole, limitando ingiustamente il suo diritto alla revisione della sentenza. Il ricorrente ha inoltre sollevato una questione di legittimità costituzionale della norma, ritenendola in contrasto con il diritto di difesa garantito dall’art. 24 della Costituzione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la questione della dichiarazione di domicilio appello

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici hanno affermato in modo netto che la norma introdotta dalla Riforma Cartabia è perentoria e inequivocabile. L’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. sancisce espressamente che, con l’atto di impugnazione, deve “sempre” essere depositata la dichiarazione di domicilio appello ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio. La mancanza di tale allegazione comporta, come sanzione processuale, l’inammissibilità dell’impugnazione stessa.

La Corte ha specificato che il deposito di questo documento deve essere concomitante o comunque avvenire entro il termine per impugnare, e che deve trattarsi di una dichiarazione successiva alla sentenza di primo grado. Questo perché la scelta di impugnare è una decisione personale dell’imputato, che deve essere “informata” e attuale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha sviluppato un’articolata motivazione per giustificare la rigidità della norma e la sua conformità ai principi costituzionali e sovranazionali.

In primo luogo, la ratio della norma è orientata alla tutela dell’imputato. La richiesta di una nuova dichiarazione di domicilio serve a garantire la sua partecipazione effettiva al processo penale d’appello. Il tempo che intercorre tra la fine del primo grado e l’impugnazione può essere lungo, e l’imputato potrebbe aver cambiato residenza o domicilio. L’aggiornamento del domicilio a ridosso del nuovo grado di giudizio assicura quindi la corretta ricezione della citazione e la piena conoscenza del procedimento a suo carico.

In secondo luogo, la norma è funzionale a salvaguardare il ruolo del difensore, evitando difficoltà nei contatti con l’assistito. La scelta del domicilio è un’opzione riservata all’imputato, che così dimostra la tangibilità della sua volontà di contrastare la decisione di primo grado.

Infine, la disposizione persegue uno scopo di efficienza e celerità processuale, in linea con il principio della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.). Prevenendo i vizi di notifica, si evitano ritardi e si semplifica l’instaurazione del contraddittorio in appello. La Corte ha sottolineato come questa scelta del legislatore, che modifica la precedente formulazione dell’art. 164 c.p.p. (che prevedeva la validità della dichiarazione per ogni stato e grado), sia una decisione ponderata e compatibile con l’esigenza di bilanciare il diritto di difesa con la speditezza del processo. Pertanto, la questione di legittimità costituzionale è stata ritenuta manifestamente infondata.

Le Conclusioni

La sentenza in commento offre un’interpretazione chiara e rigorosa della nuova disciplina sull’ammissibilità dell’appello penale. L’obbligo di allegare una nuova e specifica dichiarazione o elezione di domicilio non è un cavillo formale, ma un requisito sostanziale voluto dal legislatore per responsabilizzare l’imputato e razionalizzare il processo. Per gli operatori del diritto, la lezione è inequivocabile: la dichiarazione di domicilio appello è un adempimento imprescindibile, la cui omissione determina la conseguenza drastica dell’inammissibilità del gravame, impedendo qualsiasi discussione sul merito della causa. È quindi fondamentale prestare la massima attenzione a questo requisito al momento della redazione e del deposito dell’atto di appello.

È ancora valida la dichiarazione di domicilio fatta nel primo grado di giudizio per la notifica dell’atto di citazione in appello?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che, a seguito della Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), la dichiarazione di domicilio effettuata nel primo grado non è più efficace per il giudizio di impugnazione. È obbligatorio depositare una nuova e specifica dichiarazione o elezione di domicilio contestualmente all’atto di appello.

Cosa succede se non si deposita la nuova dichiarazione di domicilio con l’atto di appello?
L’appello viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che il giudice non esaminerà le ragioni e i motivi dell’impugnazione, e la sentenza di primo grado diventerà definitiva.

La richiesta di una nuova dichiarazione di domicilio in appello viola il diritto di difesa?
No. Secondo la Suprema Corte, questo requisito non lede il diritto di difesa. Al contrario, è una norma posta a tutela dell’imputato per garantirne la partecipazione effettiva e informata al processo d’appello, assicurando che riceva correttamente la notifica della citazione a giudizio e bilanciando tale diritto con l’esigenza di efficienza e ragionevole durata del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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