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Desistenza volontaria: no se la serratura resiste

La Corte di Cassazione conferma la condanna per tentato furto a un individuo che, dopo aver provato a forzare le serrature di due negozi, si è allontanato a causa della loro resistenza. La Corte ha escluso la configurabilità della desistenza volontaria, poiché l’interruzione dell’azione non è dipesa da una libera scelta, ma da un ostacolo esterno e insuperabile.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Desistenza Volontaria o Tentativo? La Cassazione Chiarisce Quando l’Ostacolo Esclude la Scelta

Nel diritto penale, la linea di demarcazione tra un reato tentato e una desistenza volontaria è sottile ma cruciale, con conseguenze significative sulla pena. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 26883/2024) torna su questo tema, offrendo un chiarimento fondamentale: se l’azione criminale si interrompe a causa di un ostacolo materiale insuperabile, come una serratura troppo resistente, non si può parlare di scelta volontaria, ma di semplice tentativo fallito.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per tentato furto aggravato. L’imputato aveva cercato di forzare le serrature delle porte di accesso di due diversi esercizi commerciali. Tuttavia, ogni tentativo si era rivelato vano a causa della particolare resistenza dei sistemi di chiusura. Constatata l’impossibilità di portare a termine il colpo, l’uomo si era allontanato. La difesa ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che l’allontanamento costituisse una desistenza volontaria, in quanto non causato da fattori esterni come l’arrivo delle forze dell’ordine o di passanti, ma da una presa di coscienza dell’imputato circa la difficoltà dell’impresa.

La Questione Giuridica: Desistenza o Tentativo?

Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione dell’articolo 56 del Codice Penale, che disciplina sia il delitto tentato (comma 1) sia la desistenza volontaria (comma 3). La differenza è sostanziale:

* Tentativo: Si configura quando l’agente compie atti idonei a commettere un delitto, ma l’azione non si compie per cause indipendenti dalla sua volontà. In questo caso, è prevista una pena, sebbene ridotta.
* Desistenza Volontaria: Si verifica quando l’agente, pur avendo iniziato l’azione, la interrompe per una libera e autonoma scelta. Il soggetto potrebbe continuare, ma decide di non farlo. In questo scenario, egli risponde solo degli atti eventualmente già compiuti che costituiscono di per sé un reato diverso.

La difesa sosteneva che la decisione di fermarsi fosse scaturita dalla consapevolezza dell’imperizia o della difficoltà, configurando quindi una scelta interna e spontanea. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato categoricamente questa interpretazione.

L’analisi della Cassazione sulla desistenza volontaria

Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato in giurisprudenza: la volontarietà della desistenza deve essere intesa come una scelta libera da qualsiasi coercizione esterna. L’interruzione dell’azione non deve essere la conseguenza di impedimenti oggettivi che rendono impossibile o eccessivamente rischiosa la prosecuzione del crimine.

Nel caso specifico, la resistenza opposta dalle serrature non è stata interpretata come una semplice ‘difficoltà’, ma come un vero e proprio fattore esterno che ha reso materialmente impossibile il compimento del furto. L’imputato non ha scelto di fermarsi; è stato costretto a farlo perché non è riuscito a superare le difese passive dei negozi.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando precedenti sentenze che avevano già tracciato questo solco. Ad esempio, è stato citato il caso del furto di un’autovettura non riuscito a causa della resistenza del bloccasterzo. Anche in quella circostanza, i giudici avevano escluso la desistenza, qualificando il fatto come tentativo. La logica è la stessa: l’ostacolo materiale che impedisce il completamento del reato non lascia spazio a una libera scelta. La volontà dell’agente è ancora orientata a delinquere, ma viene frustrata da un evento esterno.

La Cassazione ha quindi affermato che la condotta dell’imputato si è arrestata per cause indipendenti dalla sua determinazione. La sua intenzione criminale non è venuta meno; semplicemente, non ha trovato modo di essere portata a compimento. Pertanto, la corretta qualificazione giuridica del fatto è quella di tentato furto, e non di desistenza volontaria.

Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio fondamentale per distinguere il tentativo dalla desistenza. La ‘volontarietà’ richiesta dalla legge non è una generica valutazione di convenienza, ma una genuina inversione della volontà criminale. Se l’agente si ferma perché incontra un muro invalicabile, la sua azione ricade nell’alveo del tentativo punibile. Questa pronuncia offre un criterio chiaro e oggettivo: l’impossibilità di proseguire, dovuta a fattori esterni, non può mai essere scambiata per una scelta libera di abbandonare il proposito criminoso.

Quando un tentativo di furto si considera ‘desistenza volontaria’?
Si ha desistenza volontaria solo quando l’agente interrompe l’azione criminale per una scelta autonoma e interna, non perché incontra un ostacolo oggettivamente insuperabile che gli impedisce di proseguire.

La particolare resistenza di una serratura può essere considerata una causa di desistenza volontaria?
No, la sentenza chiarisce che la resistenza di una serratura è un fattore esterno e un ostacolo materiale. L’incapacità di forzarla non configura una desistenza volontaria, ma un tentativo di reato non riuscito per cause indipendenti dalla volontà dell’agente.

Qual è la differenza di trattamento penale tra tentativo e desistenza volontaria?
Secondo l’art. 56 del codice penale, chi commette un tentativo è punito con una pena ridotta rispetto a quella prevista per il reato consumato. Invece, chi desiste volontariamente non è punibile per il tentativo, ma soggiace solo alla pena per gli atti eventualmente già compiuti, qualora questi costituiscano di per sé un reato diverso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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