Destinazione allo spaccio: la quantità è un indizio decisivo?
La distinzione tra detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale e per spaccio è una delle questioni più delicate e frequenti nel diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come la valutazione sulla destinazione allo spaccio non si basi su un singolo elemento, ma su un insieme di indizi logici. In questo caso, il considerevole quantitativo di droga, unito alla situazione economica dell’imputato, è stato determinante per confermare la condanna.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado per la detenzione di 152 grammi di marijuana, suddivisi in quattro involucri. Durante il processo, l’imputato si era difeso sostenendo che la sostanza fosse destinata esclusivamente al proprio uso personale. La Corte d’Appello aveva confermato la condanna per il reato legato agli stupefacenti, mentre aveva dichiarato il non doversi procedere per un’accusa connessa di furto di energia elettrica, per mancanza di querela.
L’imputato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge e un vizio di motivazione, poiché i giudici non avrebbero spiegato adeguatamente perché la sua tesi difensiva sull’uso personale fosse stata ritenuta inverosimile.
La Decisione della Corte e la destinazione allo spaccio
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato e quindi inammissibile. I giudici supremi hanno condiviso l’analisi della Corte d’Appello, secondo cui gli elementi raccolti convergevano in modo univoco verso la destinazione allo spaccio della sostanza.
La decisione si allinea a un orientamento consolidato, secondo cui, sebbene il superamento dei limiti tabellari di quantità non sia di per sé una prova schiacciante, esso costituisce un indizio fondamentale che, unito ad altri elementi, può legittimamente portare a una sentenza di condanna per spaccio.
Le Motivazioni: Oltre la Semplice Quantità
La Corte ha basato la sua decisione su una serie di elementi logici e fattuali che, nel loro complesso, smontavano la tesi dell’uso personale:
1. L’enorme quantitativo: Dalla sostanza sequestrata era possibile ricavare ben 935 dosi medie singole. Un numero così elevato è stato considerato incompatibile con un consumo puramente personale.
2. Le condizioni economiche: L’imputato aveva dichiarato di essere disoccupato. I giudici hanno ritenuto inverosimile che una persona senza un reddito lecito potesse permettersi l’acquisto di una simile quantità di droga per sé. Al contrario, questa circostanza ha rafforzato l’ipotesi che l’attività di spaccio fosse la sua fonte di sostentamento.
3. I precedenti penali: La Corte ha valorizzato anche le precedenti condanne dell’imputato per reati della stessa natura. Questo elemento, sebbene non possa costituire l’unica prova, è stato considerato un ulteriore tassello a conferma del quadro indiziario.
La Cassazione ha ribadito un principio chiave: il valore indiziario della quantità di droga detenuta aumenta in proporzione al numero di dosi che se ne possono ricavare. Nel caso di specie, 935 dosi rappresentavano un dato oggettivamente significativo.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma che, nei processi per droga, la difesa basata sull’uso personale richiede di essere supportata da elementi concreti, specialmente di fronte a quantitativi importanti. Non è sufficiente una mera affermazione. I giudici sono tenuti a esaminare l’intero contesto: la quantità, le modalità di confezionamento, la situazione economica e personale dell’imputato e la sua storia giudiziaria. Quando questi elementi indicano una chiara incompatibilità con la tesi dell’uso personale, la condanna per detenzione ai fini di spaccio diventa una conseguenza quasi inevitabile.
Il possesso di una grande quantità di droga è sufficiente per una condanna per spaccio?
No, da solo non costituisce prova decisiva, ma è un elemento indiziario molto forte che, unito ad altri indizi (come le condizioni economiche dell’imputato, le modalità di confezionamento e i precedenti specifici), può legittimamente fondare una condanna per spaccio.
Quali altri elementi ha considerato la Corte per confermare la destinazione allo spaccio?
La Corte ha considerato l’elevato numero di dosi ricavabili (935), le condizioni economiche precarie e lo stato di disoccupazione dell’imputato (incompatibili con l’acquisto per uso personale) e le sue precedenti condanne per reati simili.
Perché l’argomento della difesa sull’uso personale è stato respinto?
È stato respinto perché ritenuto inverosimile. L’imputato non ha dimostrato di essere un assuntore di quantitativi così ingenti e la sua tesi era in contrasto con la sua situazione economica e i precedenti penali, che suggerivano invece lo spaccio come fonte di sostentamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23010 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23010 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CATANZARO il 14/10/1968
avverso la sentenza del 06/11/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza del 6 novembre 2024, ha confermato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale locale nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 per avere detenuto sostanza stupefacente del tipo marijuana del peso di grammi 152,00 suddivisi in quattro involucri, mentre ha dichiarato non doversi procedere per mancanza di querela per il reato di furto di energia elettrica.
COGNOME propone ricorso per cassazione censurando la sentenza impugnata per erronea applicazione degli artt.73 e 75 T.U. Stup. nonché per vizio di motivazione per non avere i giudici di merito spiegato per quali ragioni fosse inverosimile la tesi difensiva della destinazione della sostanza stupefacente all’uso personale.
3. Il ricorso è manifestamente infondato, dunque, inammissibile.
Secondo quanto si evince dalla sentenza impugnata, la Corte di Appello ha rilevato che emblematico della destinazione allo spaccio è il fatto che non è stato dimostrato che il ricorrente fosse assuntore di significativi quantitativi di sostanza corrispondenti a quello recuperato (dallo stesso era possibile ricavare 935 dosi medie singole), circostanza meramente asserita dall’imputato le cui condizioni economiche, come dalle stesse dichiarazioni rese in sede di interrogatorio, erano incompatibili con l’acquisto del quantitativo in contestazione. Piuttosto le riferite condizioni economiche e il suo stato di disoccupazione, hanno indotto la Corte a ipotizzare che il ricorrente traesse illecite fonti di sostentamento anche dall’attività di spaccio, valorizzando, sul punto anche le precedenti condanne per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/1990.
Si tratta di decisione immune da vizi in quanto conforme all’orientamento interpretativo della Corte di legittimità, che ha ripetutamente affermato il principio per cui, sebbene il possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare previsto dall’art. 73 T.U. Stup. da solo non costituisca prova decisiva dell’effettiva destinazione della sostanza allo spaccio, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri elementi indiziari, tale conclusione; va, peraltro, sottolineato che il valore indiziario della destinazione allo spaccio del quantitativo di sostanza stupefacente detenuto si accresce in proporzione all’aumentare delle dosi ricavabili (Sez.3, n.46610 del 09/10/2014, COGNOME, Rv.260991; Sez.6, n.11025 del 06/03/2013, COGNOME, Rv. 255726; Sez.6, n.12146 del 12/02/2009, COGNOME, Rv. 242923).
3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00
in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Deciso il 10 giugno 2025
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La Presidente
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