Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8252 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 31/01/2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8252 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
– Presidente –
ORDINANZA
Sui ricorsi proposti da:
NOME nata a Firenze il 11/03/1968,
COGNOME NOME nata a Incisa (In val D’Arno) il 08/10/1942,
avverso la sentenza del 15/03/2024 della Corte d’appello di Firenze visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 15/03/2024 la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Firenze del 17/05/2023, dichiarava estinto per remissione di querela il reato sub a) per il reato di cui all’articolo 659 cod. pen. e confermava la condanna di COGNOME NOME e COGNOME NOME in ordine alle contravvenzioni di cui ai capi c) e d) (artt. 279 e 256 d. lgs. 152/2006).
Avverso tale sentenza le imputate hanno presentato ricorso congiunto per cassazione, lamentando con un primo motivo la mancata applicazione della procedura estintiva di cui all’articolo 318bis d. lgs. 152/2006.
Con un secondo motivo lamenta violazione dell’articolo 183 e 192 d. lgs. 152/2006, in riferimento ai c.d. ‘ big bag ‘ contenenti i rifiuti e agli accumulatori esausti rinvenuti all’atto del controllo
In data 10 gennaio 2025 l’avv. NOME COGNOME per i ricorrenti, depositava memoria in cui insisteva per l’accoglimento del ricorso.
Il ricorso Ł inammissibile.
NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME
R.G.N. 35233/2024
5. La prima doglianza Ł inammissibile.
La Corte (Sez. 3, n. 49718 del 25/09/2019, Fulle, Rv. 277468 – 01), sul punto, ha stabilito che la procedura di cui agli articoli 318bis e ss. d. Igs. 152/2006 non Ł obbligatoria, e che «l’omessa indicazione all’indagato, da parte dell’organo di vigilanza o della polizia giudiziaria, ai sensi degli artt. 318bis e ss. del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, delle prescrizioni la cui ottemperanza Ł necessaria per l’estinzione delle contravvenzioni, non Ł causa di improcedibilità dell’azione penale».
L’obbligatorietà della speciale procedura in esame non può, del resto, «essere dedotta neppure dall’uso dell’indicativo utilizzato dal legislatore nella disposizione di cui all’art. 318ter d.lgs. 152/06 («impartisce al contravventore un’apposita prescrizione asseverata tecnicamente»), poichØ si tratta di una mera scelta di stile espositivo, atteso che, nei casi concreti, si possono verificare situazioni analoghe a quelle già esaminate nella disciplina della prevenzione degli infortuni sul lavoro, come nel caso in cui l’organo di vigilanza decida di non impartire alcuna prescrizione, perchØ non vi Ł alcunchØ da regolarizzare o perchØ la regolarizzazione Ł già avvenuta ed Ł congrua» (Sez. 3, n. 24633 del 27/01/2021, COGNOME, Rv. 281730 – 01).
Ancora, Sez. 3, n. 24483 del 04/12/2020, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 281575 – 01 ha precisato che «la formale assenza della procedura estintiva non può condizionare l’esercizio dell’azione penale nei casi in cui, legittimamente, l’organo di vigilanza ritenga di non impartire alcuna prescrizione di regolarizzazione, tenuto conto che l’imputato può comunque richiedere di essere ammesso all’oblazione, sia in sede amministrativa, sia successivamente in sede giudiziaria e nella stessa misura agevolata. Tale principio Ł stato espressamente applicato da Sez. 3, n. 49718 del 25/09/2019, Rv. 259140, anche alla procedura estintiva disciplinata dagli artt. 318-bis e segg. d.lgs. n. 152 del 2006, ancorchØ – si badi – l’oblazione assolta in sede giudiziaria ai sensi dell’art. 318-septies, comma 3, comporti il pagamento di una somma maggiore di quella dovuta in caso di corretto e tempestivo adempimento della prescrizione impartita ai sensi dell’art. 318-ter».
Pertanto, in caso di eventuale omessa attivazione della procedura di estinzione agevolata, l’imputato avrebbe potuto attivare il meccanismo di cui all’articolo 162bis cod. pen. per definire il procedimento (Sez. 3, n. 24633 del 27/01/2021, cit.: «la facoltà di cui all’art. 162bis cod. pen. di richiedere l’oblazione speciale non Ł alternativa a quella prevista dagli artt. 318-bis e SS. del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, potendo essere esercitata non solo quando non ricorrano le condizioni per l’esperimento della procedura estintiva di settore, ma anche quando il contravventore abbia ritenuto di non avvalersene»; Sez. 3, n. 7678 del 13/1/2017, COGNOME, Rv. 269140), ma non può invocare la speciale causa estintiva in parola.
La sentenza, inoltre, a pagina 2 spiega anche le ragioni per cui non sarebbe stato possibile attivare la procedura estintiva.
La doglianza, che non si confronta nØ con la motivazione del provvedimento impugnato, nØ con la giurisprudenza di questa Corte, Ł pertanto generica e inammissibile.
6. Il secondo motivo Ł manifestamente infondato.
Questa Corte, anche di recente (Sez. 3, n. 20841 del 09/05/2024, COGNOME, n.m.), ha avuto modo di precisare che il «deposito temporaneo prima della raccolta» (art. 183, lett. bb, d.lgs. 152/2006), Ł «il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero e/o smaltimento, effettuato, prima della raccolta ai sensi dell’articolo 185bis ».
Esso Ł estraneo al perimetro della «gestione» dei rifiuti che, ai sensi della lettera n), concerne «la raccolta, il trasporto, il recupero, compresa la cernita, e lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonchØ le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediari) e prodromico allo svolgimento
delle relative attività».
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha precisato (cause riunite C-175/98 e C-177/98, del 5 ottobre 1999, proc. pen. a carico di NOME COGNOME e NOME COGNOME, par. 48 ss.) che, in quanto deroga a norme che mirano a conseguire obiettivi di una fondamentale rilevanza, quali la protezione dell’ambiente e della salute, la nozione di «deposito temporaneo» deve interpretarsi in modo restrittivo e deve rispettare l’art. 4, primo comma, della direttiva 75/442, la quale prevede che gli Stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare che i rifiuti siano ricuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente.
In tal senso, Ł stato introdotto l’articolo 185bis del Testo Unico, il quale stabilisce che esso deve essere effettuato nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti (da intendersi quale l’intera area in cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci);
b) esclusivamente per i rifiuti soggetti a responsabilità estesa del produttore, anche di tipo volontario, il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato dai distributori presso i locali del proprio punto vendita;
c) per i rifiuti da costruzione e demolizione, nonchØ per le filiere di rifiuti per le quali vi sia una specifica disposizione di legge, il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato presso le aree di pertinenza dei punti di vendita dei relativi prodotti.
Esso Ł, inoltre, effettuato alle seguenti condizioni:
a) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, sono depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;
b) i rifiuti sono raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorchØ il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;
i rifiuti sono raggruppati per categorie omogenee, nel rispetto delle relative norme tecniche, nonchØ, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
d) nel rispetto delle norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose.
Ove effettuato alle condizioni di cui sopra, il deposito temporaneo non necessita di autorizzazione da parte dell’autorità competente.
La giurisprudenza ha chiarito (da ultimo: Sez. 3, n. 20841 del 09/05/2024, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 16183 del 28/02/2013, COGNOME, n.m.) che solo l’osservanza di « tutte » le condizioni previste dalla legge per il deposito temporaneo e quindi anche lo smaltimento con cadenza almeno annuale – solleva il produttore dagli obblighi previsti dal regime autorizzatorio delle attività di gestione, tranne quelli di tenuta dei registri di carico e scarico e per il divieto di miscelazione previsto dall’art. 187, mentre, in difetto di tali condizioni la sussistenza delle quali deve essere dimostrata dall’interessato, trattandosi di norma di favore (Sez. 3 n. 15680, 23 aprile 2010; Sez. 3 n. 30647, 15 giugno 2004; Sez. 3 n. 21587, 17 marzo 2004) – l’attività posta in essere deve qualificarsi come gestione non autorizzata, penalmente sanzionabile, o abbandono.
Contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, non era pertanto onere del giudicante motivare sulla insussistenza delle condizioni legittimanti l’utilizzo della normativa sul deposito temporaneo, bensì dell’imputato dimostrarne la sussistenza, posto che su egli gravava l’onere di dimostrare l’avvenuta ottemperanza a tutti i presupposti affinchØ ricorra il deposito temporaneo.
Ed infatti, la giurisprudenza consolidata di questa Corte ha precisato che in tutti i casi di norme aventi natura eccezionale e derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria in tema di rifiuti, «l’onere della prova circa la sussistenza delle condizioni di legge deve essere assolto da colui che ne richiede l’applicazione (Sez. 3, n. 38950 del 26/06/2017, Roncada, n.m.; Sez. 3, n. 56066 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 272428 – 01; Sez. 3, n. 16078 del 10/03/2015, COGNOME, Rv. 263336 – 01; Sez. 3, n. 3202 del 02/10/2014, COGNOME Rv. 262129 – 01; Sez. 3, n. 17453 del 17/04/2012, BusŁ, Rv. 252385 – 01; Sez. 3, n. 16727 del 13/04/2011, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 41836 del 30/09/2008, COGNOME, Rv. 241504 – 01).
Tale giurisprudenza Ł una applicazione dell’indirizzo consolidato secondo cui il principio di inversione dell’onere della prova «specificamente riferito al deposito tem›poraneo, Ł peraltro applicabile in tutti i casi in cui venga invocata, in tema di rifiuti, l’applicazione di disposizioni di favore che derogano ai principi generali» (v. Sez. 3, n. 20410 del 08/02/2018, Boccaccio, Rv. 273221 – 01). In tal senso, già Sez. 3, sentenza n. 47262 dell’8/09/2016, COGNOME, n.m., aveva precisato che il principio dell’inversione dell’onere della prova corri›sponde ad un «principio generale già applicato in giurisprudenza: in tema di attività di raggruppamento ed incenerimento di residui vegetali previste dall’art. 182, comma 6bis , primo e secondo periodo, d. lgs. 152/2006 (cfr. Sez. 3, n. 5504 del 12/01/2016, COGNOME), di deposito temporaneo di rifiuti (Sez. 3, n. 29084 del 14/05/2015, COGNOME), di terre e rocce da scavo (Sez. 3, n. 16078 del 10/03/2015, COGNOME), di interramento in sito della posidonia e delle meduse spiaggiate presenti sulla battigia per via di mareggiate o di altre cause naturali (Sez. 3, n. 3943 del 17/12/2014, COGNOME), di qualificazione come sottoprodotto di sostanze e materiali (Sez. 3, n. 3202 del 02/10/2014, COGNOME; Sez. 3, n. 41836 del 30/09/2008, COGNOME), di deroga al regime autorizzatorio ordinario per gli impianti di smaltimento e di recupero, prevista dall’art. 258, comma 15, del d. lgs. 152 del 2006 relativamente agli impianti mobili che eseguono la sola riduzione volumetrica e la separazione delle frazioni estranee (Sez. 3, n. 6107 del 17/01/2014, COGNOME), di riutilizzo di materiali provenienti da demolizioni stradali (Sez. 3, n. 35138 del 18/06/2009, COGNOME)».
Il principio Ł stato successivamente ribadito anche da Sez. 3, n. 3598 del 23/10/2018, dep. 2019, Fortuna, n.m., e (in tema di End of Waste ) Sez. 3, n. 27148 del 17/05/2023, COGNOME, Rv. 284735 01.
La sentenza a pagina 3 precisa che, stante l’assenza dei registri di carico e scarico, non era possibile ricostruire la destinazione finale dei rifiuti, anche pericolosi, che erano miscelati nei big bag e privi di etichettatura.
Il ricorrente non ha neppure tentato di dimostrare la sussistenza dei presupposti per la presenza di un deposito temporaneo, ragione che rende la doglianza manifestamente infondata.
7. Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 31/01/2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME