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Deposito telematico impugnazione: errore e sanzione

La Corte di Cassazione ha confermato l’inammissibilità di un ricorso a causa di un errore nel rispetto delle modalità di deposito telematico impugnazione, introdotte dalla Riforma Cartabia. La sentenza sottolinea che il giudice presso cui l’atto è depositato è competente a dichiararne l’inammissibilità per vizi di forma, senza doverlo trasmettere alla Corte Suprema.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Deposito Telematico Impugnazione: Le Regole da Seguire per Evitare l’Inammissibilità

Con la recente sentenza n. 7725/2025, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulle nuove regole procedurali introdotte dalla Riforma Cartabia, con particolare riferimento al deposito telematico impugnazione. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: il rispetto rigoroso delle forme è essenziale, e un errore può comportare la drastica sanzione dell’inammissibilità, precludendo l’esame del merito del ricorso.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da un’ordinanza della Corte di appello di Napoli che, in funzione di Giudice dell’esecuzione, aveva dichiarato inammissibile un ricorso per cassazione presentato dalla difesa di un condannato. La ragione della declaratoria era puramente formale: il ricorso, pur depositato telematicamente, era sprovvisto della necessaria firma digitale del difensore. Questo vizio, secondo la Corte territoriale, violava le nuove disposizioni che rendono obbligatorio il deposito telematico secondo precise modalità.
La difesa del condannato ha quindi proposto un ulteriore ricorso alla Corte di Cassazione, non per contestare il vizio di forma, ma per sostenere che la Corte di appello non fosse competente a dichiarare l’inammissibilità. Secondo il ricorrente, il compito del giudice a quo (cioè quello che ha emesso il provvedimento impugnato) sarebbe solo quello di trasmettere gli atti alla Corte Suprema, la quale sarebbe l’unica a poter decidere sull’ammissibilità del gravame.

La Competenza sul Deposito Telematico Impugnazione

La questione giuridica centrale riguarda la competenza del giudice che riceve l’atto di impugnazione a valutarne l’ammissibilità formale. La Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022) ha rivoluzionato il sistema delle impugnazioni, rendendo il deposito telematico impugnazione la regola generale, come previsto dagli articoli 111-bis e 582 del codice di procedura penale.
Il regime transitorio, disciplinato dall’art. 87-bis dello stesso decreto, aveva già stabilito che le impugnazioni trasmesse via posta elettronica certificata senza firma digitale fossero inammissibili. Con l’entrata a regime della riforma, dal 30 dicembre 2022, questa regola è diventata ordinaria e si applica al deposito telematico tramite il portale ministeriale. Il difensore del ricorrente, tuttavia, sosteneva che tale valutazione spettasse esclusivamente al giudice ad quem (la Cassazione), e non al giudice a quo (la Corte d’Appello).

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, definendolo infondato. I giudici hanno chiarito che, alla luce delle nuove norme, il giudice presso cui l’atto di impugnazione viene depositato ha il potere e il dovere di effettuare una prima delibazione sull’ammissibilità. Questo include la verifica del rispetto delle modalità di forma previste per la presentazione dell’atto, come il corretto deposito telematico impugnazione con firma digitale.
La Corte ha affermato che è errato sostenere che il giudice a quo non sia competente. Anzi, è proprio la sua competenza funzionale a vagliare che l’atto presentato rispetti i requisiti di legge. Citando un precedente conforme (Cass. n. 44669/2023), la sentenza sottolinea che la Corte di appello, quale giudice presso cui l’impugnazione è stata presentata, agisce correttamente quando dichiara l’inammissibilità di un ricorso che non rispetta in toto le modalità formali previste dalla legge. La mancata osservanza delle regole sul deposito telematico, quindi, non è un mero vizio da sanare, ma una causa di inammissibilità che può e deve essere rilevata immediatamente dal giudice che riceve l’atto.

Conclusioni

La sentenza in esame lancia un messaggio inequivocabile agli operatori del diritto: l’era del processo penale telematico è definitiva e richiede massima attenzione alle nuove procedure. Il deposito telematico impugnazione non è una mera opzione, ma un obbligo da adempiere con precisione. Qualsiasi deviazione dalle forme prescritte, come l’assenza di firma digitale, espone l’impugnazione al rischio concreto di essere dichiarata inammissibile dal primo giudice che la riceve, senza che la questione arrivi mai all’esame della Corte di Cassazione. Per i difensori, ciò significa che la cura degli aspetti formali e tecnologici del deposito è diventata tanto importante quanto l’elaborazione delle motivazioni giuridiche del ricorso.

Cosa succede se un’impugnazione penale viene depositata telematicamente senza firma digitale?
Secondo la sentenza, l’impugnazione è inammissibile. La Riforma Cartabia ha reso obbligatorie specifiche modalità per il deposito telematico, e la mancanza della firma digitale costituisce un vizio di forma che ne determina l’inammissibilità.

Il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato può dichiarare inammissibile un ricorso per cassazione per un vizio di forma?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che rientra nella competenza funzionale del giudice presso cui l’atto è depositato (in questo caso, la Corte di appello) effettuare una delibazione sull’ammissibilità, inclusa la verifica del rispetto delle forme di presentazione previste dalla legge.

Qual è la regola generale per presentare un’impugnazione nel processo penale dopo la Riforma Cartabia?
La regola generale è il deposito telematico, da effettuarsi secondo le modalità previste dall’art. 111-bis del codice di procedura penale, presso la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. Le parti private possono ancora depositare l’atto personalmente in forma cartacea, ma sono state eliminate altre modalità come la spedizione a mezzo posta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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