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Detrazione IVA e fatture false: il no della Cassazione

La Corte di Cassazione ha negato la possibilità di una detrazione IVA per una società che aveva utilizzato fatture per operazioni inesistenti. Anche se la società ‘cartiera’ emittente aveva successivamente saldato il debito con l’Erario, i giudici hanno stabilito che in presenza di frode fiscale il diritto alla detrazione non sorge mai, confermando il sequestro preventivo delle somme contestate all’amministratore.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Detrazione IVA e Fatture False: Nessuna Sanatoria se C’è Frode

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9334 del 2024, ha ribadito un principio fondamentale in materia di reati fiscali: la detrazione IVA è assolutamente preclusa in presenza di operazioni fraudolente, anche qualora la società emittente delle fatture false abbia successivamente versato l’imposta dovuta. Questa pronuncia consolida l’orientamento secondo cui la frode fiscale ‘congela’ ogni possibile beneficio per il contribuente che ne ha preso parte, confermando l’inviolabilità della regola di indetraibilità.

I Fatti del Caso: L’utilizzo di Fatture False e la Richiesta di Dissequestro

Il caso trae origine da un procedimento penale a carico dell’amministratore di fatto di una società, accusato del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti. Nell’ambito di tale procedimento, era stato disposto un sequestro preventivo su somme di denaro per un importo considerevole.

L’imprenditore aveva presentato un’istanza per il dissequestro parziale di tali somme. La sua difesa si basava su un presupposto specifico: la società ‘cartiera’, che aveva emesso le fatture fittizie, aveva nel frattempo regolarizzato la propria posizione con l’Erario, versando l’IVA, le sanzioni e gli interessi. Questo adempimento aveva portato all’archiviazione del procedimento penale a carico della cartiera per estinzione del reato.

Secondo il ricorrente, tale pagamento avrebbe eliminato ogni rischio di perdita di gettito fiscale per lo Stato. Di conseguenza, in virtù del principio di neutralità dell’IVA, la sua società avrebbe dovuto avere diritto alla corrispondente detrazione, giustificando così la restituzione parziale delle somme sequestrate.

La Decisione della Corte: La detrazione IVA è incompatibile con la frode fiscale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici hanno chiarito che la tesi difensiva, seppur suggestiva, si scontra con un ostacolo insormontabile: la presenza accertata di una frode fiscale.

La Corte ha operato una distinzione cruciale rispetto ad alcune sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea invocate dalla difesa. Tali sentenze ammettono la possibilità di rettificare e detrarre l’IVA per neutralizzare il rischio di perdite per l’erario, ma solo in contesti in cui è esclusa la frode fiscale. Nel caso di specie, invece, il presupposto del procedimento era proprio il fumus commissi delicti del reato di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Cassazione sono nette. La regola generale è che l’IVA relativa a operazioni inesistenti è sempre e comunque indetraibile. Il pagamento effettuato dalla società cartiera ha avuto l’unico effetto di estinguere il suo specifico reato, salvaguardando il suo patrimonio, ma non ha prodotto alcun effetto sanante a favore della società utilizzatrice delle fatture false.

Quest’ultima, infatti, non può godere di un beneficio fiscale (la detrazione) che non le è mai spettato, in quanto basato su un’operazione illecita. La scelta del legislatore di negare la detrazione a chi utilizza fatture false è coerente con il meccanismo dell’IVA e con la necessità di approntare misure antielusive efficaci.

Inoltre, la Corte ha sottolineato un ulteriore elemento a sfavore del ricorrente: i fondi usati dalla cartiera per pagare il debito tributario provenivano, in realtà, dalla stessa società capogruppo, che li aveva ottenuti in modo fraudolento tramite la richiesta di mutui basata su presupposti falsi. Questo dettaglio ha rafforzato il quadro di un’operazione illecita e concertata, rendendo ancora più evidente l’impossibilità di accogliere le richieste della difesa.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza ribadisce che il principio di neutralità dell’IVA non può essere invocato per scopi elusivi o fraudolenti. La frode fiscale interrompe la catena della detraibilità, e il successivo comportamento di uno dei soggetti coinvolti (il pagamento da parte della cartiera) non è in grado di ripristinarla a vantaggio di chi ha partecipato all’illecito. La lotta all’evasione fiscale, attraverso la negazione di benefici come la detrazione IVA, rimane un pilastro del sistema tributario e penale, prevalendo su interpretazioni che potrebbero, di fatto, legittimare comportamenti fraudolenti.

È possibile ottenere la detrazione IVA per fatture false se la società che le ha emesse ha poi versato l’imposta all’erario?
No, la sentenza chiarisce che in presenza di una frode fiscale, come l’uso di fatture per operazioni inesistenti, il diritto alla detrazione IVA è escluso. Il successivo pagamento dell’imposta da parte dell’emittente non sana l’illegittimità dell’operazione per chi ha utilizzato le fatture.

Il principio di neutralità dell’IVA si applica anche in caso di frode fiscale?
No. La Corte Suprema, in linea con la giurisprudenza europea, stabilisce che la regola dell’indetraibilità in conseguenza di una frode fiscale prevale sul principio di neutralità. Quest’ultimo può essere invocato per rettificare l’imposta solo in assenza di intenti fraudolenti.

Il pagamento del debito tributario da parte della società “cartiera” costituisce un vantaggio per la società che ha utilizzato le fatture false?
No, il pagamento ha comportato solo l’estinzione del reato e l’archiviazione del procedimento penale per la società emittente. Non produce alcun vantaggio ulteriore per la società utilizzatrice, la quale non acquisisce il diritto alla detrazione IVA né, di conseguenza, il diritto a un dissequestro parziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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