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Dichiarazione di domicilio: appello inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10346/2025, ha confermato l’inammissibilità di un appello a causa della mancata e contestuale dichiarazione di domicilio da parte degli imputati. La Corte ha stabilito che la successiva integrazione documentale non può sanare il vizio originario, poiché la norma (art. 581, comma 1-ter c.p.p.), sebbene oggi abrogata, richiedeva tale adempimento al momento stesso della presentazione dell’impugnazione. La recente modifica legislativa non ha effetto retroattivo sui ricorsi già proposti.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazione di Domicilio: L’Importanza della Contestualità nell’Appello Penale

Nel processo penale, il rispetto delle forme e dei termini non è un mero formalismo, ma una garanzia fondamentale per il corretto svolgimento della giustizia. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 10346/2025) ribadisce questo principio, chiarendo le conseguenze della mancata dichiarazione di domicilio al momento della presentazione dell’appello. La decisione sottolinea come un adempimento procedurale, anche se apparentemente secondario, possa determinare l’esito di un’impugnazione, rendendola inammissibile.

I Fatti del Caso

Due individui, condannati in primo grado dal Tribunale di Parma per reati quali rapina e lesioni personali, proponevano appello avverso la sentenza. La Corte di appello di Bologna, tuttavia, dichiarava l’impugnazione inammissibile. Il motivo? L’atto di appello non era stato accompagnato dalla necessaria dichiarazione o elezione di domicilio da parte degli imputati, un requisito all’epoca previsto dall’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale. Gli imputati, tramite i loro difensori, presentavano quindi ricorso per cassazione, sostenendo che tale requisito non dovesse applicarsi a uno di loro, giudicato in assenza, e che, in ogni caso, l’elezione di domicilio era stata trasmessa in un momento successivo, ma prima dell’inizio del procedimento di secondo grado.

La Decisione della Corte e la mancata Dichiarazione di Domicilio

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendolo manifestamente infondato e confermando la decisione della Corte di appello. I giudici supremi hanno chiarito che l’obbligo di depositare la dichiarazione di domicilio contestualmente all’atto di impugnazione era un adempimento necessario e non sanabile a posteriori. La sua mancanza al momento del deposito dell’appello ne comprometteva irrimediabilmente la validità, senza possibilità di ‘recupero’ tramite un’integrazione successiva.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha basato la sua decisione su diversi punti cardine. In primo luogo, ha affermato che l’obbligo previsto dall’art. 581 c.p.p. (nei commi 1-ter e 1-quater, prima della loro abrogazione) si applicava a tutti gli imputati, sia a quelli presenti durante il processo di primo grado, sia a quelli giudicati in assenza. La norma mirava a garantire la consapevole volontà dell’imputato di impugnare la sentenza, e la dichiarazione di domicilio era considerata una ‘manifestazione indefettibile’ di tale volontà.

Il punto cruciale della motivazione risiede nel principio di contestualità. La dichiarazione o elezione di domicilio doveva essere depositata insieme all’atto di appello. Una sua presentazione successiva, anche se avvenuta prima dell’inizio del giudizio di secondo grado, non aveva alcun effetto sanante. Questo perché il requisito di ammissibilità deve essere soddisfatto nel momento in cui l’atto viene compiuto.

Infine, la Corte ha affrontato la questione della recente modifica legislativa (legge n. 114/2024), che ha abrogato i commi in questione. Citando un recente intervento delle Sezioni Unite, i giudici hanno chiarito che la nuova disciplina non ha efficacia retroattiva. Pertanto, per tutte le impugnazioni proposte prima del 25 agosto 2024, continuano a valere le vecchie e più stringenti regole procedurali.

Conclusioni

Questa sentenza offre un importante monito sull’importanza del rigore procedurale nel diritto penale. La mancata dichiarazione di domicilio al momento dell’appello non è una semplice svista, ma un vizio che porta alla drastica conseguenza dell’inammissibilità del gravame, impedendo al giudice di entrare nel merito della questione. La decisione riafferma il principio tempus regit actum, secondo cui la validità di un atto giuridico è disciplinata dalla legge in vigore al momento del suo compimento, rendendo irrilevanti le modifiche normative successive. Per gli operatori del diritto, ciò significa prestare la massima attenzione a tutti i requisiti formali richiesti dalla legge al momento della redazione e del deposito degli atti processuali.

È possibile sanare la mancata dichiarazione di domicilio presentando l’atto in un momento successivo all’impugnazione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la dichiarazione o elezione di domicilio deve essere depositata contestualmente all’atto di appello. Una sua successiva allegazione non ha alcun effetto sanante e non può rimediare all’inammissibilità originaria del gravame.

La recente abrogazione dell’obbligo di dichiarazione di domicilio si applica alle impugnazioni presentate prima della sua entrata in vigore?
No. Secondo quanto chiarito dalle Sezioni Unite della Cassazione, la nuova disciplina, in vigore dal 25 agosto 2024, non si applica retroattivamente. Le impugnazioni proposte fino al 24 agosto 2024 restano soggette alla normativa precedente, che prevedeva l’obbligo a pena di inammissibilità.

L’obbligo di dichiarare o eleggere domicilio si applicava anche all’imputato giudicato in assenza?
Sì. La sentenza specifica che l’adempimento era necessario sia per l’imputato giudicato in presenza sia per quello giudicato in assenza. La norma (art. 581, commi 1-ter e 1-quater c.p.p.) era applicabile a entrambe le posizioni processuali per identità di ratio, ovvero garantire la consapevole volontà di impugnare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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