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Deposito telematico errato: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28163/2025, ha dichiarato inammissibile un ricorso per riesame a causa di un deposito telematico errato. L’atto era stato inviato a un indirizzo PEC dell’ufficio giudiziario corretto ma non a quello specificamente designato per il deposito degli atti penali. La Corte ha stabilito che l’errore è scusabile solo se l’indirizzo utilizzato, seppur errato, rientra nell’elenco ufficiale ministeriale. In questo caso, l’indirizzo non era presente in tale elenco, rendendo l’errore fatale e non sanabile, nonostante l’atto fosse pervenuto al tribunale competente.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Deposito Telematico Errato: La Cassazione non Perdona l’Errore sull’Indirizzo PEC

L’avvento del processo telematico ha introdotto nuove regole e formalità che, se non rispettate, possono avere conseguenze drastriche. Un caso emblematico è quello del deposito telematico errato, al centro della recente sentenza della Corte di Cassazione n. 28163/2025. La pronuncia ribadisce un principio fondamentale: nel deposito degli atti giudiziari, l’uso dell’indirizzo PEC corretto non è un mero formalismo, ma un requisito di ammissibilità inderogabile, anche se l’atto perviene comunque all’ufficio giudiziario di destinazione.

I Fatti del Caso: Un Ricorso Inviato all’Indirizzo Sbagliato

La vicenda trae origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Napoli. Il difensore dell’indagato presentava un’istanza di riesame per contestare la misura. L’atto veniva trasmesso telematicamente a mezzo Posta Elettronica Certificata (PEC) all’indirizzo riesame.tribunale.napoli@giustiziacert.it, individuato sul sito web del Tribunale.

Tuttavia, questo indirizzo non era quello ufficialmente designato per il deposito degli atti penali, che invece era depositoattipenali5.tribunale.napoli@giustiziacert.it. Di conseguenza, il Tribunale del riesame dichiarava l’istanza inammissibile per violazione delle norme sul deposito telematico.

Le Doglianze del Ricorrente e l’Analisi sul deposito telematico errato

Il difensore proponeva ricorso in Cassazione, lamentando un’eccessiva interpretazione formalistica della legge e una violazione del diritto di difesa. Sosteneva tre punti principali:

1. Difficoltà operative: Il sito del Tribunale non era di facile consultazione e l’indirizzo utilizzato era comunque presente.
2. Principio del favor impugnationis: L’errore non doveva portare all’inammissibilità, dato che l’atto era comunque giunto a conoscenza del giudice competente.
3. Mancanza di una sanzione specifica: Secondo la difesa, la legge sanzionava solo l’invio a un indirizzo non riferibile all’ufficio che aveva emesso il provvedimento, circostanza non verificatasi nel caso di specie.

La Decisione della Corte di Cassazione: Rigore Formale contro Errore Procedurale

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, fornendo un’interpretazione chiara e rigorosa delle norme che regolano il deposito degli atti penali.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

I giudici di legittimità hanno innanzitutto distinto la situazione in esame da precedenti pronunce in cui un errore sull’indirizzo PEC era stato considerato scusabile. La giurisprudenza prevalente, infatti, ammette una certa flessibilità solo a una condizione precisa: che l’indirizzo erroneamente utilizzato sia comunque ricompreso nell’elenco ufficiale allegato al provvedimento generale del Ministero della Giustizia che individua gli indirizzi PEC destinati ai depositi telematici.

La Corte ha verificato che l’indirizzo riesame.tribunale.napoli@giustiziacert.it era del tutto estraneo a tale elenco. Gli indirizzi ministeriali ufficiali per il deposito penale, infatti, presentano tutti la caratteristica comune di iniziare con l’espressione "depositoattipenali". Questa dicitura, secondo la Corte, ha la funzione specifica di rendere evidente e inequivocabile la destinazione dell’indirizzo, evitando confusioni.

Pertanto, l’invio a una casella PEC diversa, anche se appartenente allo stesso ufficio giudiziario, costituisce un deposito telematico errato insanabile. La Corte ha sottolineato che il principio del favor impugnationis non può prevalere su una norma processuale chiara, la cui ratio legis è quella di semplificare e accelerare le comunicazioni, garantendo al contempo certezza e ordine nei flussi di cancelleria. Accogliere la tesi del ricorrente, secondo la Corte, significherebbe cancellare ogni requisito di forma, consentendo il deposito presso qualsiasi indirizzo dell’ufficio giudiziario, con conseguente caos organizzativo.

Le Conclusioni

La sentenza n. 28163/2025 è un monito per tutti gli operatori del diritto: nel processo penale telematico, la forma è sostanza. L’identificazione e l’utilizzo dell’indirizzo PEC corretto, come indicato nei provvedimenti ministeriali, è un adempimento cruciale da cui dipende l’ammissibilità stessa dell’atto. Il semplice fatto che l’atto giunga a destinazione non è sufficiente a sanare un errore procedurale che la legge sanziona espressamente con l’inammissibilità. La precisione e la diligenza nel compimento degli adempimenti telematici sono, oggi più che mai, parte integrante della tutela del diritto di difesa.

È sempre inammissibile un atto inviato a un indirizzo PEC diverso da quello designato?
No, non sempre. Secondo la Corte, l’errore può essere tollerato solo se l’indirizzo PEC erroneamente utilizzato sia comunque compreso nell’elenco ufficiale allegato al provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi del Ministero della Giustizia.

Se l’atto arriva comunque a conoscenza del giudice competente, l’errore sull’indirizzo PEC può essere sanato?
No. La sentenza chiarisce che il raggiungimento dello scopo, ovvero la ricezione dell’atto da parte dell’ufficio, non è sufficiente a sanare il vizio procedurale. La norma che impone l’uso di un indirizzo specifico è inderogabile e la sua violazione comporta l’inammissibilità.

Il principio del favor impugnationis può giustificare un deposito telematico errato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il principio del favor impugnationis non può essere invocato per superare una causa di inammissibilità prevista in modo esplicito e chiaro dalla legge. Tale principio non può condurre a disapplicare le norme procedurali volte a garantire la certezza e l’efficienza del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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