Dichiarazione di Domicilio: L’Errore Formale che Costa l’Appello
Con la recente Riforma Cartabia, il processo penale ha visto l’introduzione di nuove e stringenti regole procedurali. Una di queste riguarda l’obbligo di inserire nell’atto di appello la dichiarazione di domicilio o l’elezione di domicilio. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci mostra le conseguenze fatali di una tale omissione, ribadendo come un vizio di forma possa precludere l’accesso alla giustizia nel merito.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da un’ordinanza della Corte d’Appello di Torino, che dichiarava inammissibile un appello presentato da un imputato. La ragione di tale decisione era puramente formale: l’atto di impugnazione non conteneva alcuna dichiarazione di domicilio, né un’elezione di domicilio, e nemmeno un richiamo a quella eventualmente effettuata nel corso del primo grado di giudizio. Questo requisito è stato introdotto specificamente dalla Riforma Cartabia per garantire la certezza delle notifiche, in particolare quella del decreto di citazione a giudizio per il processo d’appello.
Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, sperando di poter rimediare all’errore e vedere il suo appello finalmente esaminato nel merito.
La Decisione della Cassazione e la Dichiarazione di Domicilio
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, giudicandolo manifestamente infondato. I giudici hanno confermato in toto la decisione della Corte d’Appello, stabilendo che, nel regime attuale post-Riforma Cartabia, l’omissione della dichiarazione di domicilio nell’atto di appello costituisce un vizio insanabile che conduce inevitabilmente all’inammissibilità dell’impugnazione.
La Corte ha sottolineato che la norma è chiara e non lascia spazio a interpretazioni estensive o a sanatorie. La conseguenza per il ricorrente è stata non solo la conferma dell’inammissibilità dell’appello, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte di Cassazione è lapidaria e si fonda su una stretta interpretazione della nuova normativa processuale. I giudici hanno evidenziato che l’introduzione dell’obbligo di indicare il domicilio nell’atto di appello risponde a un’esigenza di efficienza e certezza del procedimento. Garantire che l’imputato riceva correttamente la notifica della citazione a giudizio è un elemento fondamentale, e la legge ha scelto di porre questo onere direttamente sulla parte che impugna la sentenza.
L’appello, essendo privo di questo requisito essenziale, è stato considerato come non conforme al modello legale previsto. Di conseguenza, l’ordinanza di inammissibilità emessa dalla Corte d’Appello è stata ritenuta corretta e immune da vizi. Il ricorso in Cassazione non poteva che essere dichiarato, a sua volta, inammissibile, in quanto basato su motivi palesemente infondati.
Le Conclusioni
Questa ordinanza rappresenta un monito significativo per tutti gli operatori del diritto. Dimostra come, soprattutto a seguito di importanti riforme legislative come la Cartabia, l’attenzione ai dettagli formali diventi cruciale. Un errore che potrebbe apparire minore, come l’omissione di una dichiarazione di domicilio, può avere conseguenze definitive, precludendo ogni possibilità di discutere il merito di una causa. Per gli avvocati, ciò significa la necessità di un aggiornamento costante e di una meticolosità assoluta nella redazione degli atti. Per i cittadini, è la conferma che l’esito di un processo può dipendere non solo dalle ragioni sostanziali, ma anche dal rigoroso rispetto delle regole che lo governano.
Perché un appello è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
L’appello è stato dichiarato inammissibile perché l’atto di impugnazione era privo della dichiarazione o elezione di domicilio, un requisito formale obbligatorio previsto dalla Riforma Cartabia.
Cosa stabilisce la Corte di Cassazione riguardo l’omessa dichiarazione di domicilio nell’appello?
La Corte di Cassazione stabilisce che tale omissione rende l’impugnazione manifestamente infondata e, di conseguenza, inammissibile. Il requisito è considerato inderogabile e la sua assenza non può essere sanata.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29897 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29897 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/02/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOME; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti avverso l’ordinanza di inammissibilità dell’appello sono manifestamente infondati poiché, rispetto a sentenza emessa nel regime di vigenza della legge Cartabia, l’impugnazione in appello non conteneva alcuna dichiarazione di domicilio ovvero elezione di domicilio o richiamo a quella intervenuta in primo grado ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 4 luglio 2024
Il COGNOME,dente