Detenzione domiciliare: quando la pena residua è un ostacolo invalicabile
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di esecuzione della pena: il rispetto dei limiti edittali per l’accesso alle misure alternative. Il caso in esame riguarda un ricorso per l’ammissione alla detenzione domiciliare, respinto perché la pena residua da scontare, anche al netto del periodo già sofferto in custodia cautelare, superava la soglia massima prevista dalla legge. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.
I Fatti del Caso
Un condannato si era visto negare dal Tribunale di Sorveglianza la possibilità di scontare la pena residua in regime di detenzione domiciliare. Secondo il ricorrente, il Tribunale non aveva correttamente considerato il periodo di detenzione già scontato (il cosiddetto ‘presofferto’), che a suo avviso avrebbe ridotto la pena entro i limiti di ammissibilità della misura richiesta. Per questo motivo, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando l’errata valutazione del giudice di sorveglianza.
La Decisione della Corte sulla detenzione domiciliare
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso ‘manifestamente infondato’ e, di conseguenza, inammissibile. Gli Ermellini hanno chiarito che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il Tribunale di Sorveglianza aveva agito correttamente. Il calcolo della pena residua da espiare, fissata in due anni, cinque mesi e venti giorni, era già stato effettuato ‘al netto del presofferto’. Tale durata, superando i limiti normativi, preclude categoricamente l’accesso alla detenzione domiciliare.
Le Motivazioni della Sentenza
La motivazione della Corte è lineare e si fonda su un puro dato matematico e normativo. Il legislatore ha stabilito soglie di pena precise per poter beneficiare delle misure alternative alla detenzione carceraria. La detenzione domiciliare è una di queste e richiede che la pena (o la parte di pena residua) non superi un determinato ammontare. Nel caso di specie, il calcolo era inequivocabile: la pena residua era superiore a tale limite. Pertanto, la decisione del Tribunale di Sorveglianza di dichiarare l’inammissibilità della richiesta era giuridicamente ineccepibile. La Corte Suprema ha inoltre sottolineato che la manifesta infondatezza del ricorso comporta non solo la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, in quanto non è possibile escludere un profilo di colpa nella proposizione di un gravame privo di ogni fondamento.
Conclusioni
Questa ordinanza serve come un importante promemoria sull’importanza dei requisiti oggettivi per l’accesso alle misure alternative. Il calcolo della pena residua è un passaggio cruciale e non opinabile: se il risultato supera le soglie di legge, non vi è margine di discrezionalità per il giudice. La decisione rafforza il principio secondo cui i ricorsi palesemente infondati, che mirano a contestare dati oggettivi e correttamente applicati, non solo non trovano accoglimento ma espongono il proponente a sanzioni economiche, in un’ottica di deflazione del contenzioso giudiziario e di responsabilizzazione delle parti.
Il periodo di detenzione già scontato (presofferto) viene considerato nel calcolo per l’ammissione alla detenzione domiciliare?
Sì, la pena residua da espiare, sulla quale si valuta l’ammissibilità alla misura, viene calcolata al netto del presofferto. Tuttavia, anche dopo questa sottrazione, la pena rimanente deve rientrare nei limiti previsti dalla legge.
Cosa succede se la pena residua supera, anche di poco, il limite massimo per la detenzione domiciliare?
Se la pena residua supera il limite stabilito dalla normativa, la richiesta di detenzione domiciliare è inammissibile. Il giudice non ha discrezionalità nel concedere la misura se questo requisito oggettivo non è soddisfatto.
Quali sono le conseguenze se si presenta un ricorso giudicato ‘manifestamente infondato’ contro un diniego di detenzione domiciliare?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come stabilito dalla Corte nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20958 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20958 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/12/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME, in cui ci si duole che il Tribunale di sorveglianza di Catania nel dichiarare l’inammissibilità della detenzione domiciliare non abbia considerato il presofferto, è manifestamente infondato, in quanto la pena residua espiande, fissata nel cumulo in atti, è quella di anni due, mesi cinque e giorni venti, al neti:o del presofferto, quindi, tale da superare il limite di pena per la ammissibilità della detenzione domiciliare, come correttamente evidenziato dal suddetto Tribunale.
Ritenuto, quindi, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e che all’inammissibilità segua la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non potendo escludersi profili di colpa, anche alla sanzione in favore della cassa delle ammende (Corte cost. n. 186 del 2000) che si ritiene equo quantificare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024.