Dichiarazione di Domicilio: Quando un Dettaglio Formale Blocca l’Appello
Nel labirinto delle norme procedurali, anche un singolo adempimento mancato può avere conseguenze definitive. Un caso recente, deciso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 31040/2024, illustra perfettamente questo principio, chiarendo come l’omessa dichiarazione di domicilio possa portare all’inammissibilità di un atto di appello, chiudendo di fatto le porte a un ulteriore esame del merito della causa. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza del rigore formale nella difesa tecnica.
I Fatti di Causa
La vicenda trae origine dalla condanna in primo grado di un imputato per i reati di minaccia grave e lesioni personali gravi. A seguito della sentenza, la difesa proponeva appello. Tuttavia, la Corte di Appello di L’Aquila dichiarava l’impugnazione inammissibile. La ragione non risiedeva nel merito delle argomentazioni difensive, ma in un vizio puramente procedurale: la mancata presentazione, da parte dell’imputato, della dichiarazione o elezione di domicilio, un requisito esplicitamente previsto dalla legge a pena di inammissibilità. Contro questa decisione, l’imputato ricorreva per Cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge penale.
La Valutazione della Corte e l’Importanza della Dichiarazione di Domicilio
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendolo ‘manifestamente infondato’. Il cuore della questione ruota attorno all’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, con l’atto di impugnazione, l’imputato debba depositare una specifica dichiarazione o elezione di domicilio ai fini delle notificazioni. Si tratta di un onere inderogabile, la cui violazione comporta, appunto, l’inammissibilità dell’appello.
La Corte ha verificato che il difensore non aveva depositato tale atto. Al suo posto, era stata presentata una ‘procura speciale’ che, a un’attenta analisi, ha sollevato ulteriori perplessità.
La Procura Sospetta e l’Irrilevanza ai Fini Procedurali
Il documento depositato dalla difesa era una procura datata 9 ottobre 2023. I giudici hanno notato che essa appariva come una ‘mera fotocopia’ di una procura ben più vecchia, rilasciata il 9 novembre 2021, sulla quale erano state apposte correzioni manuali per aggiornare il mese e l’anno. Questo dettaglio non solo ha reso il documento inidoneo a sostituire la mancata dichiarazione di domicilio, ma ha anche indotto la Corte a segnalare la questione alla Procura della Repubblica per le opportune valutazioni sulla sua autenticità. Al di là dei profili di presunto falso, la Cassazione ha ribadito che un atto di procura, anche se valido, non può surrogare la specifica dichiarazione richiesta dalla norma procedurale.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Suprema Corte è netta e lineare. L’obbligo di depositare la dichiarazione o elezione di domicilio è un requisito di ammissibilità dell’impugnazione, introdotto per garantire la certezza delle notificazioni all’imputato nella fase di appello. La sua omissione non è sanabile né può essere superata dalla presentazione di altri documenti. La legge non lascia spazio a interpretazioni: senza tale dichiarazione, l’appello non può essere esaminato. Pertanto, la decisione della Corte di Appello era corretta e l’applicazione della sanzione processuale dell’inammissibilità era inevitabile.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma con forza il principio secondo cui le norme procedurali non sono semplici formalità, ma presidi essenziali per il corretto svolgimento del processo. La decisione della Cassazione sottolinea che la negligenza o l’errore su adempimenti apparentemente ‘minori’, come la dichiarazione di domicilio, possono avere effetti preclusivi e irreversibili. Per gli avvocati e i loro assistiti, questo caso è un chiaro promemoria della necessità di una scrupolosa e attenta osservanza di ogni singolo requisito formale previsto dal codice, poiché da esso può dipendere l’esito stesso del giudizio di impugnazione. L’inammissibilità dell’appello, infatti, comporta l’esecuzione della sentenza di primo grado, rendendola definitiva.
Perché l’appello è stato dichiarato inammissibile?
L’appello è stato dichiarato inammissibile perché la difesa non ha depositato la dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato, un adempimento richiesto a pena di inammissibilità dall’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale.
Una procura speciale può sostituire la dichiarazione di domicilio?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la presentazione di una procura speciale, per di più una fotocopia con correzioni manuali ritenuta sospetta, non è sufficiente a soddisfare il requisito specifico e autonomo della dichiarazione o elezione di domicilio previsto dalla legge.
Qual è stata la conseguenza finale per il ricorrente?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, la sentenza di condanna di primo grado è diventata esecutiva. Inoltre, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31040 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31040 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/03/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza della – Corte di Appello di L’Aquila, che, dichiarando l’inammissibilità dell’atto di appell per mancanza di dichiarazione o elezione di domicilio, ha disposto l’esecuzione della sentenza di primo grado, con la quale l’imputato era stato ritenuto responsabile dei reati di minaccia grave e di lesioni personali gravi;
considerato che, con unico motivo di ricorso, il ricorrente denunzia l’erronea applicazione della legge penale in ordine alla dichiarazione di inammissibilità;
che tale motivo è manifestamente infondato, atteso che – come verificato dalla Corte di merito – il difensore non ha depositato la dichiarazione o elezione di domicilio prevista a pena di inammissibilità dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. anche per l’imputato che sia stato presente nel giudizio di primo grado, bensì solo «una “procura speciale” datata 9.10.2023 appare essere la mera fotocopia di quella rilasciata dall’imputato al difensore in data 9.11.2021, presentando una mera correzione manuale del mese e della cifra finale dell’anno, e che rende pertanto opportuno l’invio di copia delle stesse al sig. AVV_NOTAIO della Repubblica presso il tribunale di L’Aquila per le sue valutazioni»;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Roma, 8 luglio 2024
Il Cons . Here esten ore
GLYPH
Il Presidente