Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10346 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10346 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato a NARDO’ il 03/09/1984
COGNOME NOME nato a CUTRO il 09/06/1968
avverso l’ordinanza del 20/05/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, la Corte di appello di Bologna ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dai ricorrenti, con unico atto, avverso la sentenza del Tribunale di Parma, emessa il 20 dicembre 2023, che li aveva condannati in relazione ai reati di rapina, lesioni personali ed altro. L’ordinanza, richiamando l’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., ha rilevato che la dichiarazione di impugnazione non era stata corredata dalla dichiarazione o elezione di domicilio da parte dei ricorrenti, essendosi questi ultimi limitati nell’atto di nomina del loro difensore di fiducia, a dichiarare di risiedere in Sal Baganza senza ulteriori indicazioni.
2. Ricorrono per cassazione gli imputati, a mezzo dei loro comuni difensori e con unico atto, attraverso il quale deducono violazione di legge per non avere la Corte tenuto conto della circostanza che il ricorrente NOME era rimasto assente nel giudizio di primo grado, sicché ad esso non poteva applicarsi la norma di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. ma quella di cui all’art. 581, comma 1quater, dello stesso codice, norma che il ricorrente inquadra nel sistema processuale e nella sua ratio.
Si sostiene che la elezione di domicilio era contenuta nello specifico mandato ad impugnare conferito al difensore e che, comunque, tale elezione di domicilio, con atto integrativo del 3 giugno 2024, era stata inoltrata alla Corte di appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivo manifestamente infondato. 1. Dall’esame degli atti, reso necessario dalla natura processuale della questione, risulta pacificamente, come lo stesso difensore ha ammesso in ricorso, che l’atto contenente la nomina del difensore di fiducia ed il mandato conferito dagli imputati ad impugnare la sentenza di primo grado, non conteneva la dichiarazione o l’elezione di domicilio.
Tale adempimento era necessario, tanto per l’imputato giudicato in presenza (NOMECOGNOME, che per quello giudicato in assenza (NOME, secondo quanto in allora previsto dall’art. 581, commi 1-ter e quater cod. proc. pen., sicché è priva di rilievo la circostanza che la Corte di appello abbia fatto riferimento soltanto al comma 1-ter della norma.
Non interferisce con l’applicazione di tale ultima disposizione il fatto che essa sia stata successivamente abrogata per effetto dell’art. 2, comma 1, lettera o), della legge 9 agosto 2024 n. 114.
In proposito, le Sezioni Unite di questa Corte, affrontando il tema all’udienza del 24 ottobre 2024 (nel ricorso n. R.G. 6578/2024), hanno ritenuto che la disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024.
L’integrazione successiva contenente l’elezione di domicilio – pacificamente avvenuta oltre lo spirare del termine per impugnare la sentenza di primo grado ma prima che avesse inizio i procedimento di secondo grado – non ha alcun effetto sanante, dal momento che, come è stato più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità applicabile ad entrambe le posizioni processuali per identità di ratio, in tema di impugnazione di sentenza pronunciata nei confronti di imputato assente, la dichiarazione o elezione di domicilio di cui all’art. 581,
comma 1-quater, cod. proc. pen., deve essere depositata contestualmente all’atto di appello, trattandosi di manifestazione indefettibile della consapevole volontà di impugnare, sicché la sua successiva allegazione, pur se in data antecedente all’inizio del giudizio di impugnazione, determina l’inammissibilità del gravame (Sez. 2, n. 27774 del 23/05/2024, COGNOME, Rv. 286634 – 01; Sez. 2, n. 24299 del 09/04/2024, COGNOME, Rv. 286538-01).
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa degli stessi ricorrenti nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso, il 12/02/2025.