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Detenzione domiciliare: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro il rigetto di un’istanza di detenzione domiciliare. La decisione si fonda sulla mancata contestazione specifica delle motivazioni del tribunale, che aveva evidenziato l’incertezza del domicilio proposto e la presenza di un’altra misura cautelare a carico del richiedente. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Detenzione Domiciliare: Quando il Ricorso è Inammissibile per Domicilio Incerto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2661/2024, ha affrontato un caso cruciale in materia di esecuzione della pena, chiarendo i requisiti di ammissibilità del ricorso per la concessione della detenzione domiciliare. La pronuncia sottolinea l’importanza di un’impugnazione che si confronti specificamente con le motivazioni del provvedimento impugnato, specialmente quando queste riguardano l’idoneità del domicilio e la situazione cautelare complessiva del richiedente.

I Fatti del Caso

Un detenuto aveva presentato un’istanza al Tribunale di Sorveglianza di Milano per ottenere la misura della detenzione domiciliare. Il Tribunale aveva rigettato la richiesta, basando la sua decisione su due elementi principali: la contemporanea esistenza di un altro titolo cautelare a carico del soggetto per fatti analoghi e l’aleatorietà del domicilio proposto per l’esecuzione della misura. Quest’ultimo, infatti, era stato indicato solo durante l’udienza e contrastava con una relazione carceraria che escludeva la disponibilità di un alloggio idoneo in Italia.

Avverso tale decisione, il detenuto, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che fosse irrilevante chiarire i rapporti tra lui e il soggetto che metteva a disposizione l’abitazione.

La Decisione sul Ricorso per la Detenzione Domiciliare

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che l’impugnazione non si confrontava in modo adeguato con le ragioni logiche e giuridiche esposte dal Tribunale di Sorveglianza. Anziché contestare puntualmente la valutazione del giudice di merito sull’incertezza del domicilio e sulla pericolosità derivante dall’altro titolo cautelare, il ricorso si era limitato a esprimere un mero dissenso, senza offrire argomentazioni in grado di minare la coerenza del provvedimento impugnato.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha ritenuto la motivazione del Tribunale di Sorveglianza non affatto illogica. La scelta di negare la misura si basava su una valutazione complessiva della situazione del detenuto. L’esistenza di un altro procedimento cautelare per fatti simili rappresentava un indice di pericolosità sociale che il giudice di sorveglianza doveva considerare. Inoltre, l’indicazione di un domicilio solo in sede di udienza, in contrasto con le risultanze della relazione carceraria, rendeva tale indicazione “aleatoria” e, quindi, inidonea a fornire le necessarie garanzie per un’efficace esecuzione della misura alternativa.

Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché non ha attaccato il nucleo logico della decisione, ovvero la combinazione di questi due fattori negativi. Secondo la Corte, non basta dissentire dalla decisione, ma è necessario dimostrare l’illogicità o l’erroneità giuridica del ragionamento seguito dal giudice precedente. In conseguenza dell’inammissibilità, e in assenza di elementi che potessero escludere la colpa del ricorrente nel proporre un’impugnazione priva di fondamento, è stata disposta la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale del processo di impugnazione: il ricorso deve essere specifico e pertinente. Nel contesto delle misure alternative alla detenzione, la dimostrazione della disponibilità di un domicilio idoneo è un presupposto essenziale. Un’indicazione tardiva, incerta o contraddetta da atti ufficiali come le relazioni carcerarie costituisce un valido motivo di rigetto. Per gli avvocati e i loro assistiti, questa decisione serve come monito: le istanze e i successivi ricorsi devono essere supportati da prove concrete e devono confrontarsi analiticamente con ogni punto della motivazione del giudice, pena l’inammissibilità e le conseguenti sanzioni economiche.

Perché è stata rigettata in primo grado l’istanza di detenzione domiciliare?
La richiesta è stata respinta dal Tribunale di Sorveglianza a causa di due fattori: l’esistenza di un’altra misura cautelare a carico del richiedente per reati simili e l’incertezza del domicilio proposto, che era stato indicato solo durante l’udienza e contraddiceva una relazione carceraria.

Qual è il motivo principale per cui la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché non si confrontava specificamente con le motivazioni logiche del provvedimento impugnato. Il ricorrente si è limitato a dissentire dalla decisione senza smontare il ragionamento del giudice di primo grado sull’aleatorietà del domicilio e sulla pericolosità sociale.

Quali sono le conseguenze economiche per chi propone un ricorso inammissibile in questo contesto?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma aggiuntiva (3.000,00 euro) in favore della Cassa delle ammende, non essendo emersi elementi per escludere la sua colpa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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