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Deposito telematico appello: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha chiarito le regole sul deposito telematico appello in ambito penale. Un appello, dichiarato inammissibile dalla Corte d’Appello perché depositato tramite PEC in un procedimento con rito abbreviato, è stato ritenuto valido. La Suprema Corte ha stabilito che, per i riti speciali e fino al 31 marzo 2025, le “modalità non telematiche” ammesse includono anche la Posta Elettronica Certificata, non limitandosi al solo deposito cartaceo. Di conseguenza, l’ordinanza di inammissibilità è stata annullata.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Deposito Telematico Appello: La Cassazione Ammette la PEC nei Riti Speciali

Con la sentenza n. 29495/2025, la Corte di Cassazione interviene per fare chiarezza su un punto cruciale della disciplina transitoria della Riforma Cartabia: le modalità di deposito telematico appello nei procedimenti penali speciali. La decisione sottolinea che, fino al 31 marzo 2025, l’invio tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) resta una modalità valida per impugnare le sentenze emesse con rito abbreviato, annullando una precedente decisione di inammissibilità di una Corte d’Appello.

Il Caso: Un Appello Dichiarato Inammissibile

La vicenda ha origine dalla condanna di un imputato da parte del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Forlì per i reati di cui agli artt. 387-bis e 612-bis del codice penale, all’esito di un giudizio abbreviato. L’imputato proponeva appello avverso la sentenza di condanna. Tuttavia, la Corte di appello di Bologna, con un’ordinanza del 5 marzo 2025, dichiarava l’impugnazione inammissibile.

La ragione della decisione risiedeva nella modalità di presentazione dell’atto: era stato depositato tramite un messaggio di Posta Elettronica Certificata (PEC). Secondo la Corte territoriale, a decorrere dal 1° gennaio 2025, questa modalità non era più consentita, poiché la normativa imponeva il deposito secondo le modalità telematiche previste dall’art. 111-bis cod. proc. pen.

L’Interpretazione Restrittiva della Corte d’Appello

La Corte d’Appello aveva interpretato in modo molto restrittivo la deroga prevista dalla disciplina transitoria. Sebbene la legge consentisse, per i procedimenti speciali come il rito abbreviato, il deposito con “modalità non telematiche” fino al 31 marzo 2025, i giudici di secondo grado avevano ritenuto che tale espressione si riferisse esclusivamente al deposito materiale dell’atto cartaceo in cancelleria, escludendo quindi la PEC. Questa interpretazione ha di fatto precluso all’imputato l’accesso al secondo grado di giudizio, portando la difesa a ricorrere per cassazione.

Le Motivazioni della Cassazione sul Deposito Telematico Appello

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo fondato l’unico motivo presentato dalla difesa. I giudici supremi hanno fornito un’interpretazione sistematica e logica delle norme transitorie introdotte dalla Riforma Cartabia.

La regola generale, a partire dal 1° gennaio 2025, è che il deposito degli atti avvenga esclusivamente con le modalità telematiche indicate dall’art. 111-bis cod. proc. pen. Tuttavia, la stessa normativa ha previsto delle eccezioni. Per alcuni procedimenti speciali (giudizio abbreviato, direttissimo e immediato), è consentito il deposito con “modalità non telematiche” fino al 31 marzo 2025.

Secondo la Cassazione, l’interpretazione della Corte d’Appello era errata. L’espressione “modalità non telematiche” non può essere letta in modo così restrittivo. Al contrario, essa va intesa come un’eccezione alla regola principale del deposito telematico ex art. 111-bis. Ciò significa che sono ammesse tutte le altre modalità precedentemente consentite, inclusa la PEC, che era stata ampiamente utilizzata nel periodo emergenziale e la cui validità è stata ribadita dalla stessa Riforma Cartabia all’art. 87-bis d.lgs. 150/2022.

A rafforzare questa conclusione, la Suprema Corte ha evidenziato una disposizione decisiva: il comma 9 dell’art. 3 del decreto ministeriale attuativo. Questa norma prevede espressamente che «rimane consentito ai difensori il deposito mediante posta elettronica certificata […] per tutti i casi in cui il deposito può avere luogo anche con modalità non telematiche». La previsione è chiara e non lascia spazio a dubbi: se un atto può essere depositato in modalità non telematica, allora il difensore può utilizzare la PEC.

Le Conclusioni: Principio di Diritto e Implicazioni Pratiche

La Corte di Cassazione ha quindi annullato senza rinvio il provvedimento impugnato e ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Bologna per la prosecuzione del giudizio. Il principio di diritto che emerge è fondamentale per la corretta gestione del periodo di transizione al processo penale telematico.

La sentenza stabilisce che, per i procedimenti celebrati con rito abbreviato, direttissimo o immediato, il termine del 31 marzo 2025 consente ai difensori di scegliere tra il deposito cartaceo e l’invio tramite PEC. L’interpretazione restrittiva è stata bocciata perché priva di giustificazione logica e in contrasto con una chiara disposizione normativa. Questa decisione garantisce il diritto di difesa e previene declaratorie di inammissibilità basate su un’interpretazione eccessivamente formalistica delle nuove regole procedurali.

Fino a quando è consentito depositare un appello penale con modalità non telematiche nei procedimenti speciali come il rito abbreviato?
È consentito sino al 31 marzo 2025.

L’invio tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) è considerato una ‘modalità non telematica’ valida per depositare un appello durante il periodo transitorio?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’espressione ‘modalità non telematiche’ include anche l’invio tramite PEC, oltre al deposito cartaceo in cancelleria, in quanto si contrappone alle specifiche modalità previste dall’art. 111-bis del codice di procedura penale.

La normativa transitoria della Riforma Cartabia prevede una regola specifica per il deposito degli atti da parte dei difensori?
Sì, il comma 9 dell’art. 3 del decreto ministeriale attuativo prevede espressamente che ‘rimane consentito ai difensori il deposito mediante posta elettronica certificata’ per tutti i casi in cui il deposito può avvenire con modalità non telematiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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