Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 28589 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28589 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a BIHAC( BOSNIA-ERZEGOVINA) il 08/08/1973
avverso l’ordinanza del 01/10/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di TORINO
lette le conclusioni del PG, dott. NOME COGNOME il quale ha chiesto il rigetto del udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza dell’i ottobre 2024, il Tribunale di sorveglianza di Torino ha dichiarato l’inammissibilità della istanza, presentata da NOME COGNOME di ammissione alla misura alternativa della detenzione domiciliare da lui presentata con riferimento alla pena di due anni, undici mesi e tredici giorni di reclusione, indicata nell’ordine di esecuzione emesso dalla Procura generale presso la Corte di appello di Torino il 4 gennaio 2024 ed inflittagli per avere egli commesso i reati di furto aggravato, ricettazione e resistenza a pubblico ufficiale, ed ha, contestualmente, rigettato le istanze di ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale ed alla semilibertà.
A tal fine, ha, in primo luogo, dato atto del curriculum criminale del condannato, gravato da ulteriori pregiudizi per furto, anche in abitazione, falsa attestazione sulle proprie generalità ed inosservanza dei provvedimenti dell’autorità, e da una pendenza per invasione di edifici, condotta commessa nel 2018 e per la quale ha riportato, in primo grado, la condanna alla pena di un anno di reclusione.
Ha, quindi, rilevato che COGNOME non può scontare la sanzione in regime di detenzione domiciliare in ragione dell’entità della pena da espiare ed aggiunto, quanto alle residue misure alternative, che l’indisponibilità di un domicilio idoneo preclude l’accesso all’affidamento in prova al servizio sociale e che l’ammissione alla semilibertà postula un’opportunità di inserimento lavorativo che, nel caso di specie, è carente.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’avv. NOME COGNOME ricorso per cassazione affidato a due motivi, con i quali deduce, costantemente, violazione di legge e vizio di motivazione.
2.1. Con il primo motivo, ascrive al Tribunale di sorveglianza di avere erroneamente stimato la durata della pena da espiare, dovendosi escludere, dal novero delle pene detentive in esecuzione, la porzione residua di quella, di tre anni di reclusione, che, con ordinanza del Tribunale di Torino dell’8 luglio 2024, è stata sostituita con la detenzione domiciliare sostitutiva, ciò che rende senz’altro ammissibile la detenzione domiciliare.
Con il secondo motivo, si duole delle negative conclusioni raggiunte dal Tribunale di sorveglianza in ordine alle prospettive di suo reinserimento lavorativo, che avrebbero potuto essere più ottimisticamente apprezzate qualora fossero stati eseguiti gli accertamenti disposti, in proposito, dallo stesso Tribunale in conseguenza da quanto da lui affermato in occasione dell’incontro con gli assistenti sociali dell’UEPE e positivamente riscontrato all’atto della richiamata sostituzione
della pena detentiva con quella domiciliare sostitutiva in ordine allo svolgimento, da parte sua, di regolare attività lavorativa.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo ricorso di ricorso è fondato.
Il provvedimento impugnato è stato adottato sul presupposto della commisurazione in due anni, undici mesi e tredici giorni di reclusione della pena che NOME COGNOME ciò che ha inciso sia sull’ammissibilità della detenzione domiciliare, disceso, tra l’altro, dal superamento del limite biennale di legge, che sul rigetto della richiesta di ammissione alle residue misure alternative.
Il ricorrente ha, nondimeno, dimostrato che, in epoca successiva alla proposizione di domanda di ammissione a misura alternativa alla detenzione ma precedente alla trattazione in udienza camerale, il giudice dell’esecuzione ha disposto la sostituzione, ai sensi dell’art. 95 d.P.R. 10 ottobre 2022, n. 150, di una delle pene inserite nel cumulo con la detenzione domiciliare sostitutiva, sicché l’unica pena rientrante, a questo punto, nell’ordine di esecuzione de quo agitur è quella di sei mesi di reclusione.
Tanto induce a reputare – avuto riguardo, specificamente, alla esigua durata della pena da espiare – l’illegittimità dell’ordinanza impugnata, nella parte relativa alla detenzione domiciliare, ed a disporne, di conseguenza, l’annullamento, limitatamente a tale aspetto, con rinvio al Tribunale di sorveglianza per un nuovo giudizio sul punto che libero nell’esito, tenga conto del diverso e più circoscritto orizzonte temporale della sanzione da espiare, oltre che, eventualmente, delle informazioni acquisite dal giudice dell’esecuzione, all’atto della sostituzione della pena detentiva, in ordine alla disponibilità, in capo al condannato, di idoneo domicilio nel quale scontare la sanzione.
A diverse conclusioni deve, invece, pervenirsi in ordine alle misure alternative alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale e della semilibertà, che il Tribunale di sorveglianza ha stimato non concedibili ad COGNOME in ragione anche dell’assenza di una credibile prospettiva di reinserimento lavorativo.
In proposito, a fronte della deduzione della parte, che ha asserito di collaborare, al pari dei figli, con una cooperativa sociale nella raccolta, in
autonomia e con mezzo proprio, di materiali ferrosi, il Tribunale di sorveglianza ha posto l’accento sull’assenza di riscontro documentale in ordine a quanto affermato
dal condannato il quale – privo, per di più, di partita IVA – non ha dimostrato di poter contare su una attività lavorativa regolare.
Ha, quindi, ritenuto che, carente la prova dell’avvio di un attendibile percorso di emenda, e non apprezzandosi la possibilità di agevolare il reinserimento sociale
del condannato mediante lo svolgimento di attività lavorativa in ambito extramurario, le misure invocate siano irrimediabilmente precluse, dovendosi,
vieppiù, considerare, quanto all’affidamento in prova al servizio sociale, che egli, nel presente procedimento, ha indicato, quale domicilio, un immobile che, in atto,
non è abitabile perché in stato di completo abbandono.
Il ragionamento sviluppato dal Tribunale, di sorveglianza si palesa, sotto questo aspetto, tetragono alle censure del ricorrente, il quale si limita ad obiettare,
senza in alcun modo supportare tale assunto con opportune e pertinenti produzioni documentali, che i segnalati rapporti professionali con la cooperativa indicata agli
assistenti sociali sono effettivi e proficui, ovvero ad articolare considerazioni che non si emancipano dal piano della sterile confutazione e non appaiono in alcun modo idonee ad evidenziare, nel provvedimento impugnato, specifici profili di illogicità, tantomeno manifesta, o di contraddittorietà.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla detenzione domiciliare, con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di sorveglianza di Torino; rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 06/05/2025.