Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2632 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2632 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/10/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME COGNOME NOME nato a CALTANISSETTA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CALTANISSETTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/11/2022 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NICOLA
COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
udito il difensore
Trattazione scritta.
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 24.11.2022, la Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza del Tribunale di Caltanissetta che aveva ritenuto NOME COGNOME e NOME COGNOME responsabili del reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 2 e 7, I. n. 895 del 1967, derubricato nell’ipotesi attenuata di cui all’art. 5 legge cit., per aver detenuto illegalmente la pistola “Beretta”, TARGA_VEICOLO, condannandoli alla pena di mesi due e giorni dieci di reclusione, ed euro 667 di multa, previo riconoscimento delle attenuanti generiche.
I fatti posti a fondamento del giudizio di responsabilità erano i seguenti.
La notte del 31.12.2019 veniva pubblicato sul profilo Instagram di NOME COGNOME un video che riprendeva di spalle il fratello NOME che, mentre si trovava sul balcone di uno stabile condominiale situato in centro abitato, sparava 5 colpi con una pistola semiautomatica in direzione di taluni caseggiati. Dalle dichiarazioni rese da NOME COGNOME era emerso che il fratello, all’epoca allievo presso la caserma dei carabinieri di Reggio Calabria e privo di porto d’armi, aveva ricevuto in prestito la pistola d’ordinanza dello zio NOME COGNOME, ispettore capo della Polizia penitenziaria, e aveva esploso alcuni colpi dal balcone dell’abitazione della nonna dove si trovavano tutti insieme. Entrambi gli imputati avevano ammesso i fatti.
Avverso la sentenza i medesimi hanno proposto ricorso, articolando due motivi di censura.
2.1. Con il primo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione per aver ritenuto sussistente la condotta di detenzione illegale dell’arma. L’opzione interpretativa cui ha aderito la Corte territoriale, in forza della quale detenzione prescinde dal dato temporale, si scontrerebbe con la giurisprudenza di legittimità che, ai fini della sussistenza del reato, richiede la disponibi materiale dell’arma per un lasso apprezzabile di tempo e l’autonoma disponibilità della stessa da parte del detentore. Nella specie, NOME NOME avrebbe detenuto la pistola per un tempo inferiore a un minuto e sotto il controllo dello zio COGNOME NOME.
2.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. La Corte territoriale non avrebbe valutato gli indici che, secondo la giurisprudenza di legittimità, devono guidare la valutazione del giudice. Nella specie, l’assenza di danno e di pericolo nella condotta e l’occasionalità della stessa deponevano per la concedibilità del beneficio.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto dei ricorsi.
Il difensore degli imputati ha depositato conclusioni scritte con le quali ha reiterato le censure svolte.
Considerato in diritto
I ricorsi sono fondati e meritano pertanto accoglimento.
Il primo motivo è fondato con assorbimento del secondo. Dalla conforme ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, ammessi dagli stessi imputati, risulta che la notte del 31 dicembre 2019 NOME COGNOME ha prestato al nipote NOME COGNOME, privo di porto d’armi, la pistola di ordinanza con la quale questi, dal balcone dell’appartamento della nonna ove si trovavano, ha esploso 5 colpi in direzione di alcuni caseggiati. Ciò che risulta controversa è la qualificazione giuridica della condotta, ovvero se siano ravvisabili gli estremi del reato di detenzione illegale di arma comune da sparo.
In giurisprudenza si è più volte affermato che il concetto giuridico di detenzione, il quale si identifica in una generica disponibilità della cosa, prescinde da qualunque considerazione temporale e dalla possibilità di un utilizzo immediato (Sez. 3, n. 46622 del 27/10/2011, Z., Rv. 251967-01; Sez. 1, n. 10165 del 06/10/1996, Terrestre, Rv. 206091-01; Sez. 6, n. 2902 del 30/11/1985, dep. 1986, COGNOME, Rv. 172439-01; Sez. 1, n. 5154 del 10/12/1981, dep. 1982, Venezia, Rv. 153803). Le citate decisioni hanno espressamente precisato che sussiste la detenzione abusiva di un’arma allorché tra questa e l’agente «risulti sussistente un rapporto ovvero una relazione di fatto» COGNOME che COGNOME consenta COGNOME all’agente COGNOME «la COGNOME disponibilità COGNOME dell’arma, COGNOME e COGNOME ciò indipendentemente da un collegamento materiale e spaziale tra l’agente e l’arma detenuta. Non è quindi necessario che l’agente abbia sempre con sé o presso di sé l’arma abusivamente detenuta: detiene ugualmente anche chi, pur non avendo con sé o presso di sé l’arma, la custodisca o la possegga in un luogo dal quale possa prelevarla sia direttamente che indirettamente, secondo le libere determinazioni della sua volontà. Né la natura di tale rapporto muta se esso si instaura nei confronti di più persone, che sono codetentori, se nei confronti di ciascuna di esse ed in via autonoma è accertata la sussistenza degli elementi costituenti la detenzione» (così Sez. 3, n. 26264 del 22/07/2020, La Polla, non
massimata; Sez. 3, n. 46622 del 27/10/2011, Z., cit.; Sez. 1, n. 10165 del 1996, cit.).
In altre pronunce questa Corte ha evidenziato che per la configurazione del delitto di detenzione abusiva d’arma comune da sparo è necessaria una relazione stabile del soggetto con la cosa, in quanto il concetto di detenzione per sua natura implica un minimo di permanenza del rapporto materiale tra detentore e cosa detenuta ed un minimo apprezzabile di autonoma disponibilità del bene da parte del soggetto (Sez. F, n. 33609 del 30/08/2012, COGNOME, Rv. 253425; Sez. 1, n. 20935 del 20/05/2008, COGNOME, Rv. 240287). Si è pertanto affermato che si verifica la detenzione abusiva di un’arma allorché tra l’agente e l’arma risulti sussistente un rapporto, ovvero una relazione di fatto che gli consenta di averne la disponibilità e ciò indipendentemente da un collegamento materiale e spaziale tra l’agente ed il bene. Non è quindi necessario che l’agente abbia sempre con sé o presso di sé l’arma abusivamente detenuta, poiché detiene ugualmente anche chi, pur in assenza di una prossimità fisica con il dispositivo, lo custodisca o lo mantenga in un luogo dal quale possa prelevarlo, sia direttamente, che indirettamente, secondo le proprie autonome e libere determinazioni volitive (Sez. 1, n. 42886 del 20/12/2017, dep. 2018, Gasparro, Rv. 274380 – 01; Sez. 1, n. 34544 del 2022, non massimata).
In definitiva, secondo la giurisprudenza di legittimità, anche prescindendosi dalla considerazione temporale della detenzione, ciò che connota il reato in parola è la stabile relazione del soggetto con l’arma, relazione che renda ravvisabile una autonoma disponibilità della stessa da parte dell’agente.
4. Nella specie tali requisiti risultano mancare.
È invero pacifico che NOME COGNOME ha avuto in prestito l’arma da parte dello zio, ma tale disponibilità è durata i pochi secondi necessari ad esplodere i colpi ritratti nel video ripreso dalla sorella. In tale dinamica manca del tutto si una detenzione che possa qualificarsi come stabile, stante il brevissimo lasso temporale per il quale è durata, sia una autonoma disponibilità, avendo il nipote utilizzato la pistola alla presenza dello zio, al quale l’ha poi restituita. Pertan nella specie, non è ravvisabile un autonomo rapporto tra NOME COGNOME e l’arma, essendosi piuttosto trattato di un utilizzo momentaneo e non autonomo della stessa.
Alla luce di tali considerazioni, deve ritenersi che il reato contestato a ricorrenti non sussiste, sicché la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 ottobre 2023.