Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1706 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1706 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/09/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COSENZA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/03/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata; letti i motivi del ricorso;
rilevato che, con il primo motivo, il ricorrente ripropone la questione relativa alla qualificazione giuridica della condotta che, già sollevata con l’impugnazione di merito, è stata compiutamente esaminata dalla Corte di appello, che la ha disattesa spendendo considerazioni coerenti con il compendio istruttorio ed esenti da vizi logici;
che, con la sentenza impugnata è stato, invero, chiarito che la consistenza complessiva del materiale sequestrato, le modalità del suo confezionamento, la presenza della c.d. «polvere flash», sostanza esplodente particolarmente sensibile e, pertanto, più pericolosa concorrono nel convincere, al di là di ogni ragionevole dubbio, che i candelotti detenuti da NOME COGNOME, sebbene non specificamente fabbricati allo scopo di produrre effetti esplosivi, erano, comunque, idonei, se tra loro combinati, nelle condizioni descritte, a cagionare conseguenze devastanti, ciò che ha determinato l’insorgere di un pericolo per persone o cose tanto intenso da far loro assumere il carattere della micidialità;
che, a fronte di siffatto percorso argomentativo, il ricorrente articola obiezioni di stampo essenzialmente confutativo che si imperniano, da un canto, sull’utilizzo, da parte di un testimone, dell’avverbio «verosimilmente», e, dall’altro, sulle controdeduzioni del proprio consulente di parte, ovvero su profili che i giudici di merito hanno debitamente analizzato, pervenendo – in termini, si ribadisce, ineccepibili in sede di legittimità – alla qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 2 legge 2 ottobre 1967, n. 895, anziché dell’art. 679 cod. pen.;
che il residuo motivo di ricorso è, del pari, manifestamente infondato, non essendo ancora decorso, a far data dal 13 febbraio 2014, il termine prescrizionale massimo che, tenuto conto del compimento degli atti interruttivi, è pari a dieci anni;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso il 28/09/2023.