Detenzione Domiciliare: Quando il Ricorso è Inammissibile per Domicilio Incerto
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2661/2024, ha affrontato un caso cruciale in materia di esecuzione della pena, chiarendo i requisiti di ammissibilità del ricorso per la concessione della detenzione domiciliare. La pronuncia sottolinea l’importanza di un’impugnazione che si confronti specificamente con le motivazioni del provvedimento impugnato, specialmente quando queste riguardano l’idoneità del domicilio e la situazione cautelare complessiva del richiedente.
I Fatti del Caso
Un detenuto aveva presentato un’istanza al Tribunale di Sorveglianza di Milano per ottenere la misura della detenzione domiciliare. Il Tribunale aveva rigettato la richiesta, basando la sua decisione su due elementi principali: la contemporanea esistenza di un altro titolo cautelare a carico del soggetto per fatti analoghi e l’aleatorietà del domicilio proposto per l’esecuzione della misura. Quest’ultimo, infatti, era stato indicato solo durante l’udienza e contrastava con una relazione carceraria che escludeva la disponibilità di un alloggio idoneo in Italia.
Avverso tale decisione, il detenuto, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che fosse irrilevante chiarire i rapporti tra lui e il soggetto che metteva a disposizione l’abitazione.
La Decisione sul Ricorso per la Detenzione Domiciliare
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che l’impugnazione non si confrontava in modo adeguato con le ragioni logiche e giuridiche esposte dal Tribunale di Sorveglianza. Anziché contestare puntualmente la valutazione del giudice di merito sull’incertezza del domicilio e sulla pericolosità derivante dall’altro titolo cautelare, il ricorso si era limitato a esprimere un mero dissenso, senza offrire argomentazioni in grado di minare la coerenza del provvedimento impugnato.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha ritenuto la motivazione del Tribunale di Sorveglianza non affatto illogica. La scelta di negare la misura si basava su una valutazione complessiva della situazione del detenuto. L’esistenza di un altro procedimento cautelare per fatti simili rappresentava un indice di pericolosità sociale che il giudice di sorveglianza doveva considerare. Inoltre, l’indicazione di un domicilio solo in sede di udienza, in contrasto con le risultanze della relazione carceraria, rendeva tale indicazione “aleatoria” e, quindi, inidonea a fornire le necessarie garanzie per un’efficace esecuzione della misura alternativa.
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché non ha attaccato il nucleo logico della decisione, ovvero la combinazione di questi due fattori negativi. Secondo la Corte, non basta dissentire dalla decisione, ma è necessario dimostrare l’illogicità o l’erroneità giuridica del ragionamento seguito dal giudice precedente. In conseguenza dell’inammissibilità, e in assenza di elementi che potessero escludere la colpa del ricorrente nel proporre un’impugnazione priva di fondamento, è stata disposta la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale del processo di impugnazione: il ricorso deve essere specifico e pertinente. Nel contesto delle misure alternative alla detenzione, la dimostrazione della disponibilità di un domicilio idoneo è un presupposto essenziale. Un’indicazione tardiva, incerta o contraddetta da atti ufficiali come le relazioni carcerarie costituisce un valido motivo di rigetto. Per gli avvocati e i loro assistiti, questa decisione serve come monito: le istanze e i successivi ricorsi devono essere supportati da prove concrete e devono confrontarsi analiticamente con ogni punto della motivazione del giudice, pena l’inammissibilità e le conseguenti sanzioni economiche.
Perché è stata rigettata in primo grado l’istanza di detenzione domiciliare?
La richiesta è stata respinta dal Tribunale di Sorveglianza a causa di due fattori: l’esistenza di un’altra misura cautelare a carico del richiedente per reati simili e l’incertezza del domicilio proposto, che era stato indicato solo durante l’udienza e contraddiceva una relazione carceraria.
Qual è il motivo principale per cui la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché non si confrontava specificamente con le motivazioni logiche del provvedimento impugnato. Il ricorrente si è limitato a dissentire dalla decisione senza smontare il ragionamento del giudice di primo grado sull’aleatorietà del domicilio e sulla pericolosità sociale.
Quali sono le conseguenze economiche per chi propone un ricorso inammissibile in questo contesto?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma aggiuntiva (3.000,00 euro) in favore della Cassa delle ammende, non essendo emersi elementi per escludere la sua colpa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2661 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2661 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in GAMBIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/07/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Milano ha rigettato, per la parte che qui interessa, l’istanza di detenzione domi avanzata da RAGIONE_SOCIALE.
Ricorre NOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato perché è irrilevante chiarir quali siano i rapporti tra il detenuto e il soggetto che ha messo a disposiz proprio domicilio per l’esecuzione della misura.
Il ricorso è inammissibile perché non si confronta con la motivazione c ha evidenziato, per rigettare l’istanza, la contemporanea esistenza di un cautelare per fatti analoghi e l’aleatorietà del domicilio, peraltro indicato in occasione dell’udienza, a fronte della relazione carceraria che esclu disponibilità di un domicilio idoneo in Italia.
La motivazione non è affatto illogica, mentre il ricorso si limita a convenire con essa.
3.1. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della ca di inammissibilità (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso il 19 dicembre 2023.