Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 783 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 783 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da COGNOME COGNOME n. a Scafati il 9/12/1988 avverso l’ordinanza della Corte di Appello di Salerno in data 22/1/2024 visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione della Cons. NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del Sost. Proc.Gen. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; letta la memoria difensiva a firma dell’Avv. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’impugnata ordinanza la Corte d’Appello di Salerno dichiarava inammissibile l’impugnazione proposta il 10/11/23 dal difensore di COGNOME NOME avverso la sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore che, in data 19/7/23, aveva affermato la penale responsabilità dell’imputato con riguardo al delitto di estorsione continuata ed aggravata, anche ai sensi dell’art. 416bis..1 cod.pen., condannandolo alla pena ritenuta di giustizia.
La Corte territoriale, in particolare, rilevava la violazione dell’art. 581, comma 1 ter, cod.proc.pen. in ragione dell’omessa allegazione all’atto di appello della dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.
Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, Avv. NOME COGNOME il quale ha dedotto:
2.1 la violazione ed erronea applicazione dell’art. 581 ter cod.proc.pen. in relazione agli artt. 157 ter, 161, 162 e 164 cod.proc.pen. nonché dell’art.1 L. 134/21.
2.2 l’illegittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1 ter, cod.proc.pen. e delle norme correlate per violazione degli artt. 3,24,27, 111 Cost. nella parte in cui non prevede la remissione in termini dell’imputato per il ricorso ordinario per Cassazione.
Il difensore deduce che la norma sospettata d’incostituzionalità grava la posizione dell’imputato di un onere che non è richiesto per l’ufficio del P.M. né imposto alla parte civile costituita, che conserva il diritto di impugnare sulla base di una procura rilasciata prima della sentenza. Inoltre, la disposizione pone una cesura nel percorso della difesa tecnica che nel caso di imputato presente soggiace ad un onere la cui inottemperanza elide in modo sproporzionato il diritto al secondo
grado di merito e si riflette anche sul diritto di presentare ricorso per cassazione per sola violazione di legge. Infatti la norma, pur inserita tra quelle generali che regolano le impugnazioni, appare finalizzata ai giudizi di merito in quanto non sussiste per il giudizio di legittimità l’onere di notifica della citazione all’imputa Pertanto, secondo il ricorrente l’omessa allegazione della dichiarazione o elezione di domicilio all’atto d’appello dovrebbe comportare la sola decadenza dal secondo giudizio di merito, lasciando intatta la possibilità di presentare ricorso per Cassazione quantomeno per violazione di legge;
2.3 la violazione ed erronea applicazione dell’art. 512 in relazione all’art. 526 cod.proc.pen. con riguardo all’acquisizione delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME COGNOME, testimone chiave per la posizione del ricorrente, ritenuto irreperibile sulla base di ricerche lacunose sebbene dovesse -al contrarioreputarsi che il medesimo si è volontariamente sottratto all’esame dibattimentale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo è infondato. Questa Corte, nella sua massima espressione nomofilattica, all’udienza del 24 ottobre 2024 ha deciso la questione relativa alla corretta declinazione dell’obbligo di allegazione dell’elezione o dichiarazione di domicilio nell’atto di appello di cui all’art. 581, comma 1 ter, cod.proc.pen. Sulla base della informazione provvisoria resa nota ha ritenuto che la disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024 e la previsione “deve essere interpretata nel senso che è sufficiente che l’impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione”.
Nella specie l’atto di appello, depositato il 10/11/2023, non contiene alcun “espresso e specifico” riferimento alla pregressa dichiarazione di domicilio dell’imputato sicché la declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione resa dalla Corte territoriale non è suscettibile di censura.
2.La questione di legittimità costituzionale formulata con il secondo motivo è infondata, per taluni aspetti in maniera manifesta. Il difensore sospetta che l’art. 581, comma 1 ter, cod.proc.pen. nel limitato periodo di vigenza abbia comportato un’ingiustificata limitazione del diritto di difesa dell’imputato, ponendosi in contrasto con gli artt. 3, 4, 27, 111 della Carta Fondamentale, non prevedendo che, a seguito della declaratoria d’inammissibilità dell’appello, l’imputato possa comunque essere rimesso in termini per la proposizione del ricorso per Cassazione per violazione di legge.
2.1 Questa Corte ha già chiarito che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dei commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581, cod. proc. pen., introdotti dall’art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per contrasto con gl artt. 24, 27 e 111 Cost., in quanto tali disposizioni, laddove richiedono che unitamente all’atto di impugnazione siano depositati, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio e, quando si sia proceduto in assenza dell’imputato, lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, non comportano alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma solo regolano le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché essi non collidono né con il principio della inviolabilità del diritto di dife né con la presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con il diritto ad impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge (Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep. 2024, Rv. 285900-01), affrontando più profili in questa sede proposti, con precipuo riguardo alla asserita irragionevole preclusione della possibilità di esperire ricorso per Cassazione ex 111 Cost.
Il difensore sollecita un intervento radicalmente manipolativo, e specificamente additivo, del sistema delle impugnazioni atto a consentire il recupero di censure integranti violazione di legge in ipotesi di inammissibilità del gravame di merito per difetto dei presupposti formali, pretermettendo ogni considerazione circa il principio devolutivo che governa la progressione processuale, la radicalità e tassatività delle ipotesi disciplinate dall’art. 591 codic: di rito, cui consegue l’esecutività del provvedimento impugnato, la conformazione dell’istituto della remissione in termini ex art. 175 cod.proc.pen., facendo discendere da una violazione delle regole processuali un preteso diritto alla prosecuzione del giudizio.
2.2 Ritiene il Collegio, in linea con quanto già affermato in proposito, che la disposizione investita da dubbio di costituzionalità non incida sulla facoltà di impugnare ma in maniera non irragionevole sulla sola forma dell’atto per finalità che rafforzano i principi del giusto processo, favorendo i tempi di definizione delle impugnazioni e la consapevolezza del mezzo azionato da parte dell’impugnante (Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, Rv. 285324-02; Sez. 6, n. 6264 del 10/01/2024, Rv. 285984-01), in un contesto in cui, come più volte ricordato dal Giudice delle Leggi, la garanzia del doppio grado di giudizio non ha di per sé copertura costituzionale, ammettendo limitazioni adeguate e proporzionali rispetto allo scopo perseguito.
Né hanno pregio i rilievi che concernono la pretesa asimmetria tra la posizione dell’imputato e quella del pubblico ministero, che trascurano la diversità dei ruoli e delle corrispondenti prerogative delle diverse figure processuali, nonché la peculiarità dell’adempimento di cui si controverte. Quanto alla parte civile, l’assunto di un diverso ed irragionevole regime impugnatorio è smentito dal tenore letterale dell’art. 581, comma 1 ter, cod.proc.pen. che prescrive la necessità del deposito della dichiarazione o elezione di domicilio per tutte le “parti private”.
Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Così deciso in Roma il 21 novembre 2024
La Consigliera estensore
La Presidente