Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22077 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22077 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NUORO il 11/03/1978
avverso la sentenza del 19/09/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurato NOME COGNOME che ha chiesto “in linea principale, di rinviare la trattazione ricorso ad una data successiva alla decisione delle Sezioni Unite sulla questio evidenziata nel par. 1 e, in subordine, di rigettare il ricorso e dell’avv.to NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 19/9/2023 la Corte di appello di Firenze ha confermato la condanna alla pena di anni uno e mesi cinque di reclusione resa all’esito primo grado di giudizio dal Tribunale di Grosseto nei confronti di COGNOME ritenuta responsabile, in qualità di amministratrice dell’omonima azienda agrico del reato di cui all’art. 256, comma 2 d. Igs. 152/2006 per abbandono incontroll di rifiuti ferrosi in un’area di cui aveva la disponibilità e di quello di cui al
bis d.lgs. 152/06 per aver, nella medesima area, appiccato il fuoco a ri rappresentati da imballaggi di plastica, imballaggi di ferro e rifiuti pr dall’agricoltura.
Avverso la sentenza, l’imputata, per il tramite del proprio difens propone ricorso per cassazione articolando otto motivi di seguito riprodotti limiti di cui all’art. 173 disp.att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo denuncia la violazione di legge e il difetto motivazione con riferimento alla mancata dichiarazione di prescrizione assumendo che il reato di cui all’art. 256 TUA si era prescritto il 10/4/2023.
2.3 Con il terzo motivo, si denuncia il vizio di motivazione con riferimento ” necessaria ricorrenza del pericolo concreto ai fini della sussistenza del reato al secondo capo di imputazione”. Si sostiene che nel caso di abbruciamento d rifiuti non pericolosi il pericolo deve essere concreto, ossia “deve aver mes repentaglio la zona circostante”, presupposto non verificato dai giudici di me e si richiamano, a sostegno del risultato ermeneutico enunciato, precede giurisprudenziali relativi all’incendio di cosa propria.
2.4 Con il quarto motivo, si denuncia il vizio di motivazione in relazi all'”inesistenza dell’elemento soggettivo del reato e della colpevol dell’imputata”. Si sostiene che il passo della deposizione di COGNOME NOME, valoriz dalla Corte territoriale ai fini della configurazione dell’elemento soggettiv
permetteva di desumere un qualunque coinvolgimento dell’imputata nelle operazioni di smaltimento dei rifiuti.
2.5 Con il quinto motivo, si denuncia la violazione di legge e il vizi motivazione in relazione all’omessa applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. deduce che la Corte territoriale non aveva tenuto in considerazione che: condotta aveva interessato un’area situata nelle vicinanze del capannone, per c ingiustificato era il rilievo dato dalla Corte territoriale al fatto che la condot stata posta in essere in un’azienda agricola; la condotta incriminata aveva av a oggetto quantitativi ridotti di rifiuti non pericolosi; era stato eseguito il dello stato dei luoghi; il danno derivato era stato di modesta entità, essendo i rifiuti ferrosi smaltiti tramite la Mar. Sid. e avendo l’abbruciamento av oggetto “prevalentemente materiale organico”; non vi erano prove della colpevolezza dell’imputata.
2.6 Con il sesto motivo, si denuncia il vizio di motivazione in relazi all’omessa derubricazione del reato “contestato al capo b) nell’ipotesi di cui a 256 comma 1 d.lgs. 152/2006”. Si deduce che la Corte territoriale non aveva risposto all’argomento difensivo secondo il quale le condotte di abbruciamento d rifiuti effettuate con le modalità e alle condizioni indicate dall’art. 182 com bis d.lgs citato non rientravano nelle operazioni di gestione dei rifiuti.
2.7 Con il settimo motivo, si lamenta che il vizio di motivazione in relazio ai “motivi di gravame relativamente ai diritto al silenzio”. Si deduce che il sil di COGNOME era stata valutato come elemento a sfavore dell’imputata dal giudice prime cure in palese violazione dei principi enunciati al riguardo “dai giudic Strasburgo”.
2.8 Con ultimo motivo, si denuncia il vizio di motivazione in relazione diniego di sostituzione della pena irrogata con i lavori di pubblica utilità. Si a che l’omesso svolgimento del lavoro di pubblica utilità avrebbe avuto conseguenze pregiudizievoli per l’imputata per cui illogico risultava il ragionamento della C territoriale che aveva negato la sostituzione rilevando che l’imputata si era precedentemente “inadempiente al pagamento in via amministrativa cui era stata ammessa per l’estinzione del reato di cui al capo a)”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato in relazione solo al motivo prospettante la prescriz della contravvenzione ascritta al capo a) risultando gli ulteriori m manifestamente infondati o non consentiti il sede di legittimità.
La sentenza di primo grado risulta resa il 20/10/2022 e previde un termin per il deposito della motivazione di giorno 90. Dal 18/1/2023 al 19/9/2023, quind il decorso della prescrizione risulta sospeso, ai sensi del comma 2 dell’art. 159
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pen. nel testo inserito dalla I. 29/6/2017 n. 103, applicabile ratione temporis, essendo stati commessi i reati nel periodo di vigenza della norma, come chiarito dalla Sezioni unite all’udienza del 12/12/2024, decisione di cui si conosce solo l’informazione provvisoria. La sentenza di appello previde il termine di giorni novanta per il deposito della motivazione. Dal 19/12/2023 al 13/5/2025, quindi il termine di prescrizione risulta sospeso. All’udienza del 29/9/2022, infine, il processo è stato rinviato al 20/10/2022 su richiesta della difesa, per cui complessivamente, il decorso del termine prescrizionale è rimasto sospeso per anni 2, mesi 1 e giorni 14.
Venendo, ancora, alla data di decorrenza del termine, il ricorso assume che per la contravvenzione contestata al capo a) il termine di prescrizione decorrerebbe dalla data di accertamento, ossia il 10/4/1018, avendo “la Corte di cassazione, con sentenza del 17/3/2016 n. 10960 stabilito che il reato di abbandono di rifiuti…ha natura istantanea se non è seguito da successive attività…”.
Sennonchè, l’ipotesi ricostruttiva contestata e ritenuta configura, in relazione alla condotta ascritta al capo a), è quella del deposito incontrollato che ha invece natura permanente (Sez. 3, n. 30910 del 10/06/2014, COGNOME, Rv. 260011 01), perché “la condotta riguarda un’ipotesi di deposito “controllabile” cui segue l’omessa rimozione nei tempi e nei modi previsti dalla norma citata, donde l’inosservanza di dette condizioni integra un’omissione a carattere permanente, la cui antigiuridicità cessa sino allo smaltimento o al recupero” ( Sez. 3, n. 6999 del 22/11/2017 (dep. 2018), COGNOME).
A rigore, pertanto, il dies ad quem dovrebbero coincidere con la data del sequestro, avvenuto il 18/4/2018.
In ogni caso, anche a far decorrere la prescrizione dal 10/4/2018, la contravvenzione non risulta prescritta, giungendo a compimento il termine il 24/6/2025.
Venendo agli altri motivi del ricorso, la sentenza impugnata, riprendendo gli argomenti del Tribunale, ha disatteso la tesi difensiva volta a configurare l’ammasso di rifiuti rinvenuti quale deposito temporaneo sottolineando: che i rifiuti erano accumulati alla rinfusa e non per categorie omogenee, come imposto dall’art. 183 comma 3 d.lgs. n. 152/2006, nel testo all’epoca dei fatti vigente; l’occasionalità dei rapporti con la ditta RAGIONE_SOCIALE, desunta dal fatto che le operazioni di ritiro dei rifiuti effettuate da tale ditta presso l’azienda agrico dell’imputata erano tutte successive al sopralluogo originante il procedimento e dall’assenza di un registro di carico e scarico del materiale ferroso; che non era rimasto provato che i rifiuti fossero stati raggruppati in vista del futur smaltimento nel rispetto delle cadenze temporali previste dal comma 1 lett. bb ))
dell’art. 183, ora trasfuso nel comma 2 dell’art. 185 bis; l’incertezza in ord provenienza dei rifiuti non essendo documentato il collegamento con l’attiv agricola che aveva luogo nell’area e non risultando registrate le lastre di l nel registro di carico e scarico dei rifiuti.
Si è, quindi, in presenza di un apparato motivazionale, risultante d sentenze di merito, che risulta aderente alle risultanze probatorie, non es stata denunciato il travisamento della prova, e che applica correttament previsioni normative richiamate.
Non ricorre, pertanto, la violazione di legge sostanziale denunciata.
Ai fini della corretta deduzione del vizio di cui all’art. 606, comma 1, l cod. proc. pen., il motivo di ricorso, infatti, deve strutturarsi sulla cont della riconducibilità del fatto – come ricostruito dai giudici di merito fattispecie astratta delineata dal legislatore; altra cosa, invece, è, come sovente ed anche nel caso di specie, sostenere che le emergenze istrutt acquisite siano idonee o meno a consentire la ricostruzione della condotta di cu discute in termini tali da ricondurla al paradigma legale. Nel primo caso, in viene effettivamente in rilievo un profilo di violazione di legge laddove si d l’erroneità dell’opera di “sussunzione” del fatto rispetto alla fattispecie nel secondo caso, invece, la censura si risolve nella contestazione della possi di enucleare, dalle prove acquisite, una condotta corrispondente alla fattis tipica che è, invece, operazione prettamente riservata al giudice di merito.
2.1 Venendo al deficit argomentativo denunciato con il secondo motivo, a fronte del diritto apparato giustificativo, destituite di ogni fondamento pa questo Collegio le censure mosse dalla ricorrente con il motivo di ricors valutazione, costituendo in realtà espressione del tentativo, non consentit imporre a questa Corte una rilettura dei fatti processuali risultati nel corso gradi di giudizio, qualificando come vizi di legittimità doglianze che esplican effetti, un dissenso sulla valutazione da parte dei giudici di merito delle ris probatorie. Il motivo, infatti, non individua alcun vizio motivazional ragionamento probatorio che sorregge la decisione ma valorizza prove dichiarative, di cui riporta frasi o fornisce sintesi, senza però mettere a dispo le relative trascrizioni, così non ottemperando al principio di autosufficien ricorso, per accreditare una versione alternativa che entrami i giudici di m hanno, in maniera del tutto condivisibile, respinto.
Gli argomenti difensivi esprimono valutazioni in punto di fatto, che offrono u lettura alternativa, e, peraltro, assai discutibile, del compendio probatorio a quella dei giudici di merito, con le quali la ricorrente deduce che è ingiust il valore significativo dato a questa o quella prova mentre invece maggior p avrebbe dovuto essere assegnato ad altre deposizioni, ritenute ingiustame obliterate, così implicando un giudizio valutativo della prova e, dunque,
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considerazione in fatto che è preclusa al giudice della legittimità, in assen rilievi circa la sussistenza di alcuno dei vizi sindacabili in Cassazione.
E’ stato in maniera condivisibile osservato che “in tema di ricorso p cassazione, invero, non basta prospettare una valutazione della prova divers rispetto a quella del giudice del merito ovvero asserire l’eventuale erronea let di un dato fattuale per denunciare il vizio di illogicità manifesta, essendo a necessario spiegare perché -nel caso concreto- venga a configurarsi una illogicit ossia un vizio che consegue «alla violazione di principi della logica formale dive dalla contraddittorietà o dei canoni normativi di valutazione della prova ai s dell’art. 192 cod. proc. pen. ovvero alla invalidità o alla scorret dell’argomentazione per carenza di connessione tra le premesse della abduzione o di ogni plausibile nesso di inferenza tra le stesse e le conclusioni», (S Sentenza n. 53600 del 24/11/2016, Sanfilippo)” ( Sez. 2, n. 38818 del 7/6/2019 M.)
Vizio che, per di più, deve essere qualcosa che collide con il modo di ragionar comune, quasi sorprendendo (ictu oculi) il lettore per la sua insensatezza. Per ragione, minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisi ma che non siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisività, sono irrilevanti, posto che non costituisce vizio della motivazione qualunq omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto, ma è s l’esame del complesso probatorio, entro il quale ogni elemento si contestualizzato, che consente di verificare la consistenza e la decisività elementi medesimi oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logic dell’impianto argomentativo della motivazione (così, tra moltissime, Sez. 1, 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227; Sez. 2, n. 9242 del 08/02/2013, Rv. 254988).
2.2 Il motivo in valutazione lamenta la scarsa considerazione data all deposizioni che provavano i rapporti fra l’azienda agricola e la Mar Sid di Tregg Silvio, ma non si confronta con la motivazione della Corte territoriale che prop muovendo dalla deposizione di COGNOME aveva rilevato come i rapporti fra le due aziende fossero tutti successivi al sopralluogo che aveva originato il procediment non essendovi traccia di interventi precedenti, nonostante le operazioni esegui dalla Mar Sid in favore dell’azienda agricola avrebbero imposto la predisposizion di documentazione relativa ai rifiuti movimentati. Va anche ricordato che quantitativo di rifiuti non è l’unico parametro richiesto ai fini della configur del deposito temporaneo, prevedendo la disciplina che il deposito non possa avere durata superiore a un anno. Ma anche sotto tale profilo nessun elemento di prova è stato indicato dalla difesa per confutare le conclusioni dei giudici di merito. COGNOME e COGNOME ancora, non sono stati affatto ignorati dai giudici di me
quali ne hanno segnalato l’inattendibilità non soltanto valorizzando i rapport amicizia con l’imputata ma anche la sporadicità della presenza in azienda e contrasto con circostanze di fatto cadute sotto la diretta percezione degli oper o rivelate dalla deposizione di COGNOME. Si contesta, poi, il rilievo dato dalla territoriale alla mancanza del registro di carico e scarico dei rifiuti e l’utili di tale mancanza al fine di ritenere non dimostrata la provenienza delle lastr lamiera dall’attività agricola gestita da COGNOME Nel ricorso, però, l’assen registro di carico e scarico viene espunto dal ragionamento probatorio nel qua risulta inserito, per prospettarne, in una valutazione parcellizzata, l’asse rilievo penale mentre la prova della materiale produzione nell’area delle last desunta dal fatto che erano collocate a poca distanza da un capannone, senza per precisare per quale legge di copertura tale vicinanza collegava le lastr manufatto, così da integrare il requisito della produzione del rifiuto nel sito. dato, ancora, comprendere, e il ricorso non spiega, come la deposizione di COGNOME NOME, che aveva sostento di aver “bruciato paglia e fieno” sia compatibile co residui di rifiuti combusti di natura mista, occupante una superficie di 15 m rinvenuta dagli operanti nell’area.
2.3 Va a questo punto ricordato che ai fini della configurazione del deposi temporaneo di rifiuto devono sussistere gli specifici requisiti richiesti dall’a bb) d. Igs. 152/2006, così come sostituito dal d.lgs. n. 116 del 2020, che ripre in sostanziale continuità, la definizione della normativa previgente, gravan sull’interessato, posto che il regime giuridico più favorevole invocato ha por derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria, l’onere di fornirne la r dimostrazione (Sez. 3, n. 29084 del 14/05/2015, COGNOME e altro, Rv. 264121; Sez. 3, n. 35494 del 10/05/2016, COGNOME, Rv. 267636 – 01; Sez. 3, n. 1116 del 14/12/2023 (dep. 2024 ), Parenti, Rv. 286043 – 02).
Applicando tale principio al caso di specie, non possono che condividersi l conclusioni cui sono giunti i giudici di merito mancando, per la configurazione d deposito temporaneo, non soltanto la suddivisione per categorie omogenee dei rifiuti ma, ancor prima, la prova che il raggruppamento dei rifiuti fosse costit da materiale prodotto nel sito e che la loro permanenza nell’area non si protrae da più di un anno.
Non maggior fondamento ha il terzo motivo di impugnazione, avendo la Corte territoriale correttamente applicato il principio giurisprudenzi espressione di un orientamento di legittimità consolidato cui il Collegio ritien dover dare continuità, secondo cui il reato di combustione illecita di rifiuti all’art. 256-bis del d.lgs n. 152 del 2006 si configura con l’appiccare il f rifiuti abbandonati, ovvero depositati in maniera incontrollata, non essen richiesto, per l’integrazione del reato, la dimostrazione del danno all’ambiente
pericolo per la pubblica incolumità. (Sez. 3, n. 52610 del 4/10/2017, Sancilles, Rv. 271359; Sez. 2, n. 24302 del 19/5/2022, COGNOME).
Inconferente è poi il confronto con l’art. 423 comma 2 cod. pen., risultando non equiparabile il dato normativo. L’incendio, che connota la fattispecie incriminatrice richiamata, richiede un evento di vaste proporzioni, con fiamme divoratrici che si propaghino con potenza distruttrice, sì da porre in pericolo l’incolumità di un numero indeterminato di persone (Sez. 1, n. 4417 del 14/01/2009, COGNOME, Rv. 242794 – 01 Sez. 1, n. 14263 del 23/02/2017, COGNOME, Rv. 269842 – 01). La norma speciale è, invece, incentrata sulla sola presa delle fiamme sui rifiuti indipendentemente dal quantitativo e dal rischio di propagazione anche solo potenziale del fenomeno. Tale risultato ermeneutico trova riscontro nella previsione dell’art. 424 cod. pen. che, a fronte della medesima locuzione adoperata per descrivere la condotta ( “appicca il fuoco”), a differenza dell’art. 256 bis d.lgs. citato, richiede per la punibilità un ulteriore elemento, ossia che dal fatto sorga il pericolo di un incendio, così rendendo palese che tale elemento non è richiesto per l’integrazione del reato di combustione illecita di rifiuti (Sez. 3, n 17069 del 24/01/2019, Rv. 275905; Sez. 3, n. 52610 del 04/10/2017, Rv. 271359; Sez. 3, n. 16346 del 11/1/2021, COGNOME).
Il quarto motivo ripropone il corrispondente motivo di appello senza confrontarsi con la motivazione della Corte territoriale, che aveva sottolineato che l’accumulo del materiale ferroso nell’area e l’utilizzo di paglia e fieno per pulire il terreno costituiva una prassi abituale e non l’iniziativa di dipendenti indisciplinati così da permetterne la riconduzione dall’imputata che, per la posizione apicale occupata, doveva avere contezza delle procedure aziendali e, quindi, non poteva ignorare che, alla data del sopralluogo, l’azienda non disponeva di canali leciti di smaltimento dei rifiuti.
Il ricorso contesta il valore dimostrativo dato dalla Corte territoriale alla frase di COGNOME NOME che aveva sostenuto che era “loro abitudine accumulare il materiale ferroso e di bruciare paglia e fieno per pulire l’area” senza però spiegare perché l’uso del plurale non debba ricomprendere, in primo luogo, l’imputata, che quell’attività imprenditoriale gestiva individuando le strategie per la risoluzione delle problematiche connesse, prima fra tutte lo smaltimento dei rifiuti.
Tale conclusione consente di disattendere anche la tesi della responsabilità colposa che già la Corte territoriale aveva respinto precisando non era quello il criterio di imputazione a Goddi dei reati.
Del pari inammissibile deve ritenersi il motivo relativo al mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto.
Va, preliminarmente, ricordato che “ai fini della configurabilità della causa esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’ar bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione compless congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo” (Sez. U, 13681 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 266590 – 01).
L’indice criterio della particolare tenuità dell’offesa deve poi coesistere l’applicazione della causa di non punibilità, con la non abitualità comportamento.
Quanto al primo degli indici criteri, le Sezioni Unite “Tushaj” hanno chiari che si richiede una “valutazione complessa” che tenga conto “di tutte le peculiari della fattispecie concreta, non solo di quelle che attengono all’en dell’aggressione del bene giuridico protetto”, non interessandosi la normati “della condotta tipica, bensì…alle forme di estrinsecazione del comportamento, fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto legge e conseguentemente il bisogno di pena” assumendo rilievo, in tale ambito, anche “l’intensità del dolo e il grado della colpa”.
Va, infine, precisato che il giudizio di particolare tenuità dell’offesa richie esito positivo della valutazione di tutte le componenti richieste per l’integra della fattispecie, sicché i criteri indicati nel primo comma dell’articolo 131-bis pen. sono in realtà cumulativi per pervenire ad un giudizio di particolare tenu dell’offesa ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità ed in alternativi quanto al diniego, nel senso che l’applicazione della causa di punibilità in questione è preclusa dalla valutazione negativa anche di uno solo essi ( Sez. II, n. 8979 del 14/2/2024, COGNOME; Sez. V, n. 50171 del 30/9/ 201 Sclip; C., Sez. II, n. 48555, del 10/9/2018,COGNOME).
L’esegesi della norma invocata rende evidente la manifesta infondatezza delle censure difensive.
La sentenza impugnata ha escluso l’indice criterio della particolare tenui dell’offesa valorizzando le modalità di deposito dei rifiuti, che avevano comporta il rischio di inquinamento del terreno, e l’abitualità delle condotte criminose. argomento va a integrare quello del Tribunale che aveva anche valorizzato la quantità dei rifiuti che erano stati oggetto delle condotte illecite.
Si è in presenza di un’argomentazione stringente, priva di cedimenti logici manifeste incongruenze che si sottrae alle censure difensive in quanto delinea un offesa non tenue che il successivo comportamento di COGNOME, peraltro imposto dalla disciplina vigente, non è idoneo a ricondurre nell’ambito di applicazione de norma invocata (Sez. 3, n. 19637 del 1/2/2024, Aronne; Sez. 2, del 16/11/2023, n. 51264. COGNOME NOME; Sez. 3, n. 18029 del 4/4/2023, Hu, Rv. ?84497 – 01).
6. Manifestamente infondata risulta la doglianza che lamenta la mancata risposta della Corte territoriale al motivo che invocava la sussunzione de condotta contestata al capo b) nella previsione del comma 1 dell’art. 256 d.l 152/06 d.lgs. 152/2006.
La richiesta difensiva confligge con la ricostruzione cui sono pervenuti i giudi di merito che hanno ritenuto che il fuoco fosse stato appiccato a rifiuti abbandon o depositati in maniera incontrollata.
Va, quindi, ribadito che l’incenerimento a terra, costituendo una forma d gestione dei rifiuti, in caso di mancanza della necessaria autorizzazione, inte fuori dalle deroghe previste in certi casi per il materiale vegetal contravvenzione di smaltimento non autorizzato ex art. 256 comma 1 d.lgs. citato se non commessa su rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato ( Sez 3, n. 38021 del 30/5/2019, Viasu; Sez. 3, n. 16346 del 11/1/2021, Baldi)
Di nessuna censura è, pertanto, passibile la sentenza impugnata in relazion alla richiesta difensiva: la non configurabilità del deposito temporaneo implicitamente risposta all’argomento difensivo tenuto conto che la qualificazion invocata non è riferibile alla combustione di rifiuti abbandonati o depositat maniera incontrollata.
Invero, come ripetutamente affermato da questa Corte, nella motivazione della sentenza il giudice di merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondi di tutte le deduzioni delle parti, essendo invece sufficiente che, anche attrav una valutazione globale di quelle deduzioni e delle risultanze istruttorie, spie in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, nel qual caso devon considerarsi implicitamente disattese le allegazioni difensive che, anche se n espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 4, n. 1149 del 24/10/2005 – dep. 13/01/2006, COGNOME, Rv 233187; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018 – dep. 12/02/2019, COGNOME, Rv. 275500).
7. Le considerazioni appena svolte si attagliano anche agli ulteriori argomenti difensivi, proposti riproducendo nel ricorso una parte dello motivazione del sentenza n. 38021/19, che denunciano l’inapplicabilità dell’art. 256 bis ai rifi imballaggio o alle attività di raggruppamento e abbruciannento di cui all’art. comma 6 bis relative ai piccoli cumuli di materiali vegetali di cui all’art. 185 co 1 lett. f). Non è, infatti, dato comprendere come tali argomenti possano riferirs materiale eterogeno rinvenuti dagli agenti accertatori.
8. Generico risulta il motivo che prospetta l’illegittima valorizzazione in chia accusatoria del silenzio dell’imputata, non spiegando le doglianze difensi
l’incidenza che l’elemento probatorio assume nella motivazione contestata.
Mutuando quanto da questa Corte sostenuto in ordine ai motivi prospettanti l’inutilizzabilità o la nullità dell’elemento probatorio (Sez. 2, n. 79
18/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269218; Sez. 6, n. 18764 del
05/02/2014, COGNOME, Rv. 259452; Sez. 3, n. 3207 del 2/10/2014, dep. 2015, Rv.
262011), va osservato che era onere del ricorrente illustrare, a pena inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del prede
elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, essendo in ogni c necessario valutare se le residue risultanze, nonostante l’espunzione di que
inutilizzabile, risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimen elementi di prova illegittimamente valorizzati diventano infatti irrilevant
ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risu sufficienti a giustificare l’identico convincimento. Onere che non risu
adempiuto.
Manifestamente infondato, infine, risulta l’ultimo dei motivi di ricors avendo la Corte ritenuto che l’omesso pagamento della somma determinata a titolo di oblazione amministrativa impedisse la formulazione di una prognosi positiva in ordine al rispetto del programma relativo al lavoro di pubblica utilit ricorso sostiene che tale argomento sarebbe manifestamente illogico in quanto “l’eventuale mancato espletamento del lavoro di pubblica utilità andrebbe esclusivo svantaggio della odierna ricorrente”. Sennonché l’argomento si attagli perfettamente anche al mancato versamento della sanzione amministrativa in quanto l’inadempimento ha determinato l’instaurazione per la contravvenzione del procedimento penale e la condanna penale. Il motivo, quindi, non intacca la logicità del ragionamento dalle Corte territoriale che dal mancato versamento dell sanzione amministrativa ha tratto elementi per ritenere di non poter configurare requisito di cui all’art. 58 comma 1 ultimo periodo I. 689/81.
Segue all’esito del ricorso, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’o delle spese del procedimento
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spes processuali.
Così deciso il 14/5/2025