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Dichiarazione di domicilio: appello inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di appello dichiarato inammissibile. Sebbene la Corte abbia corretto il ragionamento del giudice di secondo grado, riconoscendo la presenza legale dell’imputato che aveva richiesto il rito abbreviato tramite procura speciale, ha comunque confermato l’inammissibilità. La ragione decisiva è stata l’omessa dichiarazione di domicilio insieme all’atto di appello, un nuovo requisito formale a pena di inammissibilità introdotto dalla Riforma Cartabia.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazione di Domicilio: L’Errore Formale che può Costare l’Appello

La recente Riforma Cartabia ha introdotto nuove e stringenti formalità nel processo penale, con l’obiettivo di efficientare la giustizia. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 24108/2024) illumina uno degli aspetti più critici di questa riforma: l’obbligo di depositare, insieme all’atto di appello, una specifica dichiarazione di domicilio. La pronuncia chiarisce che tale adempimento è tassativo e la sua omissione determina l’inammissibilità dell’impugnazione, anche quando altri presupposti sembrerebbero corretti.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato in primo grado con rito abbreviato, proponeva appello. La Corte territoriale dichiarava l’impugnazione inammissibile, ritenendo che l’imputato, giudicato in assenza, non avesse depositato lo specifico mandato a impugnare richiesto dall’art. 581, comma 1-quater, c.p.p. per gli assenti. L’imputato, tuttavia, ricorreva in Cassazione, sostenendo di non poter essere considerato ‘assente’ in senso tecnico, avendo partecipato al giudizio di primo grado tramite un procuratore speciale nominato per la richiesta del rito abbreviato.

La Questione della Presenza ‘Ex Lege’ nel Processo

La Corte di Cassazione accoglie la tesi difensiva su questo primo punto. Viene chiarito che, ai sensi dell’art. 420, comma 2-ter, c.p.p., l’imputato che richiede un procedimento speciale (come il giudizio abbreviato) tramite un procuratore speciale è considerato legalmente presente (‘presente ex lege’).

Di conseguenza, la Corte d’Appello aveva sbagliato a motivare l’inammissibilità sulla base di una norma (art. 581, comma 1-quater) applicabile solo agli imputati giudicati in assenza. L’imputato, essendo considerato presente, non era tenuto a depositare quello specifico mandato ad impugnare.

L’Importanza della Dichiarazione di Domicilio per l’Appello

Nonostante l’errore di motivazione del giudice di merito, la Cassazione ha comunque rigettato il ricorso, confermando l’inammissibilità dell’appello per un’altra, e decisiva, ragione. Esaminando gli atti, i giudici hanno rilevato la violazione di una diversa norma, introdotta sempre dalla Riforma Cartabia: l’art. 581, comma 1-ter, c.p.p.

Questa disposizione impone che, unitamente all’atto di appello, l’imputato o il suo difensore depositino, a pena di inammissibilità, ‘la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio’. Questo adempimento è richiesto a tutti, a prescindere dal fatto che l’imputato fosse presente o assente in primo grado.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha operato una ‘correzione’ della motivazione del provvedimento impugnato. Sebbene il presupposto individuato dalla Corte d’Appello fosse errato (la presunta assenza dell’imputato), il risultato finale (la declaratoria di inammissibilità) era giuridicamente corretto. La Cassazione ha sottolineato che la mancanza della dichiarazione di domicilio costituisce un vizio insanabile che impedisce al giudice di esaminare il merito dell’impugnazione. La natura della questione, attinente a un presupposto processuale, ha permesso alla Corte Suprema di rilevarla d’ufficio e di porla a fondamento della propria decisione di rigetto.

Conclusioni

Questa sentenza è un monito fondamentale per tutti gli operatori del diritto. Dimostra come le nuove formalità introdotte dalla Riforma Cartabia non siano meri cavilli, ma requisiti di ammissibilità la cui violazione ha conseguenze drastiche. In particolare, l’obbligo di depositare la dichiarazione di domicilio con l’atto di appello è un passaggio cruciale e inderogabile. La pronuncia chiarisce che la presenza ‘ex lege’ dell’imputato lo solleva dall’onere del mandato speciale per assenti, ma non da quello, generale e autonomo, di eleggere domicilio per il giudizio di secondo grado. L’attenzione ai dettagli formali diventa, quindi, più che mai essenziale per garantire il diritto di difesa.

Un imputato che richiede il rito abbreviato tramite un procuratore speciale è considerato assente?
No. Secondo l’art. 420, comma 2-ter, del codice di procedura penale, l’imputato che nomina un procuratore speciale per la richiesta di un procedimento speciale è considerato legalmente presente (‘presente ex lege’).

Se un imputato è considerato ‘presente ex lege’, deve depositare il mandato speciale ad impugnare previsto per gli assenti?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, essendo l’imputato considerato presente, non si applica la previsione dell’art. 581, comma 1-quater, c.p.p., che richiede tale mandato specifico solo per l’imputato giudicato in assenza.

Perché l’appello è stato comunque dichiarato inammissibile?
L’appello è stato dichiarato inammissibile perché, nonostante la presenza legale dell’imputato, né lui né il suo difensore avevano depositato la ‘dichiarazione o elezione di domicilio’ richiesta dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. Questo è un requisito di ammissibilità autonomo e obbligatorio per tutte le impugnazioni, la cui omissione comporta l’inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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