Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1217 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1217 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 07/05/1987
avverso la sentenza del 13/12/2022 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento delle sentenze di primo e secondo grado, con restituzione degli atti al Tribunale di Ancona.
udito il difensore, avvocato NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN FATTO
La Corte di appello di Ancona, con sentenza in data 13 dicembre 2022, ha confermato la pronuncia con cui il Tribunale aveva dichiarato NOME COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 20, comma 14, d.lgs., 28 febbraio 2008, n. 32.
Secondo i giudici del merito, l’imputato, a conoscenza del decreto di allontanamento per cittadini Comunitari emesso dal Prefetto, per ragioni di sicurezza, notificatogli in data 29 agosto 2015, dopo essere uscito dal territorio nazionale vi aveva fatto rientro, prima del decorso del termine quinquennale.
2. Constantin NOME COGNOME ricorre per cassazione, col ministero del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME sviluppando un unico motivo con cui denuncia violazione di norme processuali in materia di dichiarazione di assenza e di traduzione degli atti processuali e chiede dichiararsi la nullità delle sentenze emesse in entrambi i gradi del giudizio, con trasmissione degli atti al Tribunale di Ancona.
Lamenta che la Corte distrettuale non abbia preso in esame l’eccezione con cui la difesa aveva evidenziato l’erronea dichiarazione di assenza in quanto fondata sulla notifica degli atti relativi all’esercizio dell’azione penale presso il domicili difensore di ufficio, eletto dall’imputato in sede di identificazione della poli giudiziaria nell’immediatezza del controllo operato di iniziativa e, quindi, prima della instaurazione del procedimento e la formalizzazione dell’accusa nei suoi confronti. In siffatta situazione, non sussistendo la prova certa della conoscenza da parte dell’imputato dell’esistenza del procedimento penale e della data dell’udienza dibattimentale, il Tribunale, prima, e la Corte di appello, dopo, per conformarsi ai principi espressi dalla giurisprudenza, costituzionale e convenzionale, analiticamente richiamata, avrebbero dovuto sospendere il processo ai sensi dell’art. 420-quater cod. proc. pen., nel testo all’epoca vigente, così da consentire all’imputato di essere informato della natura e dei motivi dell’accusa a suo carico. D’altra parte, l’ effettiva conoscenza del procedimento non può farsi coincidere con la conoscenza di un atto, quale l’identificazione, posto in essere dalla polizia giudiziaria anteriormente alla sua formale instaurazione, che si realizza con l’iscrizione del nome della persona sottoposta ad indagini nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen. Essendosi proceduto nei confronti dell’imputato illegittimamente dichiarato assente non vi è neanche la prova che lo stesso conoscesse la lingua italiana. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
L’eccezione relativa all’illegittimità della dichiarazione di assenza e dell nullità della notifica della citazione a giudizio non è stata posta né al Tribunale né alla Corte di appello. Essa tuttavia, è scrutinabile per la prima volta anche in questa
sede perché denuncia una nullità rilevabile di ufficio, assoluta e insanabile a mente dell’art. 179 cod. proc. pen,attenendo alla notificazione della citazione in giudizio dell’imputato.
Secondo le Sezioni unite di questa Corte, ricorre, infatti, tale più grave patologia processuale non solo quando la notificazione della citazione è stata omessa ma anche quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato. Si configura, invece, una nullità a regime intermedio nei casi in cui vi sia stata esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità di esecuzione, alla quale consegue la applicabilità della sanatoria di cui all’art. 184 cod. proc. pen. (v., in particolare, 3 Sez. U, n. 119 del 27/10/2004, dep. 2005, COGNOME, Rv. 229539-01, e Sez. U, n. 7697 del 24/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 26902801).
Una volta affermato il principio in forza del quale la disciplina del processo in assenza impone “sempre” di accertare «in fatto» se l’imputato abbia avuto effettiva conoscenza del processo o abbia volontariamente impedito alle autorità di informarlo ufficialmente in proposito (cfr. Sez. Un. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, § 14 del Considerato in Diritto), è conseguenziale ritenere, come già precisato da questa Corte di legittimità, che “la notificazione degli atti del processo al difensore di ufficio, pur in presenza di una delle situazioni tipizzate dall’art. 4 bis cod. proc. pen. (dichiarazione o elezione di domicilio, arresto, fermo o sottoposizione a misura cautelare personale, nomina del difensore di fiducia), qualora sia avvenuta senza un’affidabile verifica in concreto circa la volontaria sottrazione dell’imputato alla conoscenza del processo, è, insieme, inidonea a determinare la conoscenza effettiva, per l’imputato, della citazione a giudizio, nonché eseguita in forme diverse da quelle prescritte” (Sez. 3, n. 48376 del 09/11/2022, COGNOME Rv. 284062 – 01 ed in motivazione).
In questa prospettiva la giurisprudenza ha affermato che, nel giudizio in assenza, è affetta da nullità assoluta, deducibile in ogni stato e grado del procedimento, la notifica del decreto di citazione all’imputato eseguita presso il difensore d’ufficio domiciliatario, ove non sia stata accertata la sussistenza dell’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale e l’imputato di altri elementi idonei a far ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento (così Sez. 5, n. 22752 del 21/01/2021, COGNOME, 4 Rv. 281315-01; cfr., in termini analoghi, Sez. 5, n. 37185 del 01/07/2019, COGNOME, Rv. 277339-01 secondo cui la celebrazione del processo, non ricorrendo le condizioni di cui all’art. 420-bis, commi 1 e 2, cod. proc. pen. e senza che il giudice abbia disposto la sospensione ai sensi dell’art. 420-quater cod. proc. pen., determina, in virtù dell’art. 604, comma 5-bis, cod. proc. pen., la nullità dell
sentenza, equiparabile, quanto al regime di rilevabilità, ad una nullità assoluta, con conseguente obbligo da parte del giudice di appello di restituzione degli atti a quello di primo grado.).
Posta la premessa della sua rilevabilità di ufficio, la questione della invalidità della notificazione della citazione a giudizio e della conseguente celebrazione del processo in assenza nei confronti dell’attuale ricorrente è fondata.
Risulta, infatti, dagli atti che il domicilio dove sono state eseguite l notificazioni di tutti gli atti successivi alla formalizzazione dell’accusa, primo tutti il decreto di citazione a giudizio, è quello eletto dall’imputato pri dell’instaurazione del procedimento penale.
Non avendo mai ricevuto valida notifica della citazione a giudizio, l’imputato non poteva neanche essere dichiarato assente, con conseguente applicazione del relativo regime processuale nel corso del primo grado del giudizio e di quello di appello, difettando ulteriori elementi dimostrativi, con il necessario livello certezza, o dell’effettiva conoscenza del procedimento da parte dell’imputato ovvero della volontà del medesimo di sottrarsi a tale conoscenza (v. Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, §§ 13, 13.1, 13.2, 13.3, 13.4, 13.5, 13.6, 13.7 e 14 del Considerato in Diritto).
La disciplina di cui all’art. 420-bis cod. proc. pen., ancora applicabile al presente processo a mente della disciplina transitoria di cui all’art. 89 d.lgs. n. 150 del 2022 (cosiddetta riforma Cartabia), ammette la celebrazione del processo in assenza solo quando sia acquisita tale certezza. Il secondo comma, in particolare, non fissa una presunzione di conoscenza ma costituisce una previsione tendente a facilitare il compito del giudice. Come affermato dalle Sezioni unite «Alcun effetto, invece, conseguirà ad una impossibilità di regolare notifica: risultare sloggiato al domicilio eletto non consentirà di procedere in assenza sulla scorta della notifica quale soggetto irreperibile o presso la casa comunale; risultare irreperibile non consentirà che la pur valida notifica ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. prevalga sul dato sostanziale della non conoscenza; aver nominato un difensore di fiducia che ha poi rinunciato al mandato o che sia stato revocato parimenti non consentirà di procedere senza certezza della conoscenza» (cfr. Sez. U, n. 23948 del 2020, cit., § 13.2). E ancora più chiaramente nel prosieguo: «l’art. 420-bis cod. proc. pen. estende la possibilità di procedere in absentia ai casi in cui, ricorrendo le date situazioni, tali da giustificare una esigibil diligenza dell’interessato, la notifica sia stata “possibile” a mani di soggetti diver dall’interessato. In questi soli casi, si “tipizza” la certezza di conoscenza dell chiamata in giudizio per il dato giorno» (così Sez. U, n. 23948 del 2020, cit., § 13.6). 40
Conclusivamente, l’art. 420-bis cod. proc. pen. non “tipizza” e non consente di tipizzare alcuna condotta particolare che possa ritenersi tale; quindi non possono farsi rientrare automaticamente in tale ambito, per ripetere le parole della sentenza a Sezioni unite NOME «le situazioni comuni quali la irreperibilità, i domicilio eletto etc. Certamente la manifesta mancanza diligenza informativa, la indicazione di un domicilio falso, pur se apparentemente valido ed altro, potranno essere circostanze valutabili nei casi concreti, ma non possono essere di per sé determinanti, su di un piano solo astratto, per potere affermare la ricorrenza della “volontaria sottrazione”: se si esaspera il concetto di “mancata diligenza” sino a trasformarla automaticamente in una conclamata volontà di evitare la conoscenza degli atti, ritenendola sufficiente per fare a meno della prova della consapevolezza della vocatio in ius per procedere in assenza, si farebbe una mera operazione di cambio nome e si tornerebbe alle vecchie presunzioni, il che ovviamente è un’operazione non consentita» (così Sez. U, n. 23948 del 2020, cit., § 14).
Alla luce delle considerazioni svolte, vanno annullate sia la sentenza di primo grado che quella di appello e, ai sensi dell’art. 623, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., gli atti vanno trasmessi al Giudice di primo grado.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e la sentenza del Tribunale di Ancona del 16 giugno 2020 e dispone che gli atti siano trasmessi al Tribunale di Ancona.
Così deciso, in Roma il 15 novembre 2023.